Il mistero del tempo e della luce nella magia di tre splendide poesie di Gaetanina Sicari Ruffo
Lirica alta, colta, ricca di riferimenti simbolici misteriosi, che ogni lettore può tentare di sciogliere nel proprio inconscio. Atmosfere sospese a cogliere gli incantati slanci mistici dell’animo. Una serie di analogie suggestive e affascinanti. Ondate di luce nel moto perpetuo dello spazio o nell’effimero andare del tempo. Versi arcani, di un ermetismo non di maniera, bensì quasi pratica iniziatica. Un ritmo celato e sottile, avvolgente ed enigmatico.
Parliamo dei componimenti di Gaetanina Sicari Ruffo, letterata di sicuro valore. Della sua produzione abbiamo il piacere di ospitare tre opere: Ricerca, Giochi di luce e Concerto.
Ricerca
Tra pergamene consumate
icone ingiallite
la memoria disfa
cesure di tempi
corone di vita
nell’arco del giorno
che muore.
Filamenti di parole sopite
scorrono su binari invisibili
per ignoti destinatari
di lune, di soli remoti
sotto fregi d’oro
il mistero
di solitari eremi
di ignoti guardiani
interpreti di sogni spezzati.
La polvere bianca di millenni
con mani pure
di incontaminato sacerdote
le ferite risana.
Giochi di luce
Arabeschi appena tracciati
nel riquadro d’una porta a vetri,
alfabeto misterioso di segni
che non ha l’eguale,
profili sconosciuti di cabale segrete
che niente dicono, ma fanno sognare
primavere di luce
fervidi prodigi celesti.
Sogno-realtà, aspetti difformi
d’un teorema impossibile
senza soluzione
con un rovescio inquietante
dagli occhi medusei.
Concerto
Le tue mani sottili ed agili
sulla tastiera
candidi voli di gabbiani
per sconosciute chimere.
Fugge come l’onda
rifratta sugli scogli
la voce,
incanto momentaneo
d’un lungo, atteso preludio.
Già un tumulo sfrenato
di sciolti puledri
invade e scompone
il quieto mistero d’attesa.
Lontano un nembo
di polvere
srotola secoli
di pergamene incognite
con segni indecifrabili
di sacri riti e parole.
Gaetanina Sicari Ruffo
Già docente di Lettere italiane e Latino nei licei, l’autrice vive a Reggio Calabria. Innumerevoli i suoi saggi di critica letteraria e storica e i suoi articoli pubblicati per riviste culturali.
IL COMMENTO CRITICO
Senza dubbio il tempo e la luminosità sono due elementi persistenti nelle tre liriche della Sicari Ruffo. Del primo sono indizi lessicali “la memoria”, le “cesure di tempi”, l'”arco del giorno / che muore”, le “lune”, i “soli remoti”, la “polvere bianca di millenni”, “il quieto mistero d’attesa”, “un nembo / di polvere / srotola secoli”, i quali si intersecano con colori e luminosità (“icone ingiallite”; “candidi colori di gabbiani”; “fregi d’oro”; “primavere di luce”) che quietano gli animi.
Compaiono oggetti e presenze imperscrutabili (“pergamene” “consunte” o “incognite”; “arabeschi”; “alfabeto misterioso”; “profili sconosciuti”; “occhi medusei”; “sconosciute chimere”; “binari invisibili”; “soli remoti”; “fervidi prodigi celesti”; “solitari eremi / d’ignoti guardiani / interpreti di sogni spezzati”), talvolta accostati da stravolgenti analogie (“la memoria disfa / cesure di tempi”; “ignoti destinatari / di lune”; “il quieto mistero d’attesa”; “filamenti di parole sopite”). Gli enigmi appaiono insolubili (“segni indecifrabili”; “teorema […] senza soluzione”), e tuttavia consolatori (“cabale segrete / che niente dicono, ma fanno sognare”), in quanto comunque simboli di una ricerca metafisica che permette il superamento della piatta realtà quotidiana per compiere palpitanti pellegrinaggi cosmici.
Un ritmo sapiente e magico accompagna il simbolismo prevalente delle poesie, grazie anche al ricorso frequente all’enjambement: mani pure / di incontaminato sacerdote; aspetti difformi / d’un teorema impossibile; l’onda / rifratta; “nembo / di polvere; fanno sognare / primavere; tumulo sfrenato / di sciolti puledri” e da alcuni iperbati (“le ferite risana”; “fugge […] la voce”).
L’immagine: particolare di 13 febbraio 2005, del nostro fotografo Giordano Villani.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno III, n. 10 EXTRA, 15 gennaio 2008, supplemento al n. 25 dell’1 gennaio 2008)