All’indomani di un tormentato risultato elettorale, riconosciuto solo dopo uno spoglio estenuante, che ha tenuto col fiato sospeso politici ed elettori (e ancora al centro di aspre polemiche), qual è stato l’atteggiamento assunto dalle maggiori testate giornalistiche nel tratteggiare il quadro della situazione?
Abbiamo letto per voi i principali quotidiani italiani pubblicati il 12 aprile 2006 (appena dopo la certezza della vittoria dell’Unione), prestando particolare attenzione all’organizzazione delle strutture discorsive e alle modalità enunciative in esse impiegate, partendo dai titoli degli articoli fino ad arrivare ai contenuti, per disvelarne il codice ed individuare la capacità informativa delle notizie ed il loro valore emotivo.
Scoprire quali espedienti si celino dietro la costruzione di un articolo è fondamentale, considerando che i quotidiani si rivolgono ad un vastissimo pubblico, cercando – con maggior o minor successo – di rendere condivisibili i propri enunciati attraverso l’uso di particolari tecniche.
Posto che il discorso condotto da un giornale ha un valore performativo, in quanto non consiste in una rappresentazione del mondo esterno, ma, piuttosto, in una semplice traduzione dei fatti, si capisce bene come, nella comprensione dei temi trattati, giochi un ruolo determinante il modo in cui un giornale li pone e quello in cui il lettore li accoglie.
Ricostruzione degli eventi – Prima di procedere con le analisi dei quotidiani, è opportuno ricostruire tutto l’accaduto, partendo direttamente dal momento conclusivo delle votazioni e dai successivi exit poll, che annunciano un sicuro trionfo dell’Unione. Subito dopo, però, ecco il colpo di scena: Berlusconi ha una rimonta fulminante e la sua – ora sappiamo temporanea – vittoria al Senato lascia presagire anche la conquista della Camera. Solo all’ultimo avviene il capovolgimento della situazione, prima parziale, poi totale, fino alla definitiva, seppur striminzita, affermazione dell’Unione, per la quale risultano decisivi i voti degli italiani all’estero. Ma lo scarto nelle preferenze degli elettori alla Camera che distacca Prodi dalla Cdl è minimo, si aggira intorno a soli 25.000 voti, e Berlusconi non lo accetta, richiedendo attente verifiche e avanzando, di fronte ad un’Italia spaccata in due, la necessità di una collaborazione delle due fazioni, esclusivamente “nell’interesse del Paese, non per ambizioni personali”.
Titoli delle testate – Dopo una così aspra battaglia elettorale, è comprensibile che i giornali si siano focalizzati sulla reazione dei rispettivi leader politici, che, anche questa volta, sono arrivati allo scontro. La situazione di contrasto viene resa già dai titoli: il Corriere della sera, Il Mattino e Il Messaggero recitano tutti “Berlusconi: grande coalizione. No di Prodi”, attribuendo ad ognuno dei leader un membro della frase, sul modello di “botta-e-risposta”. Il quotidiano la Repubblica titola invece: “Prodi: governerò per cinque anni” e il Giornale scrive: “Governo, ci toccherà un Prodino”. Da qui risulta evidente come entrambe la testate abbiano preferito concentrare l’attenzione solo sul futuro presidente del Consiglio, sottolineandone – in maniera opposta – la vittoria. In questi titoli è, infatti, implicito un giudizio di valore, per cui la Repubblica, quotidiano tendenzialmente di sinistra, ha voluto porre l’accento sulla determinazione del leader dell’Unione a rivendicare un “governo politicamente e tecnicamente forte”, indipendentemente dalla vittoria risicata. Al contrario, il Giornale, dichiaratamente di destra, riporta già nel titolo una scarsa fiducia in quello che sarà il nuovo premier, attribuendogli il poco lusinghiero epiteto di “Prodino”, con chiaro riferimento, oltre alla vittoria ottenuta per un pugno di voti, alla scarsa statura politica. Entrambe le testate hanno, poi, riservato la reazione di un incredulo Berlusconi al sottotitolo, in cui rimarcano anche il deciso rifiuto dell’Unione di fronte alla proposta di una grande coalizione, modellata sull’esempio della Grosse Koalition tedesca.
Il doppio atteggiamento dell’ex premier – Osservando, ancora, i contenuti degli articoli del Corriere della sera e de la Repubblica, risultano evidenti molti tratti comuni ai resoconti giornalistici. Tutte e due le testate tracciano il quadro di un Berlusconi poco pacificato con la situazione che lo circonda e, persino, con se stesso. Nel resoconto del comportamento assunto dal Cavaliere, si individua – sul piano linguistico – una vera e propria cesura del testo, corrispondente ad un altrettanto scisso atteggiamento dell’ex premier verso l’Unione. La prima reazione è, infatti, quella di incredulità, di rifiuto. Il Berlusconi che domina queste righe non si vuole arrendere e a descriverlo è un’aggettivazione appartenente alla sfera semantica della battaglia: è “agguerrito”, “denuncia gravi irregolarità”, propugna la necessità di un’attenta verifica, portando avanti una “linea d’attacco”, che degenera in una vera e propria “lotta”; dice che l’Italia divisa in due rischia la “guerra civile” sul piano politico. Alle sue parole si oppongono quelle di Ciampi, che difende l’assoluta regolarità delle elezioni.
Berlusconi aperto al dialogo – Poco dopo, all’interno dello stesso testo, il Cavaliere viene, però, descritto con toni più miti: Berlusconi “compie un passo indietro”, comincia ad avanzare la necessità di collaborare. Non a caso, qui i termini usati richiamano tutti il concetto di pace: l’ex premier parla della necessità di “sedersi a tavolino” per creare un'”intesa”, fino ad arrivare alla totale “concordia”. Insomma, in questo caso ci troviamo in presenza di un climax ascendente, che, rimarcando la voglia di cooperazione dell’ex capo del governo, suscita nel lettore l’impressione contraria di un “Cavaliere disarcionato” (sintagma de il Giornale), che tenta in ogni modo di non soccombere. In tale modalità di raccontare i fatti, risulta evidente un cambio di ritmo, che accresce la tensione patetica attorno a Berlusconi e lo coinvolge in un vortice di sentimenti, creato ad arte nell’animo del lettore dallo stile dei giornalisti.
Il Cavaliere: un leader in difficoltà – Ancora la Repubblica parla, senza mezze misure, di un leader che teme di perdere la sua posizione, di essere superato dagli alleati (Fini e Casini); il suo intento è, perciò, quello di strumentalizzare un’eventuale coalizione per mantenere una leadership indiscussa all’interno del gruppo di destra. Qui il lessico si fa quello dell’esclusione: Berlusconi viene “messo all’angolo”; a lui l’Unione oppone una “chiusura totale”, fino all’innalzamento di “barricate”. Emerge, così, la figura di un uomo in difficoltà, incoerente con se stesso, in pieno scontro con l’opposizione e, persino, coi suoi alleati. Maroni, infatti, si dissocia completamente dalla proposta di una coalizione, affermando che l’Unione deve governare senza poter contare sull’aiuto della Cdl; Fini afferma, poi, di accettare l’idea di un dialogo solo in caso di varo di dpef e Finanziaria.
Prodi: nessuna collaborazione con la Cdl – In maniera speculare rispetto a Berlusconi, viene tratteggiato il quadro di un Prodi trionfante, in pace con sé ed in apparente sintonia col suo gruppo; l’unica preoccupazione riguarda i due mesi che lo separano dall’ottenimento dell’incarico, mentre l’Italia avrebbe bisogno da subito di una “terapia d’urto”. La sua scelta è quella di opporre un no secco alla coalizione, affermando di voler “governare per tutti gli Italiani, non solo per quelli che l’hanno votato”. Commenta con ironia le accuse di irregolarità mosse dall’opposizione, dicendo che: “Le recriminazioni di Berlusconi sono fuori posto. Lui è il primo ministro, il ministro dell’Interno è del suo governo e la legge elettorale l’ha voluta lui”.
Una telefonata mancata – Queste parole sono riportate su tutti i quotidiani, a fare da contrappeso alla mancanza di fair play del Cavaliere, che non gli ha ancora telefonato per congratularsi con lui, “come usa nella democrazia moderna”. Dal canto suo, Berlusconi giura di farlo solo nel momento in cui avrà la certezza di essere stato sconfitto. Sulla sua scia, anche Bush non si è fatto sentire dal leader dell’Unione (forse speranzoso di una vittoria, all’ultimo secondo, della Cdl, sul modello di ciò che è avvenuto tra lui e Gore nel 2000). Al contrario Barroso, presidente dell’Ue, è stato tra i primi a telefonare a Prodi. Anche in questo caso, i giornalisti hanno, dunque, tracciato una coppia antinomica.
Davide vs Golia – Tirando le somme, i principali giornali italiani, pur distinguendosi per tendenza politica e target di lettori, sono concordi nel seguire lo schema “Davide-e-Golia” per descrivere la lotta intercorsa tra Prodi e Berlusconi, in cui ad aver trionfato è stata, appunto, la parte apparentemente più debole. Ciò che bisogna chiedersi è se Davide riuscirà a resistere ancora a lungo di fronte alle prevaricazioni di un Golia che non accenna ad arrendersi.
L’immagine: il “logo” del Viminale in occasione delle elezioni politiche 2006.
Claudia Mancuso
(LucidaMente, anno I, n. 3, aprile 2006)