Amneris Di Cesare, in libreria con il romanzo “Mira dritto al cuore” pubblicato da Runa Editrice, racconta a “LucidaMente” la sua sfida di autrice: dimostrare che sentimento e buon gusto possono coesistere, anche in narrativa
Mettere al centro di un libro i sentimenti, senza scadere nel banale, è difficile, soprattutto in tempi inflazionati di presunto amore come i nostri. Amneris Di Cesare, bolognese d’adozione nata in Brasile, raccoglie la sfida nel suo ultimo romanzo Mira dritto al cuore (Runa Editrice, pp. 352, € 15,00).
Dopo le esperienze narrative di Nient’altro che amare (Cento Autori, pp. 120, € 11,00) e Sirena all’orizzonte (Domino Edizioni, pp. 120, € 12,00), premiate dalla critica e ben accolte dai lettori, l’autrice si è impegnata su diversi fronti, scegliendo sempre di coniugare scrittura e scopi benefici: saggi, novelle, racconti, collaborazioni con riviste letterarie e laboratori per talenti esordienti, interventi su antologie per l’infanzia. Nonostante i tanti interessi, ha oggi deciso di tornare alle origini, alla cosiddetta narrativa “rosa”. In quest’intervista cerchiamo di conoscerla meglio e di capire i motivi della sua preferenza.
Benvenuta, Amneris. Può farci una breve presentazione di lei e del suo mestiere di scrittrice?«Certamente! Per quanto mi riguarda, mi definirei innanzitutto una madre e una moglie. Ho lasciato il lavoro vent’anni fa per dedicarmi alla famiglia ed è una scelta di cui vado fiera. Da quando i miei figli sono cresciuti, ho rispolverato l’antico progetto di comporre testi. Da dieci anni lavoro intensamente, leggendo e aggiornandomi affinché questo sogno si realizzi. Scrivo perché è quello che ho sempre desiderato fare e soprattutto perché non riesco a smettere: per me è importante e naturale quasi quanto mangiare o bere».
Quando e dove è nata l’idea del suo ultimo libro, Mira dritto al cuore?«Da tempo cullavo l’idea di elaborare un romanzo sentimentale vero e proprio. Dopo Nient’altro che amare (2012, ndr) e Sirena all’orizzonte (2013, ndr), in cui si parla molto di emozioni, volevo cimentarmi in qualcosa di più classico in termini di letteratura “rosa”. Un giorno, al mare, presso il capanno dove ho scritto quasi tutti i miei libri, un’amica mi portò una ventina di opere di Danielle Steel, famosa autrice americana di bestseller “rosa”. Li ho letti uno per uno e ho deciso di sperimentarmi in qualcosa dello stesso genere. Pian piano, il racconto che avevo iniziato è diventato un romanzo: la storia di Sarah, Thomas e Rudy».
Questi tre protagonisti sono ispirati a persone reali?«A tale proposito, il narratore americano William Somerset Maugham in Come scrivo i racconti è illuminante. Egli confessa di appuntare su un quaderno il ritratto di gente interessante incontrata durante i suoi viaggi, in modo da creare dei veri e propri “campionari” di individui e avvenimenti singolari da rielaborare poi nelle sue storie. Leggendolo ho scoperto che è proprio ciò che faccio io. Anche Stephen King, in On Writing, racconta come i suoi personaggi siano spesso ispirati a persone reali, trasformate però nella caratterizzazione psicologica e nella descrizione fisica. Sì, in realtà Thomas e Rudy li ho conosciuti per davvero, ma li ho cambiati molto».
Quali sono le principali novità rispetto ai suoi libri precedenti?«Ciò che più mi terrorizza è essere sempre uguale a me stessa. Anche se nelle tematiche privilegio i sentimenti, decido di modificare le ambientazioni, i soggetti, gli intrecci. Zannuta (protagonista di Nient’altro che amare) vive in un paesino del Sud e la sua storia si articola tra gli anni Sessanta e Novanta. È una donna vivace e sincera, che soffre per tanti uomini, affermando con orgoglio: “Io sono una che ama, che non sa fare nient’altro che questo: amare”. Sirena all’orizzonte, invece, si svolge nell’agosto del 1984 ed è la cronaca di cinque modi di provare affetto dal punto di vista maschile, poiché le donne sono sfuggenti e vaghe, come appunto le Sirene. La domanda più potente che Marco rivolge in continuazione agli amici è: “Come si sta, quando si è innamorati per davvero?”. In Mira dritto al cuore, invece, Sarah, affascinata dal suo migliore amico Thomas, è incapace di ammetterlo per paura di perdere il loro rapporto».
Lei crede che l’amicizia tra uomo e donna sia possibile?«Sì, assolutamente, anche se è molto difficile portarla avanti. Io ne ho parecchie dimostrazioni in famiglia, ma ci vogliono intelligenza e buon senso, sia da parte dei protagonisti di questa amicizia, sia da parte dei loro compagni».
Parliamo del genere “rosa” in letteratura: esistono dei pregiudizi?«Sì, tantissimi. Quando si parla di “rosa” di solito si intende harmony, parola inglese che indica una collana di libri anglo-americani di grande successo, caratterizzata da uno stile un po’ stereotipato. Le storie, infatti, scorrono su binari precostituiti: lui ricco e bellissimo, lei povera ed emarginata. Si incontrano, si innamorano, il cattivo fa di tutto per separarli, soffrono l’uno lontano dall’altra, ma alla fine si ritrovano e si sposano. Non posso dare torto a chi critica questo tipo di racconto. Tuttavia, credo in un “rosa” d’autore che possa trattare argomenti come la sofferenza del sentire non corrisposto, la violenza fisica e domestica, l’isolamento, la seduzione intelligente e anche l’omofobia; insomma, un “rosa”inteso come “sentimentale”. È quello che mi propongo di fare, sulla scia di Maria Venturi, Sveva Casati Modignani e, anche se forse non ama essere inquadrata in tale categoria, Margaret Mazzantini».
La storia di Sarah inizia in piena estate in un villaggio vacanze della Sicilia. Come mai questa scelta?«È buffo. Nelle grandi strutture turistiche nascono ogni minuto nuovi amori, ma finora non mi è mai capitato di leggere un romanzo che vi si svolgesse: alberghi lussuosi, resort selvaggi, paradisi tropicali, ma mai un normale villaggio. Ho pensato che sarebbe stato divertente, invece, ambientare almeno l’inizio della vicenda proprio lì».
Il carattere di Sarah è comune fra le donne di oggi?«Ad alcune lettrici la mia protagonista è sembrata troppo passiva nelle storie sentimentali, in balìa degli uomini e dei loro umori. Il fatto è che le eroine dei miei romanzi subiscono l’amore, così come nella realtà esistono anche donne che non prendono l’iniziativa, ma aspettano che il principe azzurro bussi alla porta. E magari scambiano un lupo per un principe e patiscono in silenzio le conseguenze di una scelta sbagliata».
Quali sono i suoi progetti futuri?«Ho appena terminato un romanzo che mi ha fatto molto soffrire: a un certo punto è comparso un personaggio strano, inquietante e bellissimo, che però nella trama non aveva respiro né sviluppo. Ne sta venendo fuori un libro a sé, una sorta di ritorno alle origini, poiché tale figura forte e misteriosa ha vissuto in Aspromonte, un luogo a cui sono molto legata. Mi sto documentando su questo posto meraviglioso e dimenticato della “nostra” Calabria e ora è il progetto che più mi appassiona».
Le immagini: le copertine dei romanzi di Amneris Di Cesare, Mira dritto al cuore e Nient’altro che amare, e la scrittrice simbolo del genere “rosa” italiano Sveva Casati Modignani.
Antonella Colella
(LucidaMente, anno IX, n. 106, ottobre 2014)