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Home FAMIGLIA-EDUCAZIONE-SCUOLA

Quali programmi per i più “piccoli”?

Francesca Gavio by Francesca Gavio
26 Febbraio 2009
in FAMIGLIA-EDUCAZIONE-SCUOLA, RECENSIONI
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“Il Servizio Pubblico […] dovrebbe sempre rispettare il binomio educare divertendo e divertire educando e dovrebbe porre attenzione ai contenuti, tenendo conto che in orario mattutino e pomeridiano i bambini e ragazzi sono quasi sempre da soli davanti alla tv”. Questa frase sintetizza, seppur parzialmente, il contenuto di TV e minori (Rubbettino, pp. 76, € 6,00) della giornalista Paola De Benedetti, da sempre impegnata nella programmazione televisiva per i ragazzi.
L’autrice, con il supporto delle sua esperienza televisiva, del Codice di autoregolamentazione Tv e minori, e citando alcuni esperti in materia, cerca di tracciare il quadro dell’offerta televisiva attuale sia pubblica sia privata per i bambini e ragazzi, mettendo in evidenza le contraddizioni tra le normative che tutelano i minori e la programmazione. Tenta inoltre di chiamare in causa anche i genitori, in quanto educatori principali dei propri figli, insieme alla scuola. Genitori che, per mancanza di tempo e, spesso, di volontà, lasciano da soli i figli che, non ancora in grado di distinguere tra bene e male, si trovano di fronte scene che non riescono a decodificare a causa della mancanza di strumenti e di un mediatore.

La storia della televisione per i bambini e i ragazzi
La De Benedetti ripercorre con stile semplice e leggero la storia della tv italiana a partire dagli anni Sessanta. La programmazione televisiva di quel periodo riprendeva i principi di quella per gli adulti, come ad esempio l’indimenticabile Carosello, che, con i suoi Calimero, il pulcino nero e Caballero e Carmencita, dava la buonanotte ai più piccoli.
Gli anni Settanta sono segnati dal telefilm Pippi Calzelunghe e dallo Zecchino d’oro di Cino Tortorella, appuntamento che ritroviamo anche ai giorni nostri. Questi sono anche gli anni in cui la Rai comincia ad acquistare cartoni animati prodotti in Giappone, come Heidi e Atlas Ufo Robot.
Gli anni Ottanta sono caratterizzati dal boom della tv commerciale, che presenta spazi televisivi, come Bim Bum Bam, che occuperanno tutto il pomeriggio dei nostri ragazzi con cartoni animati quali I Puffi, Candy Candy, Pokemon, Power Rangers.
Negli anni Novanta continua la crisi della Rai nella programmazione per bambini e ragazzi; l’ente televisivo pubblico si riprende solamente grazie al Gt Ragazzi e a Solletico, “che univa cartoni animati, telefilm, video-games, giochi di gruppo, ricettine di cucina e informazioni”.
Arrivando ai giorni nostri, l’autrice sottolinea come, pur mancando un disegno educativo complessivo a favore dei nostri minori, l’offerta sia vastissima, soprattutto per coloro i quali dispongono di parabola e canali a pagamento.

Lo scenario europeo
La Bbc, servizio pubblico inglese radiotelevisivo, in fatto di programmazione è più attenta di quella italiana rispetto a temi quali la violenza ed è molto professionale soprattutto in campo d’informazione.
La televisione per ragazzi francese ha il merito di aver promosso la produzione di cartoni animati propri; inoltre ha regole molto restrittive riguardo alla qualità e quantità di pubblicità trasmessa. La tv pubblica inglese, invece, non trasmette pubblicità e, nonostante ciò, ha realizzato alti profitti grazie alla vendita di marchi di alcune trasmissioni per ragazzi. Inoltre il canone televisivo è più costoso di quello italiano.
Caratteristica comune ai vari paesi europei è l’orario di trasmissione dei film e programmi per adulti con contenuti violenti, previsto dopo le ore 22.
Da menzionare il Prix Jeunesse tedesco, premio nato negli anni Sessanta, che ha permesso a tutte le organizzazioni televisive di diritto pubblico di osservare e confrontare i programmi per ragazzi di tutto il mondo.

Un modello televisivo che non ci appartiene
Due sono le questioni che, secondo la De Benedetti, dovrebbero preoccupare un genitore inducendolo a non lasciare solo di fronte allo schermo televisivo il proprio figlio, oltre alla visione degli stessi telegiornali, spesso intrisi di scene di eccessiva violenza, nonostante le norme restrittive del codice di autoregolamentazione in vigore.
In primis l’acquisto di cartoni animati stranieri, soprattutto giapponesi, scelta perpetrata già dagli anni Settanta dalla Rai e dalle reti Mediaset, a scapito dei prodotti made in Italy. Perciò ci si trova di fronte contenuti che non appartengono alla nostra cultura, che fanno riferimento a valori e tradizioni che gli stessi genitori non sono in grado di decodificare.
In secondo luogo, la televisione spesso propone la lotta tra il bene e il male attraverso una buona dose di violenza gratuita. I messaggi che i nostri figli possono filtrare li incoraggiano a una competitività per nulla innocua.

Codici e autoregolamentazioni
Il codice di autoregolamentazione attualmente in vigore, firmato nel 2002 tra tutte le reti televisive prevede i seguenti punti: “[…] la fascia protetta, fra le 16 e le 19, trasmetterà programmi idonei ai minori. Cautela anche fino alle 22,30: i TG non potranno trasmettere sequenze troppo crude e notizie nocive per la psiche dei più deboli. I programmi tutti dovranno essere di buona qualità e non potranno presentare scene di violenza gratuita o conflitti familiari come forma di show; vietati, bestemmie, turpiloquio e offese alle religioni”.
Un comitato di controllo avrebbe il compito di vigilare e comminare sanzioni pecuniarie, oltre alla sospensione e alla revoca della licenza dell’impresa televisiva. Tuttavia, facendo zapping nelle ore pomeridiane, durante le quali i minori trascorrono la maggior parte del loro tempo libero di fronte allo schermo, si evince che la programmazione non ha un filo conduttore e per lo più offre scene non adatte ai più piccoli.

Il ruolo dei genitori
“Resta un fatto: più che la televisione sono i nostri valori e la nostra personalità ad influenzare i nostri ragazzi e ad affinare il loro concetto del mondo”. Bruno Bettelheim, filosofo e psicoanalista citato dall’autrice, sostiene che i bambini e ragazzi possano sviluppare sane reazioni anche alla tv spazzatura e alla violenza gratuita che ogni giorno viene trasmessa, purché i genitori guidino i propri figli nel distinguere ciò che è costruttivo da ciò che non lo è.
Inoltre l’esperto mette in guardia dalle pubblicità e programmi televisivi che, per mantenere viva l’attenzione del telespettatore e quindi l’audience, inducono i minori a credere in una facile e sbrigativa risoluzione dei problemi. Ciò provoca un’insofferenza e un’insoddisfazione nei confronti della società e di se stessi. Anch’egli, pur sottolineando il ruolo cruciale dell’adulto, pone l’accento sulla qualità dei programmi televisivi e sulla poca attenzione che si ha nei confronti dei minori, co, fine di raggiungere elevati ascolti televisivi.

Un televisione per tutti
Da TV e minori si evince che l’autrice desidera tracciare le linee guida per un’offerta televisiva che non deve essere forzatamente pedagogica, ovvero che non vuole insegnare sempre e comunque qualcosa ai bambini, ma che possa essere adatta all’età degli spettatori più giovani, fermo restando che il genitore dovrebbe essere “presente” per poter accompagnare il figlio nella visione dei suoi programmi e poter spiegare scene e immagini che il minore potrebbe non essere in grado di decifrare in modo corretto.

Francesca Gavio

L’immagine: la copertina del libro TV e minori.

(LucidaMente, anno IV, n. 39, marzo 2009)

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Tags: Bim bum bamBruno BettelheimcaroselloCino tortorellagaviomediasetminoriPaola De BenedettiraiRubbettinotelevisionizapping
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