Fino al 6 agosto “Bob e Nico” in mostra a Palazzo Pepoli (via Castiglione)
Ancora pochi giorni per visitare l’esposizione bolognese di Palazzo Pepoli (via Castiglione) che vede protagonisti Roberto Benigni e Nicoletta Braschi, partner nella vita e nel cinema, tra proiezioni di spettacoli teatrali, film che li hanno resi famosi in tutto il mondo, testi, locandine e costumi di scena. «Una ventina di situazioni espositive», come le definisce Giuseppe Bertolucci, curate dallo scenografo Giancarlo Basili, con l’intento di esaltare le motivazioni del loro operato che hanno condotto la coppia a proporre l’organizzazione di quest’evento presso la Cineteca di Bologna. Il ricavato sarà totalmente devoluto all’Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori.
«E questo è l’inno del corpo sciolto / lo può cantare solo chi caca di molto / se vi stupite / la reazione è strana / perché cacare soprattutto è cosa umana […]». L’inno del corpo sciolto introduce il visitatore nelle sale espositive. Un biliardino ci riporta all’infanzia dei due attori, accompagnato da foto di famiglia e della scuola. Da un lato immagini della Toscana rossa, divisa tra la parrocchia e la Casa del Popolo, e di una famiglia contadina che si trasferisce in città perché il padre trova lavoro come manovale, dall’altro una famiglia benestante dell’Emilia-Romagna. Un juke box ci conduce agli esordi di Roberto e a Mario Cioni, personaggio comunista, geniale e dubbioso sulla pronuncia del cognome di Berlinguer, nato dalla collaborazione con Giuseppe Bertolucci in un garage trasformato in uno spazio teatrale nei pressi di San Pietro a Roma. Un campo di grano con papaveri è interrotto da uno spaventapasseri con la foto dell’allora segretario generale del Partito comunista italiano, a riprodurre una scena di Berlinguer ti voglio bene.
Dai piccoli teatri di provincia alla fine degli anni Settanta Renzo Arbore trascina Roberto in televisione, mentre il Cioni sembra ancora sopravvivere all’avanzata della tv commerciale. Il bacio di un Benigni con maglietta bianca della salute e pantaloni ascellari con la valletta Olimpia Carlisi al Festival di Sanremo del 1980 sigla una rivoluzione mediatica fatta di trasgressioni e satira. Nel 1983 la svolta: Roberto si sdoppia, divenendo attore e regista, dapprima con Tu mi turbi. Diventerà poi un’abitudine riuscita.
Ha fatto ridere milioni di italiani e non solo con film del calibro de Il piccolo diavolo, Johnny Stecchino, Il mostro, girati tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi dei Novanta, per approdare all’applaudito successo de La vita è bella (1997). La leggerezza nel raccontare l’Olocausto, sempre in bilico tra comicità e dramma, tra tenerezza e orrore, è stata premiata con tre meritati Oscar e diversi premi e attestati. Chi non ricorda una Loren raggiante e gioiosa mentre legge il vincitore sul palcoscenico degli Oscar? Toccante il rifacimento di una camerata del campo di concentramento, ambientazione del film, con gli abiti indossati dagli attori appesi ai letti a castello, le pentole, e i piccoli carri armati giocattolo con cui giocava Giosuè, figlio del protagonista, sopravvissuto all’eccidio.
Non manca un omaggio ai suoi Compagni di viaggio e dediche ai maestri che l’hanno sempre ispirato, da Chaplin a Keaton, da Federico Fellini a Claudio Abbado, che lo ha voluto con lui a recitare in Pierino e il lupo, fino ad arrivare a Dante, del quale ha fatto rivivere i versi della Divina commedia, cercando di contrastare il dilagare della tv commerciale, svuotata ormai di contenuti culturali. Come non ricordare Massimo Troisi, coprotagonista con Roberto di Non ci resta che piangere?
L’incontro con la sua musa e compagna di vita avviene nel 1980. Nicoletta stava ancora frequentando l’Accademia d’arte drammatica. Da subito iniziano a fare progetti cinematografici insieme. Sempre alla ricerca di personaggi diversi e interpretazioni che dimostrano il suo fascino di donna, pieno di grazia e originalità, attributi che avranno sicuramente attratto il Roberto regista, attore, ma anche l’uomo. La Braschi rimane un po’ in ombra rispetto al compagno, nonostante una parte consistente della mostra sia dedicata a lei. Inoltre l’esposizione è stata caratterizzata da più proiezioni in una sola sala, predisposte in modo tale che il sonoro non si sovrapponga. Tuttavia accade che l’audio della sala adiacente spesso non consenta di sentire i dialoghi della sala dove si trova il visitatore.
Il lungo viaggio che ci accompagna per mano attraverso la vita, la cinematografia e l’amore tra Bob e Nico si conclude con una catasta di televisori, nei quali vengono proiettati spezzoni di film, mentre in altri Benigni intona le sue canzoni più famose.
Francesca Gavio
(LucidaMente, anno VI, n. 68, agosto 2011)