Nel recente libro dello scrittore, “Ritratto di gruppo con assenza” (edito in Italia da Guanda), troviamo un “ermetico” brano
Si sa almeno dai tempi di Corrispondenze di Charles Baudelaire che la letteratura è costituita nella sua essenza da simbolici messaggi, spesso misteriosi e criptici. Pertanto è normale che si faccia fatica a decifrare il personaggio al quale si riferisce Luis Sepúlveda nel suo brano Un vecchio che non mi piace, contenuto entro la sua ultima fatica, Historias marginales II, tradotto in Italia da Ilde Carmignani e pubblicato da Guanda col titolo Ritratto di gruppo con assenza (pp. 168, € 16,00). A chi farà mai riferimento lo scrittore franco-cileno, parlando di «un vecchio patetico che rappresenta esattamente il contrario ed è l’immagine stessa della senilità, prigioniero di un destino simile a quello di Dorian Gray»?
Il celebre autore di Patagonia express. Appunti dal sud del mondo e della Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare ci offre un indizio. O due. O tre… Il personaggio in questione è italiano, ha una villa in Sardegna, si circonda di escort… Mah, probabilmente si tratta di una figura mitologica, archetipica, immaginaria. Non può esistere un anziano di tal fatta. O no? Lasciamo dubbi e interpretazioni ai nostri lettori.
Per gentile quanto graditissima concessione dell’autore e della casa editrice Guanda – ringraziamo in particolare Lucilla Faedda – riportiamo integralmente di seguito Un vecchio che non mi piace.
Mi piacciono i vecchi, ma non tutti, e non ho mai temuto la vecchiaia perché la vita mi ha offerto incontri con anziani formidabili. Con uomini e donne che hanno portato o portano le rughe, i capelli bianchi, l’apparente lentezza, con orgoglio e allegria, e ora che sto per compiere sessant’anni mi preparo a diventare come loro. Quelle donne e quegli uomini che hanno sui volti la mappa gloriosa di vite gloriose sono il mio modello, e per rispetto a loro e a me stesso voglio parlare in queste pagine di un vecchio patetico che rappresenta esattamente il contrario ed è l’immagine stessa della senilità, prigioniero di un destino simile a quello di Dorian Gray.
Il vecchio di questa cronaca è un italiano che ha rimpiazzato la serenità normalmente concessa dagli anni con un libertinaggio smisurato. Suppongo che una volta gli sia capitato di assistere, al solo scopo di censurarla, a una messa in scena della Resistibile ascesa di Arturo Ui di Brecht e abbia deciso che gli specchi servivano da guida per rimediare per mezzo di protesi a ciò che la vita gli aveva negato. Ha cominciato falsando la propria statura fisica, perché l’altra, quella morale, è per fortuna intoccabile. Un calzolaio gli disegna scarpe speciali provviste di zeppe nascoste che gli concedono più o meno quattro centimetri sopra il livello del mare. Da qui, il lavoro di un sarto che deve confezionargli i pantaloni per due gambe che non sono le sue, e deve dotargli le giacche di spalline che mostrino un uomo alto e anche robusto. Sussiste però il problema della testa, perché non ci sono protesi che ne aumentino le dimensioni, e per quanto provi davanti allo specchio le pose di Mussolini, la sua rimane quella di un vecchio bassetto, quasi privo di collo, infilata a forza in un corpo alieno.
La caduta dei capelli è una questione decisa dagli anni, è una legge della natura, e tutti i trapianti a cui si è sottoposto sono falliti perché l’erba non cresce sul terreno sterile. Così, forse ispirandosi alla famosa macchia che orna la testa di Gorbacev, ha deciso di tatuarsi un’ombra scura sotto i suoi quattro peli stentati e l’effetto finale è quello di un vecchietto che si copre la testa con un basco cencioso. Una volta, una truccatrice decise di coprire le rughe sul viso di sir Lawrence Olivier, prima che il grande attore uscisse sul palcoscenico a recitare Amleto. Il grande attore con gentilezza glielo impedì e aggiunse: «Non sono rughe, sono cicatrici amate che mi hanno lasciato le migliori battaglie». L’italiano a cui mi riferisco, invece, ha deciso di diventare “il più bello d’Europa” e si è ricoverato in una clinica svizzera specializzata in chirurgia estetica. Il risultato finale è quello di un vecchio cinese che ha seri problemi ad aprire gli occhi. Così, dopo una serie di fallimenti prevedibili in un apprendista Peter Pan, ha optato per gridare al mondo la sua virilità di latin lover della terza età.
Può esserci qualcosa di più grottesco di un anziano bassetto ma tutto impettito, mezzo calvo ma con la testa dipinta, dagli occhi a mandorla a forza di bisturi e dalla dentatura impeccabile grazie a trattamenti che gli impediscono di chiudere la bocca? Se a questa visione da incubo aggiungiamo un’adolescente, ancora minorenne, generosamente presentata dai genitori, una bambina che candidamente chiama l’anziano “papi”, abbiamo una trama da opera buffa che di sicuro fa rivoltare Rossini e Puccini nella tomba. Un’infinità di veline, cioè di fanciulle dall’aria infantile ma discretamente puttane, hanno invaso la residenza ufficiale dell’anziano insieme a meretrici a tariffe business che si definiscono escort, e lungi dal proclamare ai quattro venti le virtù amatorie dell’anfitrione, queste signorine dichiarano che si tratta di un simpatico vecchietto, la cui maggior prodezza sessuale è farle sedere con lui a guardare vecchi video, dove canta noiose canzoni romantiche dell’Italia di Domenico Modugno.
Il vecchietto ha una villa in Sardegna, stupefacente per quanto è kitsch, che è frequentata da gruppi di veline trasportate su aerei dell’Aeronautica italiana, per rallegrare altri vecchietti che vanno lì ad attestare il loro europeismo. In mezzo alle ragazze che fanno il bagno con poca roba addosso, grazie alla perizia di un paparazzo, abbiamo visto un uomo di governo profondamente euroscettico che sfoggiava un’erezione a carico dell’erario pubblico italiano, e al centro di tutto questo la figura inossidabile di “papi” che, a sentire le invitate, porta a spasso avanti e indietro la sua senile arroganza, la sua insolente senilità, la sua ignobile decadenza, convinto di essere il nuovo Nerone. E, come dice la Bibbia, diamo a Dio quel che è di Dio e a Cesare una residenza geriatrica.
(Luis Sepúlveda, Un vecchio che non mi piace, in Ritratto di gruppo con assenza, Traduzione di Ilide Carmignani, Milano, Guanda, 2010, pp. 145-148; copyright Luis Sepúlveda, 2010 by arrangement with Literarische Agentur Mertin Inh., Nicole Witt e K., Frankfurt am Main, Germany; 2010 Ugo Guanda Editore S.p.A.)
L’immagine: particolare della copertina di Ritratto di gruppo con assenza (Guanda) di Luis Sepúlveda.
Rino Tripodi
(LM EXTRA n. 23, 14 febbraio 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 62, febbraio 2011)