Nel cinema dei grandi numeri, degli incassi da record, della mega produzioni statunitensi, dei divi, degli effetti speciali, è sempre più difficile per i “piccoli” film europei trovare spazi appropriati per essere conosciuti. Spesso, infatti, le opere a basso budget vengono schiacciate dai più redditizi lungometraggi di carattere puramente “commerciale”, e così molti film interessanti spariscono nel giro di una settimana dalle sale, per rispuntare (con un po’ di fortuna…), dopo qualche anno, in dvd o in televisione, rigorosamente in orari impossibili (dalle due di notte in poi, per intenderci).
Tra il 2004 e il 2005, per esempio, sono uscite in Italia alcune opere, che non hanno avuto un grosso riscontro presso il grande pubblico, ma che noi riteniamo, invece, degne di nota, e dunque le segnaliamo, qui di seguito, attraverso tre schede, invitando il lettore di LucidaMente a procurarsele in qualche videonoleggio e godersele sulla poltrona di casa.
Il “maleducato” Pedro Almodovar – Un regista, Enrique Goded, in cerca di ispirazione per il soggetto del suo prossimo film, riceve la visita di Ignacio Rodriguez, un vecchio compagno di scuola, che gli consegna una sua sceneggiatura ispirata alla loro infanzia, trascorsa negli anni Sessanta in un collegio religioso della Spagna ancora franchista. Si apre così La mala educaciòn (Spagna, 2004), ennesima provocazione cinematografica di Pedro Almodovar. Il film, vagamente autobiografico, ripropone tutte le ossessioni cinematografiche del maestro spagnolo: le vecchie icone del cinema, l’omosessualità, la retriva educazione cattolica, i complicati rapporti interpersonali, l’amore e la morte. Ovviamente, anche in questo suo lavoro, le situazioni e i personaggi vengono contestualizzati nel particolare universo almodovariano, che trasfigura la realtà, trasformandola in puro “cinema nel cinema”. La mala educaciòn, in effetti, così come i precedenti Tutto su mia madre (1999) e Parla con lei (2002), è un film costruito su un doppio piano narrativo, che disgrega ogni verità, per poi ricomporla. La storia di Enrique e Ignacio si intreccia, infatti, con i ricordi dell’infanzia, ma anche con la realizzazione del film che quei ricordi dovrà rappresentare. Ritornano prepotenti i fantasmi del passato, la rabbia e il rancore per gli abusi subiti – e per la “cattiva educazione” ricevuta – in collegio orientano le azioni dei personaggi che, in una spirale di sangue e vendetta, sono costretti a rivivere il loro passato e a chiuderlo drammaticamente. Almodovar realizza un noir nel quale violenza, intrighi, inganni e mistificazioni si insinuano in maniera sottile nel racconto, provocando una diffusa tensione narrativa che accompagna l’intera vicenda. Come è consueto nei suoi film, non manca, da parte dell’autore, una sincera empatia verso tutti i suoi personaggi, che egli accompagna sino alla soglia estrema del loro destino.
Favole e passioni – Jean-Pierre Jeunet, regista dell’acclamato Il favoloso mondo di Amélie (Francia-Germania, 2001), è ritornato a lavorare con la sua attrice-simbolo, Audrey Tautou, in una nuova storia che racconta l’amore con delicata ingenuità. Ambientato nella Francia del 1919, Una lunga domenica di passioni (Francia-Usa, 2004) è un film che, in chiave “favolistica”, riporta alle atmosfere della Grande guerra. Mathilde, una giovane orfana resa zoppa dalla poliomelite, non ha più notizie del suo fidanzato Manech, partito da due anni per il fronte e dato ormai per disperso. La ragazza, malgrado un sergente le abbia confermato la morte, a seguito di una condanna della corte marziale, di Manech, insieme a quella di altri commilitoni, è convinta che lui sia ancora vivo. Decide così di iniziare una tenace ricerca per scoprire le sorti del fidanzato e degli altri compagni di battaglia. Con caparbietà e delicata “follia”, tra profezie molto “personali” e personaggi in bilico tra il dramma e la commedia, che la aiuteranno, la giovane Mathilde intraprende il “suo” viaggio tra le pieghe dolorose della guerra, alla ricerca di una (ancora) possibile opportunità di felicità. Jeunet mescola, con originalità, il melodramma con il genere bellico, la commedia ironica e i toni della favola, creando un’opera che offre molte chiavi di lettura. E’ certamente evidente, per esempio, il forte messaggio contro la guerra che traspare da scene che, alla stregua di quelle di Salvate il soldato Ryan (1998) di Steven Spielberg, mostrano con crudo realismo l’insensatezza e la brutalità di un conflitto bellico. E, poi, quasi a far da contraltare a tanta barbarie, il mondo “bucolico” di Mathilde e la sua casa nelle campagne francesi, così come la Parigi magica e irreale dei piccoli bar, riconducono il film ad un alone di romanticismo dal gusto antico. La sceneggiatura, tratta dal romanzo omonimo di Sebastien Japrisot, tratteggia inoltre una serie di “favolosi” personaggi “di contorno” – prostitute dai nobili sentimenti, preti ostili, avvocati dal cuore d’oro, giovani e fiere vedove – che arricchiscono la trama. L’opera segue un originale percorso narrativo nel quale la speranza e l’amore, che sostengono la ricerca di Mathilde, sono i cardini sui quali poggia questa storia edificante di grandi sentimenti.
Le complicazioni del cuore – Sabrina Paravicini è un volto molto noto al pubblico televisivo, meno a quello cinematografico. Attrice in alcuni film “belli e sfortunati” (Facciamo Paradiso, del 1995, di Mario Monicelli, Stefano Quantestorie, del 1993, di Maurizio Nichetti), si è fatta conoscere grazie ad una fiction di successo (Un medico in famiglia). La Paravicini ha anche lavorato come inviata (per il programma Fuego) ed è autrice di due romanzi (Figli dell’albergo e Capo Danno). Artista poliedrica e appassionata, dopo aver diretto diversi cortometraggi (Maschi e femmine nel 1999, Fuori campo nel 2000, Sottopelle nel 2003), ha debuttato come regista, sceneggiatrice, produttrice e interprete del film Comunque mia (2004). Girato interamente a low budget (poche settimane di riprese, con una troupe di sole quattordici persone), l’opera è costruita su un tragico triangolo sentimentale che coinvolge due fratelli e la fidanzata di uno di loro. Sandra, trentenne traduttrice, sensibile e problematica, è prossima alle nozze con Marco, medico scrupoloso e razionale. Dopo una partita di basket, viene coinvolta in un incidente d’auto insieme ad Alex , il diciannovenne fratello di Marco. Lei rimane illesa, mentre al ragazzo viene amputata una gamba. Il dramma di Alex spinge Sandra a trasferirsi a casa dei due fratelli (abbandonati dal padre e già colpiti dalla precoce morte della madre) per potersi occupare del ragazzo. La vicinanza tra i due, la scoperta delle molte affinità che li legano, li conducono inevitabilmente ad innamorarsi l’uno dell’altra. Il film, partendo da un intreccio semplice quanto abusato (il triangolo amoroso), approfondisce la storia grazie ad una serie di “trame parallele” che danno spessore ai personaggi e alle loro vicende. I protagonisti, infatti, in modi diversi, vivono confusamente la propria vita, poiché un passato drammatico li ha segnati. Le loro storie passate inserite nella loro “storia” attuale assumono una valenza di catarsi emotiva che li porta a compiere delle scelte destabilizzanti, per ritrovare se stessi e la propria identità. Ricco di contenuti, il film si avvale di attori bravi e sensibili e di una sceneggiatura che si affida a diversi spunti di riflessione attraverso battute (“Se un giorno cercherai di scappare, non importa dove e da cosa, spero che mi sceglierai come meta o rifugio”) che illuminano di poesia un debutto cinematografico certamente indimenticabile.
L’immagine: locandina di Comunque mia.
Angela Luisa Garofalo
(LucidaMente, anno I, n. 3, aprile 2006)