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Home VECCHI ARTICOLI ATTACCO FRONTALE

Quando Ruiz Zafón scriveva per i ragazzi

Rino Tripodi by Rino Tripodi
20 Febbraio 2010
in ATTACCO FRONTALE
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Ripubblicato da SEI “Il Principe della Nebbia”, racconto con pregi e qualche difetto

Prima del best-seller internazionale L’ombra del vento (2001) lo scrittore catalano (di Barcellona, per la precisione) Carlos Ruiz Zafón era anche un autore di libri per ragazzi. È pertanto naturale che, sulla scia del successo del suo primo romanzo “per adulti” e del successivo Il gioco dell’angelo (2008), editi in Italia da Arnoldo Mondadori, la SEI (Società editrice internazionale) abbia ripubblicato per la propria collana Sestante il romanzo giovanile Il Principe della Nebbia (El príncipe de la niebla, pp. 136, € 12,00), che aveva visto la luce in Spagna per la prima volta nell’ormai lontano 1993.

Tra idillio

De L’ombra del vento aveva già parlato la nostra Valentina Conti nell’EXTRA n. 7 di LucidaMente. Questa, invece, in sintesi, la situazione iniziale de Il Principe della Nebbia: la famiglia Carver (composta dal padre, il buon orologiaio Maximilian, dalla madre Andrea, dall’adolescente Max, dalla sorella maggiore di quest’ultimo, Alicia e dalla minore, Irina) si trasferisce in una nuova casa, collocata sulle sponde del mare Atlantico. Splendida la casa, splendido il luogo, splendido il paesino di mare: «Il posto era tranquillo e circonfuso dalla stessa luce che aveva affascinato Max quando aveva visto il mare la prima volta. La maggior parte degli abitanti usava la bicicletta per muoversi, o semplicemente andava a piedi. Le strade erano pulite e l’unico rumore che si sentiva, tranne qualche raro veicolo a motore, era il dolce infrangersi delle onde sulla spiaggia».

…segnali inquietanti…

Max fa amicizia con un ragazzo del posto, Roland, da cui impara i segreti del mare, mentre tra quest’ultimo e Alicia nasce l’amore…
Tuttavia, dopo qualche decina di pagine, si giustappongono due inquietanti particolari.
Intanto, fin dall’inizio si sa che la famiglia Carver giunge sulle sponde dell’Atlantico per sfuggire alla Guerra: è il 1943, ed è facile intuire, anche dai nomi dei protagonisti, che ci troviamo in Inghilterra, luogo deputato delle ghost stories.
Inoltre cominciano ad affastellarsi perturbanti segnali, indizi di un orrore che si amplierà sempre di più: l’orologio della stazione che gira al contrario, la tragedia vissuta dalla famiglia Fleischmann che abitava precedentemente la casa, un gatto dallo sguardo inquietante, un misterioso giardino con statue che sembrano muoversi, una nave naufragata: «Irina sentì le mani irrigidirsi nell’inutile sforzo di sbloccare la maniglia. Senza fiato, si girò e si strinse con tutte le proprie forze contro la porta della stanza. Non riuscì a non fissare gli occhi sulla chiave che girava nella serratura dell’armadio. Infine, la chiave si fermò e, spinta da dita invisibili, cadde sul pavimento. Molto lentamente la porta dell’armadio cominciò ad aprirsi. Irina cercò di gridare, ma sentì mancarle il fiato anche solo per sussurrare».

…e horror

Quello che poteva anche sembrare un “romanzo di mare” si scopre per quello che è: un romanzo horror. La figura centrale, il “malvagio” per antonomasia, è il demoniaco dottor Cain, detto appunto il Principe della Nebbia, dotato di poteri enormi e sovrannaturali, cui cerca di contrapporsi il guardiano del faro, nonché “nonno adottivo” di Roland, Victor Kray, ma la lotta, che ha come scenario soprattutto le profondità del mare, è molto ardua: «Una sagoma nera, simile a quella di un grosso pesce, ruotava sinuosa intorno allo scafo dell’Orpheus. Per un attimo, Roland pensò che si trattasse di uno squalo, ma a un secondo sguardo si rese conto di essersi sbagliato. Continuò a nuotare dietro ad Alicia senza togliere gli occhi da quella strana forma che sembrava seguirli. La sagoma serpeggiava all’ombra dello scafo dell’Orpheus, senza esporsi direttamente alla luce. Tutto quello che Roland riusciva a distinguere era un corpo allungato, simile a quello di un grande serpente, e una strana luce cangiante che l’avvolgeva come un mantello dai riflessi smorti. Roland guardò verso la barca e vide che mancavano ancora dieci metri. L’ombra sotto i suoi piedi sembrò cambiare direzione. Roland ispezionò il fondo e si accorse che quella strana figura stava salendo lentamente in superficie, vero di loro».

Pregi e difetti

Il romanzo palesa molti debiti verso il cinema e la narrativa “di genere”. Ad esempio, noi abbiamo riscontrato esplicite analogie con Poltergeist. Demoniache presenze di Tobe Hooper (che è del 1982) o con It (1986) di Stephen King (vedasi il clown).
Vi troviamo vari topos dell’horror, tra cui la logica sacrificale, sicché è d’obbligo che qualcuno perisca affinché il Bene prevalga sul Male, affinché vi sia un “riequilibrio”. Ma perché? Oppure altri luoghi comuni quali le litigiosità tra i ragazzi, ecc. Affascinanti invece la descrizione del paesaggio e delle atmosfere del mare, le immersioni nelle profondità marine.
Ma Ruiz Zafón eccelle soprattutto nella rappresentazione della psicologia degli adolescenti che stanno per affrontare il salto verso la realtà “adulta”: «Una profonda inquietudine si impadronì del suo cuore. Sentiva che, per la prima volta nella sua vita, il tempo trascorreva più rapidamente di quanto lui desiderasse, e che non poteva più rifugiarsi nei sogni come negli anni passati. La ruota del destino aveva cominciato a girare e, questa volta, i dadi non li aveva tirati lui».
Così, come in un cerchio, torniamo a collegarci a L’ombra del vento, al suo indimenticabile protagonista, il giovane Daniel, e alla sua vicenda da romanzo di formazione.

L’immagine: la copertina de Il Principe della Nebbia.

Rino Tripodi

(Lucidamente, anno V, n. 52, aprile 2010)

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Tags: aliciaatlanticobarcellonaCarlos Ruiz ZafóncarvercasacollanaHorroridillioL'ombra del ventoletteratura spagnolalucidamenteluogomaremaxmondadoriombraragazziSEIspagnatripodizafon
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