Il mondo arabo è spesso confuso con il mondo musulmano. Troppe fantasie tratteggiano paesi con una forte passione del deserto, spesso visto come un vero e proprio luogo di villeggiatura. Gli harem continuano a infiammare l’immaginazione popolare, anche se da tempo non esistono più. La poligamia è largamente praticata, malgrado sia proibita in diversi paesi arabi e musulmani.
Molti credono che indossare il velo sia prescritto alle donne dalla legge coranica, mentre si tratta di una tradizione culturale, perché le donne devono essere velate durante la preghiera.
Cosa fare per ristabilire un’immagine esatta, in linea con la situazione reale della società? È proprio questo uno dei compiti di quegli intellettuali che desiderano fare da ponte tra le due culture, ma è un’operazione culturale difficile. Perché il mondo arabo ha una bassa stima politica, la sua immagine è offuscata da regimi che non vantano una legittimità democratica. C’è dell’altro, oltre a questi sistemi impopolari.
Il conflitto israelo-palestinese ha solo rafforzato i pregiudizi in Europa, costruendo un ostacolo per il progresso della democrazia. Gli arabi non comprendono il ruolo e l’azione dell’Europa, non comprendono i veri motivi che spingono il Vecchio Continente a difendere certe cause anziché altre. Tutto ciò offusca le relazioni tra il mondo arabo e l’Europa, con mutuo sospetto. Ciò che manca è un dialogo franco e una sana curiosità, libera da ogni ipocrisia.
È arrivato il momento di mettere in luce l’originalità dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, a nord e a sud di questo mare. Con un unico obiettivo: riavvicinarli e unirli. Si sente forte la necessità di una grande forza morale capace di superare sospetti, paure e malsane opinioni. Jean Monnet, uno dei padri dell’idea di Europa, affermava che «la gente accetta i cambiamenti solo per necessità: ci vuole una crisi affinché essa sia da loro riconosciuta». Occorre immaginazione, ma anche senso di urgenza perché, sosteneva ancora Monnet, «senza immaginazione la gente muore». Le incomprensioni avvelenano le relazioni tra i popoli, al di fuori di ogni logica. Nel momento in cui avvengono fatti storici di portata internazionale, potrà una voce araba essere ascoltata, con la sua unicità e autenticità, con il suo contributo particolare al patrimonio universale, al fine di unirsi al coro della storia?
L’immagine: la Zisa di Palermo, edificio del XII secolo, realizzata sotto i Normanni da maestranze di estrazione musulmana secondo modelli “arabi” dell’Africa settentrionale e dell’Egitto, a conferma dei forti legami che la Sicilia continuò ad avere, in quel periodo, con il mondo culturale islamico del bacino del Mediterraneo, rapporto che continuò fino alla straordinaria figura di Federico II. Poi il lungo periodo di sospetti e intolleranza, che perdura ai giorni nostri.
Francesco Fravolini
(Lucidamente, anno V, n. 60, dicembre 2010)