Un virtuoso tastierista che, con Lake e Palmer, ha fatto sognare milioni di fan, dando dignità “classica” alla musica rock
Per i più giovani e/o per chi non avesse mai visto/ascoltato i mitici Elp, consigliamo di iniziare con Take a Pebble (dall’album Emerson Lake & Palmer del 1970): virtuosismo, creatività, armonia.
Alcuni giorni fa, a Santa Monica, California, è morto Keith Emerson, Fu un grande musicista. Un fantastico tastierista, forse il migliore. Il genio dell’organo Hammond e del sintetizzatore Moog.
Cominciò a suonare il pianoforte quand’era giovanissimo, preferendo Johann Sebastian Bach e altri grandi autori classici. Di conseguenza, la sua musica fu spesso ispirata dalle composizioni classiche, come se queste sollecitassero le note a raggiungere livelli “altri” uscendo dal «barbaglio della promiscuità» (per dirla con Giuseppe Ungaretti). Ne risultarono virtuosismi che la genialità di Keith strutturava e destrutturava tramite arrangiamenti, creazioni, estrosità, elaborazioni incredibili e avvolgenti. Erano suoni apparentemente in libertà, in verità accurate scansioni di un’atmosfera perversa e mistica nello stesso tempo.
Si trattava di una magia all’interno della quale non tutti potevano ritrovarsi. Chi riusciva a comprenderla, l’amava fino a trascinarla nell’anima. Chi non riusciva a comprenderla, la deplorava fino a profanarne il messaggio e quindi relegarla nell’inferno atassico del pentagramma, dove il rumore incrina la melodia. Quella di Emerson, insieme a Greg Lake e Carl Palmer, era ed è una musica fuori dagli schemi, come altrettanto fu quella della mitica Janis Joplin, pur su un differente versante, anche perché antecedente ai successi di Emerson, Lake & Palmer (lei morì nel 1970, a soli 27 anni, proprio nel tempo in cui nasceva ELP).
Keith era nato in Inghilterra, nel 1944. Aveva studiato classica e jazz, lasciandosi presto entusiasmare dai suoni elettrici e riuscendo subito a dominarli con una padronanza eccezionale. E con una dose di follia: si ricorda di lui la maniera disinvolta con cui strapazzava i tasti, arrivando a fermarli tra loro con un oggetto allo scopo di avere le mani libere per “giocare” sul resto della tastiera. Per chi, come me, viveva con il pane della quotidianità, quella musica era il companatico forse indispensabile per vivere meglio.
Nel 1970, dopo l’exploit nel mondo del rock, Emerson si unì a due musicisti dal talento già riconosciuto: Lake (al basso, vocal) e Palmer (alla batteria). Tutti e tre provenivano da band affermate. La nuova band si chiamò Emerson, Lake & Palmer, nome semplificato appunto in ELP. La loro collaborazione artistica durò dieci anni, poi si ritrovarono a suonare insieme diverse altre volte ma, a nostro parere, non raggiunsero più l’apice sublime del loro decennio dorato. Continuarono piuttosto come solisti dalla fama oramai consolidata. Emerson va ricordato, inoltre, perché fu autore di colonne sonore di film importanti, tra cui Inferno dell’amico Dario Argento.
Franco Franchi
(LucidaMente, anno XI, n. 124, aprile 2016)