La medicina olistica: incontro con l’opera di Silvia Calzolari e Mauro Stegagno
«La medicina olistica consente un’interpretazione dell’uomo a 360 gradi, considerandolo come un organismo complesso fatto di elementi strutturali, mentali e psichici, tutti ugualmente importanti nel determinismo dello stato di salute e tutti ugualmente determinanti nei processi che conducono all’instaurarsi della malattia» (Silvia Calzolari e Mauro Stegagno).
Chi crede che la medicina olistica sia nettamente distinguibile da quella ufficiale sbaglia. In realtà, è solo più completa. Infatti, questa branca della medicina è connotata dall’interesse verso tutto ciò che riguarda il paziente, il quale viene considerato nella sua globalità in quanto essere fisico, mentale e spirituale, inserito nell’ambiente che lo circonda.
E, per conoscere meglio tale disciplina, individuandone metodologie e finalità, siamo andati ad informarci direttamente da due medici che l’hanno abbracciata già da anni e la praticano nel loro poliambulatorio di San Lazzaro di Savena: la dottoressa Silvia Calzolari (medico specialista in pediatria), autrice de L’espansione della coscienza. Conoscere e gestire le nostre energie (tecniche nuove, pp. 168, € 12,91), e il dottor Mauro Stegagno (medico specialista in medicina interna e cardiologia), che ha scritto Medicina kinesiologica. L’approccio clinico alla luce della Bioenergetica (tecniche nuove, pp. 160, € 18,00) e Omeopatia bioenergetica. L’omeopatia rivista secondo le leggi dell’agopuntura (tecniche nuove, pp. 184, € 19,11).
In che modo la medicina non convenzionale differisce da quella ufficiale?
«Non si può propriamente affermare che le due siano contrastanti. Sarebbe più corretto parlare di elementi integrativi, piuttosto che di differenze. Ad esempio, proprio come nella medicina ufficiale, anche in quella non convenzionale si attribuisce importanza all’uso del farmaco, solo che qui non ci si limita alla prescrizione di un medicinale, utile a sopprimere il sintomo, ma insufficiente ad estirpare completamente il problema. Quello che a noi davvero interessa è conoscere il paziente, capire perché si siano manifestati i suoi disturbi. Avviamo con lui un percorso a volte lungo e complesso, ma indispensabile per eliminare totalmente le sue patologie. E’ un iter importante, al termine del quale sia medico che paziente si scoprono cresciuti, migliorati. Per questo siamo assolutamente contrari all’uso di protocolli medici. Infatti non esiste un paziente standard e tanto meno esistono cure standard».
Quali sono le metodologie contemplate dalla medicina olistica?
«L’omeopatia, l’agopuntura, l’ayurvedica, la fitoterapia e la floriterapia di Bach. Propongono tutte metodi naturali, ai quali, ovviamente, come già ricordato, si può affiancare l’uso di farmaci laddove ce ne sia bisogno. Perciò, per aiutare la diffusione di conoscenze legate a queste metodologie (e, in particolare, alla floriterapia) è sorta Sirmef, ovvero la sezione italiana per le ricerche sulla medicina floreale (www.sirmef.com) [cui la Calzolari è presidente, ndr]. D’altronde, anche il nostro poliambulatorio è intitolato ad Edward Bach».
Qual è, invece, la tecnica più importante appresa dalla scuola americana?
«Senza dubbio l’Applied Kinesiology, ovvero la kinesiologia applicata, fondata da George Goodheart. Si tratta di una tecnica immediata e dolce, funzionale all’instaurazione di un dialogo con il corpo del paziente, fonte primaria di tutte le risposte ai quesiti diagnostici e terapeutici. La kinesiologia si avvale di un test muscolare che permette di individuare, in base alle variazioni energetiche del tono del muscolo, il punto debole di una persona e, dunque, l’origine delle sue patologie. L’importanza di questo metodo è data dalla sua trasversalità, in quanto esso può essere applicato in tutte le branche della medicina, fornendo le risposte necessarie senza sottoporre il fisico del malato ad ulteriore stress. Anche per favorire la sua diffusione, è nata Amika, l’associazione medica internazionale per la kinesiologia applicata (www.medamika.com) [di cui Stegagno è, appunto, presidente, ndr]».
Avete incontrato qualche ostacolo nel prodigare le vostre conoscenze sulla medicina naturale?
«Beh, probabilmente il nostro principale avversario è rintracciabile nelle multinazionali farmaceutiche, che, a causa di giochi di potere ed interessi commerciali, sono le più interessate ad insabbiare le conoscenze sui vantaggi dei metodi naturali, facendo leva sull’ignoranza delle persone. Tuttavia è stato stimato che circa il dieci per cento della popolazione faccia già uso di medicine omeopatiche ed il fatto che questo sia un dato in crescita dimostra come si stia sviluppando un maggiore interesse verso ciò di cui in passato si aveva diffidenza. Se le cose proseguiranno con questo ritmo, le case farmaceutiche, col tempo, saranno costrette a comprare anche i medicinali naturali, il che, per noi, segnerà una vittoria».
Qual è il target di pazienti – se di target si può parlare – che opta per il vostro approccio medico?
«In effetti i nostri pazienti non possono essere accomunati in un’unica categoria. Come già affermato, le persone culturalmente elevate, che hanno letto tanto e si sono documentate, si mostrano maggiormente disposte verso la medicina naturale. Molto importante è, infatti, il background che si cela dietro ogni paziente; una mente aperta ha minori difficoltà ad affidarsi a cure alternative. Ma c’è anche chi, seppur connotato da una mentalità chiusa e persino superstiziosa, arriva da noi tardivamente, perché esasperato da altri tentativi – a volte discutibili – di guarigione falliti. E’ soprattutto in questi casi che si può parlare, alla fine del percorso, di evoluzione del paziente».
E cos’è che il paziente impara in questo percorso?
«Prima di tutto impara a guardare la malattia con occhi diversi, e non esclusivamente come una disgrazia. Capisce che si tratta di una spia interna, che tradisce un disagio profondo. Come risolvere questo disagio lo apprende anche grazie al nostro aiuto, ma deve essere lui il primo ad affidarsi alle cure con pazienza e dedizione. Deve imparare ad incanalare le energie e coordinarle al meglio. Per questo le nostre terapie prevedono anche corsi di Qi Gong, attraverso cui si vuole tornare all’obiettivo originario delle arti marziali, quando esse servivano soprattutto per apprendere come gestire le energie. Al loro corretto bilanciamento corrisponde, infatti, un perfetto equilibrio della persona».
In che senso “equilibrio”?
«Un’immagine molto eloquente per definire il concetto di equilibrio è quella del “triangolo della salute”. Esso è formato da tre lati, che corrispondono alle tre dimensioni dell’uomo: quella psichica, quella biochimica e quella strutturale. Se queste sono perfettamente bilanciate, allora il triangolo assume la forma dell’equilatero, che coincide con un ottimo stato di salute. Alle tre dimensioni si associa una quarta, quella spirituale, che permette al triangolo di divenire una piramide essendo, finalmente, completo».
Ma cosa succede quando il triangolo si deforma?
«Questo accade quando non si curano allo stesso modo tutte le dimensioni dell’essere; da qui cominciano ad insorgere le prime malattie, che, se non vengono prese per tempo, possono degenerare in serie patologie. Quindi non bisogna mai trascurare i primi sintomi di un malessere, sebbene lieve. E’ proprio questo uno dei punti deboli della medicina ufficiale, che si accorge della malattia solo quando essa si manifesta in tutta la sua chiarezza».
Quindi ciò di cui necessitiamo è avere consapevolezza del proprio corpo, ascoltarlo quando ci parla?
«Esattamente. A questo proposito vi è il Bioreset [metodologia creata dalla Calzolari, ndr], una combinazione di esercizi corporei funzionali all’integrazione del respiro nell’attività fisica, cosa che permette di prendere notevolmente confidenza col proprio corpo. Anche in questa disciplina è evidente l’influenza delle culture orientali, basate tutte sulla gestione dell’energia».
Qual è il modo corretto di prendersi cura del proprio corpo?
«Certamente è indispensabile mantenere uno stile di vita basato sulla prevenzione, rispettando i propri ritmi fisiologici. Mangiare correttamente, fare esercizio fisico, ma, soprattutto, imparare a convivere con le proprie emozioni. Bisogna accettare tutto ciò che si sente, anche il dolore, sebbene in quest’epoca la tendenza generale sia quella di anestetizzarlo con antinfiammatori, cortisonici e psicofarmaci. In realtà le sofferenze sono davvero necessarie, perché ci costringono a dialogare con noi stessi, a chiederci a che punto siamo nella nostra vita».
Ma se tutti si prendessero cura di sé naturalmente, ricorrendo ai farmaci in maniera davvero ponderata, quali sarebbero gli effetti sul mercato?
«Ci sarebbe un notevolissimo risparmio sulla spesa pubblica, poiché il servizio sanitario dovrebbe pagare un numero molto inferiore di medicinali. Da qui si comprende come sia importante insistere – incidendo sull’opinione pubblica – sull’importanza di una giusta cura del proprio corpo. In Francia e Germania sono già stati fatti passi da gigante in questo senso, poiché in quei Paesi l’assistenza sociale garantisce già molte medicine naturali».
E in Italia le cose come vanno?
«In Italia non siamo ancora arrivati a questo punto, anche se noi, in passato, siamo stati protagonisti di un progetto promosso dall’Asl di San Lazzaro di Savena, che prevedeva l’erogazione gratuita per un anno di terapie naturali, iniziativa che ha riscontrato un enorme successo».
Quindi, se la previdenza sociale si interessasse di più alla medicina olistica, sarebbero numerosissimi i pazienti che ricorrerebbero a queste cure?
«Naturalmente. Purtroppo siamo ancora un po’ lontani dal raggiungimento di questo obiettivo, e da noi il paziente è ancora costretto a pagare di tasca propria per usufruire di tali terapie. Tuttavia, spendere per se stessi è educativo, perché responsabilizza il paziente e lo rende ancora più consapevole del valore di ciò che sta facendo per la propria persona. E capire questo, in un’epoca in cui si spende per il proprio fisico solo per fini estetici, e mai in termini di salute o di spiritualità, è davvero molto importante».
L’immagine: copertine dei libri citati nell’articolo e il dottor Mauro Stegagno.
Claudia Mancuso
(LucidaMente, anno I, n. 6, 15 giugno 2006)