Bloccare l’affidamento ai servizi sociali dei bambini rom residenti negli insediamenti formali e informali di Roma. È questa la richiesta avanzata dall’Associazione 21 luglio, mediante una lettera inviata a Sveva Belviso, assessore alle Politiche Sociali del Campidoglio.
La posizione dell’assessore Belviso comincia a prendere forma lo scorso 9 febbraio, subito dopo la tragica scomparsa dei quattro fratellini rom in un insediamento abusivo in via Appia Nuova. «Simili comportamenti – si legge nella lettera dell’Associazione – hanno l’evidente scopo di intimidire le madri rom vittime degli sgomberi, potrebbero configurarsi come una palese violazione della legislazione nazionale e internazionale, poiché rivolte a un preciso gruppo etnico».
Sotto accusa l’articolo della legge a cui l’assessore Belviso ha fatto riferimento per giustificare la sottrazione dei minori rom alle loro famiglie. L’articolo è il 403 del Codice civile che contempla l’intervento dei servizi sociali nel caso in cui il minore risulti abbandonato moralmente o materialmente, nel caso in cui sia collocato in ambienti insalubri o pericolosi, nel caso in cui i genitori siano, per negligenze o ignoranza, incapaci di educarlo. La legge deve essere applicata in una situazione di urgenza assoluta, prevede il collocamento del minore, sottratto alla famiglia, “in luogo sicuro”.
«L’articolo 403 – afferma l’Associazione – è da molti giudicato una norma antistorica che prevede un intervento autoritativo dei servizi sociali. Oggi, infatti, la norma a cui si dovrebbe fare riferimento, è l’evoluta legge sull’adozione che all’articolo 1 stabilisce che «il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia», mentre all’articolo 2 specifica: «Le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia».
L’articolo 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sancisce il diritto di ogni minore, al rispetto della vita privata senza ingerenza dell’autorità pubblica, «a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del Paese (…)».
Nel rispetto della legge, l’Associazione 21 luglio chiede all’assessore Sveva Belviso di «desistere dal continuare a utilizzare l’articolo 403 del Codice civile come strumento di intimidazione nei confronti delle madri rom vittime degli sgomberi. A queste ultime, e ai loro mariti, andrebbe piuttosto garantita una soluzione alternativa adeguata e dignitosa, evitando l’inutile divisione del nucleo familiare, al fine di salvaguardare il diritto di ogni minore a «intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori», come sancito dall’articolo 24, comma 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea».
(f.f.)