Intervento di Flavio Romani, presidente nazionale Arcigay: “Modificare il ddl Scalfarotto”
«Seguiamo con rabbia il dibattito suscitato dalla grave vicenda dell’insegnante precaria di Trento, il cui contratto presso una scuola cattolica paritaria non è stato rinnovato in seguito al diffondersi di voci sulla sua presunta omosessualità. E con altrettanta rabbia leggiamo la tardiva indignazione di alcuni politici rispetto a questo episodio».
Flavio Romani, presidente nazionale di Arcigay, torna sulla vicenda della docente discriminata sul luogo di lavoro: «La possibilità che istituti religiosi assumano condotte discriminatorie nei confronti di gay, lesbiche e trans in nome di una sinistra coerenza con il loro apparato valoriale o ancor peggio di una reinterpretazione del principio costituzionale della “libertà di opinione” è il cuore del famigerato subemendamento Verini-Gitti al ddl Scalfarotto col quale è stato ribaltato il senso del testo di legge contro l’omotransfobia, licenziato dalla Camera e a giorni in discussione al Senato. Il subemendamento, tra l’altro, non si sofferma affatto sulla possibilità che le istituzioni interessate da quel salvacondotto possano ricevere finanziamenti pubblici, aspetto che oggi solleva voci indignate ma che in nessun modo è stato preso in analisi nel mettere mano alla legge Mancino».
«Già quando la norma faceva il suo iter a Montecitorio» prosegue il leader di Arcigay «abbiamo tentato in ogni modo di sottolineare il sabotaggio che quel cavillo introduceva all’impianto complessivo della norma, mettendo al sicuro chi discrimina anziché sanzionarlo. Se quel testo fosse già legge al caso dell’insegnante di Trento sarebbe possibile riconoscere l’aggravante dell’omotransfobia? O sarebbero piuttosto le leggi sulle discriminazioni già in vigore a fornire all’insegnante qualche tutela? Ma, soprattutto: com’è possibile additare la discriminazione se rispetto a essa è lo stesso legislatore a partorire distinguo ambigui e definizioni fallaci?»
«Leggiamo con favore il tempestivo impegno della ministra Giannini sulla vicenda e attendiamo vigili l’esito dei suoi approfondimenti, tuttavia» dice ancora Romani «occorre produrre risposte sistematiche e prendersi la responsabilità delle ricadute culturali che hanno le leggi, specie le cattive leggi. Allora, mentre si interviene sul caso della scuola trentina, al Senato, impegnato nei prossimi giorni nell’esame nel testo sull’omotransfobia licenziato dalla Camera, spetta il compito di ripulire quella legge dalle ambiguità che la rendono uno strumento a sostegno dei carnefici anziché a tutela delle vittime, eliminando ciò che la Camera improvvidamente emendò e esprimendo così una condanna inequivocabile nei confronti di ogni atto di discriminazione e d’odio, con la conseguente esclusione di chi se ne rende autore da qualsiasi forma di sostegno pubblico».
(n.m.)
(LucidaMente, anno IX, n. 103, luglio 2014)