Scrivo a proposito di linguistic blending (alias “contaminazione linguistica”) da vari anni, e cerco di realizzarlo in tante direzioni. Il più originale forse è quello che ho chiamato Cosmopolitan multilingualism: comporre una poesia senza necessariamente usare versi miei, ma operando una collatio di versi di altri poeti, nelle loro rispettive lingue originali, su un argomento comune.
Per esempio, in passato ho lavorato molto sui collegamenti tra Blake, Dante, Eliot e Virgilio: le affinità erano così grandi che alla fine, se leggevi solo la traduzione in inglese del mio blending, non riuscivi più a distinguere chi fosse l’uno o l’altro.
Esperimenti di comparazione poetica
Ho seguito questa different way per anni, poi ho deciso che l’esperimento poteva essere più originale se lo applicavo in modo “collettivo”. Non dovevo essere più solo io a scegliere i versi o gli autori, ma altri: studiosi, amici, conoscenti, persone che non conoscevo…
Era un modo per rendere più universale il senso archetipico della mia ricerca: se esiste borgesianamente un only Book ever written, tutti devono riuscire a ricercare dentro di sé i frammenti di questo mosaico, e imparare a ricercarli anche all’esterno, per esempio nei versi dei poeti di tutto il mondo. Una nuova forma “creativa” di letteratura comparata, insomma.
Poiché insegno Lettere in un liceo, i soggetti ideali per questi esperimenti di comparazione poetica erano di certo i miei alunni liceali. Quando ho spiegato loro la mia “tecnica” di linguistic blending, ho chiesto chi si offrisse volontario per fare una researchwork su alcuni poeti (che avrei potuto suggerire anch’io) che fossero affini ai versi di un autore-base che proponevo.
La prima volta scelsi Qoelet, l’Ecclesiaste. I volontari di quarto anno che si offrirono dopo aver letto alcuni versetti biblici (nella versione latina della Vulgata) furono bravissimi, proposero essi stessi gli autori che ritenevano affini: Grief, Blake, Leopardi, Baudelaire, Puskin.
Ecco un frammento di quel lavoro, che pubblicai nel 2006 su una rivista canadese, Ygdrasil, e che s’intitola Echo n.5: duònus (good):
“et laudavi magis mortuos quam viventes
they stumble all night
et feliciorem iudicavi
qui necdum natus est
al gener nostro il fato non donò che il morire.
%5Band I saw the dead,
they stumble all night,
they were better off than the living,
but best of all the never born… though –
one choice left: to die%5D”.
Il primo verso appartiene al Libro dell’Ecclesiaste (e viene ritradotto molto liberamente), il secondo a Blake, il terzo ancora all’Ecclesiaste, l’ultimo infine a Leopardi. Il verso che avevo proposto era et laudavi magis mortuos quam viventes, le scelte dei ragazzi si erano basate in questo caso su antologie o opere integrali di Leopardi e Blake. Ecco la legenda che avevo scritto nel frontespizio insieme al titolo dell’intero lavoro:
“AHA n.1: Echoes
(Qoèlet, Grief, Blake, Leopardi, Baudelaire, Puskin)
[…] Biblia Sacra Vulgata, liber Ecclesiastes (legenda: eccl.).
Andreas Grief, Kirchhofsgedanken, Einsamkeit (legenda: eins.).
William Blake, Poems from the Rossetti Manuscript; The Songs of Experience (legenda: poems).
Giacomo Leopardi, Canti (legenda: canti).
Charles Baudelaire, Les fleurs du mal (legenda: fleurs).
Aleksandr S. Puskin, Polnoe Sobranie Socineij v destati tomach (legenda: poesie)”.
Un colore diverso per ogni poeta
All’inizio di ogni poesia indicavo gli autori e l’opera seguendo la legenda; per esempio, nel frammento citato Echo n.5 avevo scritto sotto il titolo: “eccl. 4, 2-3; poems; eccl.; canti…”, in modo da indicare la presenza dell’Ecclesiaste, di Blake, di Leopardi, ecc.
Con l’introduzione del colore nelle formattazioni dei siti web, ho incominciato a distinguere con un colore diverso i vari poeti selezionati. Ecco un esempio del 2007, con un articolo pubblicato su Swans Commentary (vedi http://www.swans.com/library/art13/gmonte31.html; trascrivo qui in corsivo ciò che nella rivista appare in colori diversi dal nero):
Shir Hashirim (Part III, the end)
by Guido Monte, Viviana Fiorentino and Francesca Saieva.
Research for this experiment by Chiara Cappello (J. L. Borges), Costanza Dimitri (P. Eluard), Gianvito Mistretta (R. Frost).
“Virgin turned around the Loved, where’re you
your names my distance elusive veil
roaming I don’t find wishing I don’t find
Ce que j’aime dans ton visage c’est l’arrivèe
I virgin found my sperm it fecundated me
light loving light recuerdos superpuestos
night drew covered my wet hair
And Bodhidharma says again: I don’t know
Nothing would heal
sky hides stars then strips them
escrituras de luz
où nous sommes des otages de l’obscurité
Now close the windows and hush all the fields
Mem.
A white home… “out of the garden with no word” (A. Achmatova). A sound… Mitleid, “between themselves the difference feeling was vanished” (Gottfried) because tat tvam asi (A. Schopenahuer), you’re That One – take me like a seal. “Lily between thorns,” has it stopped raining?, “the room of the woman who gave birth to you” (Song of Songs) opens the doors. What do you see? Stained glasses on blossomed pomegranates, copious waters. I don’t know… but “I alone can feel you on these threads of memory” (A. Achmatova). One Seal on your heart, on your arm. What do you see? A white home… a green meadow, that pure white bed. Now, listen to the Silence of it”.
Un “telaio ricamato”
Contando sull’innovazione “tecnica” dei colori (che dal link sopra è possibile vedere nell’originale), in questo caso ho costruito un testo insieme a Fiorentino e Saieva, e poi l’ho proposto agli studenti; le loro scelte di autori sono state Borges, Eluard e Frost (i primi due consigliati da me, l’ultimo scelto dal mio allievo Gianvito).
Il commento filosofico finale di Francesca Saieva (“A white home…”) è invece il tentativo di associare idee universali, senza però mantenere le lingue originali degli autori ricordati: il collegamento archetipico è ugualmente presente, ma in modo formalmente e sostanzialmente diverso, anche perché alla poesia è correlata la riflessione filosofica. Ma questo nuovo elemento introdotto dalla Saieva ci fa capire come il Cosmopolitan multilingualism sia “fluido”, dunque non solo mescoli autori e culture su una strada archetipica comune, ma aiuti anche altri studiosi ad associare creativamente altri argomenti ancora, in una rielaborazione originale che io non avevo considerato, in un processo creativo ad infinitum i cui sviluppi futuri non posso più prevedere.
La letteratura comparata, studiata di solito in saggi o in confronti di testi inseriti su complessi apparati filologici, diventa così uno strumento creativo di conoscenza: l’allievo è contemporaneamente “creatore” e “ricercatore”, e con la nuova tecnologia rivede visivamente l’esito del suo cammino insieme alla guida del docente.
Alison Phipps, dell’Università di Glasgow, definisce il mio tipo di sperimentazione “embroidered gossamer“, “telaio ricamato”, proprio perché i “fili poetici” che si intrecciano possono prendere le direzioni più imprevedibili.
L’immagine: Torri 2002 (olio e acrilico) di Angela Crucitti, per gentile concessione dell’autrice. Per ammirare altre opere di questa notevole artista, si può navigare nel suo sito personale: www.angelacrucitti.com.
Guido Monte
(LucidaMente, anno IV, n. 40, aprile 2009)