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Home VECCHI ARTICOLI INEDITION

Perché siamo in balia del potere bancario

Simone Jacca by Simone Jacca
16 Gennaio 2010
in INEDITION
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«È un bene che il popolo non comprenda il funzionamento del nostro sistema bancario e monetario, perché se accadesse credo che scoppierebbe una rivoluzione prima di domani mattina» (Henry Ford, 1863-1947).

Che cosa sono i soldi?
All’inizio era così: uno aveva grano, l’altro aveva vino e se li scambiavano. Era l’epoca del baratto, ossia lo scambio diretto di merci. Tuttavia, alle volte, il sistema poteva risultare complicato. Si decise, dunque, di semplificare gli scambi e facilitare i commerci utilizzando un riferimento, un’unità di misura che regolasse il valore dei beni. Cominciarono a coniarsi delle monete d’oro e d’argento, due metalli preziosi, rari e scintillanti, che possedevano un valore tangibile proprio.
Era un sistema perfetto: uno aveva grano e aveva bisogno di vino, l’altro aveva vino, ma non voleva del grano, bensì del mais. Allora vendeva il vino al primo, in cambio di oro, che poi utilizzava come merce di scambio, in parti uguali, minori o maggiori, per ottenere mais. Più semplice a farsi che a dirsi.
Il tempo passava e la gente accumulava. Alcuni vendevano più di quanto compravano, e si creavano il loro “gruzzoletto”. Ma l’oro è bello, brilla e ce n’è poco: dunque, meglio metterlo al sicuro. Ma dove?

Che cosa sono le banche?
Ecco la nascita delle prime banche private. Lussuosi e inaccessibili luoghi di sicurezza dove custodire oro, argento e oggetti preziosi. La banca rilasciava in cambio una ricevuta, la cosiddetta nota di banco, che certificava l’esistenza del deposito stesso. La banconota era una garanzia, una specie di assegno circolare che il cliente poteva “spendere” per comprare il suo grano, il suo vino, o il suo mais, anziché tirare fuori le preziose monete d’oro. Nelle banconote, infatti, si poteva leggere la scritta “convertibile in oro” che ben specificava la funzione di quel pezzo di carta.
Insomma adesso l’economia funzionava pressappoco in questo modo: tutti producevano beni, alcuni materiali, come il vino, il grano, il mais; altri non materiali, come la cultura, i servizi, la salute. Questi beni dovevano circolare, perché servivano a tutti. Il dottore curava il paziente, che vendeva pomodori al fabbro, che riparava gli zoccoli del cavallo del fornaio, che vendeva il pane al maestro, che insegnava la matematica al figlio del dottore. Uno scambio di beni, di merci, regolato dalla circolazione di un materiale prezioso come l’oro, o di un pezzo di carta equivalente. Il tutto obbedendo alle naturali leggi del mercato.

Che cosa è il mercato?
Nel 1944 le uova, i pomodori e il vino si erano trasformati in qualcos’altro. Il mercato era diventato un mostro enorme, incontrollabile, capace di muovere eserciti, di eliminare interi popoli, di asservire continenti.
Così, nel luglio di quell’anno, 44 paesi alleati si riunirono a Bretton Woods, una cittadina statunitense del New Hampshire, con l’intento di dominare il mostro. Pochi giorni prima, però, migliaia di soldati americani erano sbarcati sulle coste settentrionali della Francia, sconfiggendo l’esercito tedesco e sigillando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il ruolo degli Usa come prima potenza economica, politica e militare del pianeta.
Per effetto di ciò, nel New Hampshire avvenne un cambio epocale: tramite il gold exchange standard tutte le monete nazionali vennero “agganciate” al dollaro, che diventava la valuta di riferimento. Sicché nel dopoguerra gli Stati Uniti cominciarono a cospargere di dollari tutta l’Europa, senza tuttavia avere la copertura nelle riserve auree. Non appena aumentò la richiesta di riconversione in oro il presidente Richard Nixon decise che il dollaro non doveva più essere “coperto”. Siamo nel 1971: dopo secoli di onorata carriera, le originarie note di banco non sono più delle ricevute bancarie convertibili in oro ma semplici fogli di carta. Ma, se non più in base all’oro, in base a cosa vengono stampate oggi le banconote?

Debito pubblico, inflazione, signoraggio?
Supponiamo che la Repubblica italiana abbia bisogno di un miliardo di euro. La Banca d’Italia, una società per azioni per il 94,6% privata, stampa dei fogli di carta, decide che valgano un miliardo e li presta allo Stato, in cambio della promessa del governo di restituire il denaro. Questa promessa si chiama debito pubblico. Lo Stato, cioè il popolo, è il debitore e la banca è il creditore.
Questo ciclo di creazione ex nihilo e di prestito della moneta potrebbe tecnicamente andare avanti all’infinito. Lo Stato non potrebbe mai pagare il suo debito, perché, se anche lo pagasse, dovrebbe richiederne immediatamente un altro, per non rimanere senza moneta. La Banca stamperà e presterà, e aumentando l’immissione di soldi, s’incrementerà anche la domanda di beni e di servizi, aumenteranno i prezzi e si ridurrà il potere d’acquisto della moneta in circolazione. Questo fenomeno si definisce comunemente inflazione. Praticamente una tassa collettiva nascosta.
Ora, una banca che si rispetti, ogni volta che presta, chiede un interesse. Ma chi stampa il denaro che serve a coprire questo interesse? Nessuno!
Questo è il motivo per cui l’inflazione è una costante in economia, perché ci sarà sempre bisogno di nuovo denaro per pagare gli interessi sul vecchio denaro. Quindi le banche saranno sempre i creditori e gli Stati, cioè il popolo, saranno sempre i debitori. Il nome attribuito a questo fenomeno è signoraggio bancario.
Non era più semplice scambiarsi il grano col vino?

L’immagine: particolare di una banconota da un dollaro.

Simone Jacca

(Lucidamente, anno V, n. 50, febbraio 2010)

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Tags: argentobarattocommerciculturadollaroluoghilussuosimaisoropotere bancarioPreziosisaluteservizisoldispendereunità di misuravino
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