È passato qualche tempo da quando la moglie del presidente della Repubblica Ciampi, signora Franca, consigliò ai ragazzi italiani di leggere, invece “che stare davanti a quella televisione deficiente”.
Il consiglio mi era sembrato abbastanza buono, anche se l’esortazione a non stare davanti alla tv lo circoscriverei, appunto, a quella deficiente.
Da ragazzo mi sarebbe piaciuto molto poter godere di tanti programmi che oggi riempiono alcune mie ore, altrimenti vuote.
La televisione, quando ero ragazzo (oggi sono ultrasessantenne), non esisteva ed il nostro modo di distrarci era, naturalmente, giocare e, per alcuni, leggere i fumetti.
Il successo del fotoromanzo – Leggere i fumetti era anche uno dei passatempi preferiti delle donne, che ne avevano un certo numero fatto apposta per loro. Nato, infatti, intorno al 1946, esplode il fotoromanzo nel quale si sviluppano racconti a puntate in sequenze visive disegnate o fotografate. Vi erano anche novelle scritte e racconti di vita vissuta. Normalmente nelle ultime pagine erano collocate le rubriche di corrispondenza Piccola posta e Bureau (che per molto tempo mi restò di significato incomprensibile), su cui comparivano “lettere” firmate “cuore infranto”, “in attesa di lui”, “sono tanto infelice” e così via. Quella del fotoromanzo, inizialmente solo disegnato, fu una felice intuizione e il suo successo, immediato, fu tale da rappresentare un vero boom editoriale nel dopoguerra italiano. Coloratissimi nelle loro copertine che spiccano fra il grigiore dei quotidiani, il pubblico che catturano è giovane, femminile, proletario, piccolo borghese e contadino; esso è fra i meno raggiungibili dagli altri mezzi di comunicazione. Apre la strada Grand Hotel, il cui n. 1 porta la data 26 giugno 1946, seguito da Luna Park, Piccolo bar, Sogno e Bolero Film. Vi scrivevano autori molto importanti, fra cui Luisa Trapani, Zavattini, Damiani, Del Buono, ed illustratori di prim’ordine, quali Bertoletti, Tabet, Torchio, Molino. Le fotografie verranno dopo. Alcune di queste pubblicazioni ebbero una longevità di tutto rispetto, altre morirono dopo una breve esperienza.
Da Gim Toro alla sensualissima Pantera Bionda – Parallelamente viaggiava il “fumetto” tout court, con un pubblico decisamente più giovane e preminentemente maschile. I titoli che ancora ricordo e che fecero parte della mia giovinezza erano, in ordine di importanza, Sciuscià, Il piccolo sceriffo, Gim Toro, Dick Fulmine, L’Intrepido (la mia nave scuola), L’albo dell’Intrepido, Pantera Bionda (corresponsabile delle mie prime inconsapevoli pulsioni erotiche), Kinowa (lo scotennatore) ed altri. La lettura di tali giornalini era fieramente avversato dai genitori, che vedevano in questa dedizione una deviazione dell’ortodossia dello studio scolastico. Io ritengo invece che, per molti, i fotoromanzi ed i fumetti costituirono una delle prime e poche occasioni di essere a contatto con la parola scritta e che le illustrazioni, in fin dei conti, non erano sufficienti per capire la trama, cosa che indusse molti a sforzarsi di imparare a leggere il testo, compreso, appunto, nei fumetti. Da lì partirono molte passioni per la lettura.
Una via indiretta alle letture “serie” – Con quanto finora scritto, non ho voluto fare l’apoteosi o la storia del genere fumetto, che è stato abbondantemente in seguito riconosciuto come forma di comunicazione di pregio e di efficacia, ma considerare come forse la sua crisi, o comunque il diradamento del genere, abbia privato i ragazzi di quella occasione di appassionarsi per via indiretta alla lettura. Non è, chiaramente, l’unico motivo per cui oggi si legge poco, ma certamente è una concausa.
L’immagine: Pantera Bionda ne la liana spezzata.
Antonio Nicoletta
(LucidaMente, anno I, n. 5, giugno 2006)
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