Nato dall’idea di due surfisti australiani, il bidone mangiaplastica contribuirà ad arginare la piaga dell’inquinamento degli oceani
«Se possiamo avere i bidoni per la spazzatura sulla terraferma, possiamo averli anche nel mare»: questo è lo spunto da cui sono partiti gli australiani Pete Ceglinski e Andrew Turton per creare Seabin V5, il cestino galleggiante che è in grado di risucchiare dagli oceani circa 500 chili di microplastiche all’anno, ma anche rifiuti comuni, come mozziconi di sigaretta e bottiglie.
Già sperimentati in alcuni Paesi europei e negli Stati Uniti, alcuni esemplari sono stati recentemente installati anche nei porti italiani, grazie al progetto LifeGate PlasticLess. Il seabin è realizzato in polietilene riciclato e la rete raccogli-rifiuti è in fibra naturale. Attraverso una pompa ad acqua a elettricità, e grazie all’azione spontanea di vento e maree, i detriti vengono convogliati nel cestino attraccato a un pontile, per 24 ore al giorno, fino al totale riempimento. Le caratteristiche del seabin lo rendono particolarmente adatto al collocamento nei porti, le principali aree di accumulo dei rifiuti dispersi in mare. Il Seabin project in realtà fa parte di un approccio più ampio al dramma ambientale dell’inquinamento degli oceani, che comprende politiche educative per la sensibilizzazione dei più piccoli, ma anche un progetto di economia circolare che mira al riutilizzo industriale della plastica raccolta dal mare.
Inoltre, gli sviluppatori del seabin stanno lavorando a un ulteriore filtro che permetterà di risucchiare anche le microfibre (vedi anche Una larva mangiaplastica per salvare l’ambiente. In base alle stime correnti, gli oceani contengono oltre 165 milioni di tonnellate di plastica. Per dirlo con un’immagine evocativa, ogni minuto finisce in mare l’equivalente di un camion pieno (leggi anche Acqua, meno bottiglie di plastica). Di questo passo, avvertono gli studiosi, per il 2050 in mare ci sarà più plastica che pesci. Secondo l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), nel Mediterraneo finiscono circa 90 tonnellate di plastica al giorno, che non si deteriorano mai completamente, ma si decompongono in piccoli frammenti. E questi vengono poi ingeriti dal 20% delle specie marine che finiscono sulle nostre tavole. Il progetto LifeGate PlasticLess ha attivato una decina di seabin in alcuni porti italiani, a Varazze, Cattolica, Venezia, Roccella Ionica, Santa Margherita ligure, Fano, San Benedetto del Tronto e nell’area marina protetta di Portofino (vedi anche Mappe inquinamento oceani e acqua costiere).
L’immagine: un seabin in azione (fonte: hdblog.it).
Sara Spimpolo
(LucidaMente, anno XIII, n. 154, ottobre 2018)