Com’è possibile pagare 700 euro per un paio di scarpe? Quali meccanismi alimentano la domanda di capi di marca? Come funziona il mercato della moda?
Felpe, magliette, tute, scarpe da ginnastica: il repertorio al quale attinge il vestiario giovanile potrebbe essere quello di Decathlon… se non fosse che i pezzi di tendenza arrivano a costare anche cento volte tanto quelli della nota catena francese di articoli sportivi. Una t-shirt in cotone di Off White, brand di grido fra gli appassionati di streetwear, può arrivare anche a 200 euro. Alcuni modelli di Adidas, frutto di collaborazioni con rapper famosi come l’americano Kanye West, si aggirano sugli 800 euro. Anche un semplice paio di calzini di spugna, se reca il logo di Gucci, vale 100 euro.
Per quanto questi prezzi siano spropositati, ai più non susciteranno stupore: abituati agli eccessi di vip, cantanti o facoltosi imprenditori, avranno già sentito cifre simili (e anche più alte) spese in guardaroba. Infatti la novità è un’altra: a vestirsi con capi da migliaia di euro non è un famoso attore, ma un adolescente non necessariamente ricco o benestante, che prende parte con tantissimi altri a una “corsa all’ultima uscita”. Fioccano i video in cui i ragazzi mostrano i loro costosissimi abiti, gareggiando a chi ha speso di più (Quanto costa il tuo outfit: 4.000 € a 12 anni, servizio de Le Iene). Centinaia di patiti si prestano a far vedere ciò che indossano, dal cappello al Rolex. L’età oscilla fra i 13 e i 20 anni (ma vi sono anche dei piccolissimi, appena undicenni), la maggior parte di loro va ancora a scuola, dunque felpe da 1000 euro e altri beni simili sono regali richiesti ai genitori. Molti investono in un paio di sneakers i risparmi di mesi e mesi.
Per accaparrarsi le nuove Nike, le Jordan o qualsiasi altra scarpa da basket, si formano file di fronte ai negozi anche due giorni prima del lancio sul mercato. I giovani e giovanissimi acquirenti trascorrono la notte al freddo, come se le calzature venissero regalate (Follia per un paio di scarpe: in fila per tutta la notte al gelo per comprare le nuove Nike, Today). In America, in occasione del rilascio di pezzi particolarmente ambiti, scoppiano addirittura violente risse al di fuori dei punti vendita. Perché?
Innanzitutto lo stile “simil-ghetto” ha sfondato come fenomeno culturale e sociale. I rappers di tutto il mondo lanciano le proprie linee di prodotti in collaborazione con i brand, facendo letteralmente impazzire i propri fan, disposti a spendere l’impossibile per avere un indumento con la loro firma. Attorno ad alcuni marchi si crea un vero e proprio culto; è come se, vestendosi Supreme o Gcds, si volesse urlare al mondo “io sono così!”. È quindi una forma di definizione del proprio carattere, che serve a identificarsi in un gruppo, quello dei giovani sicuri di sé, che vestono in tuta anche per andare a ballare, ma lo fanno restando al passo coi tempi e guardando alle ultime tendenze. Le case di moda, dal canto loro, traggono pieno vantaggio dalla folle eccitazione che si crea attorno a ogni nuova uscita e si guardano bene dall’ostacolarla. Anzi: la provocano.
Le file ai negozi e i prezzi stratosferici derivano infatti da un semplice concetto: la domanda supera di gran lunga l’offerta. In altre parole: se vi sono centomila persone che desiderano un paio di scarpe e sul mercato ne vengono immesse solamente cento, queste divengono introvabili e rimane scontenta una discreta fetta di compratori, parte della quale sarebbe disposta a spendere per avere le sneakers ben più del loro prezzo di uscita.
Succede così che il valore della scarpa lieviti a dismisura: se, per esempio, al lancio costava 130 euro, può arrivare a tre o quattromila euro (e vi sono casi al limite del paranormale, nei quali un paio di Jordan è arrivato a costare 125.000 euro). Molta della gente che sgomita per acquistare lo fa con l’intenzione di rivendere dopo qualche giorno a cinque, sei volte tanto. È opportuno dunque parlare dello streetwear come di un mercato che può fruttare ingenti guadagni. Alcuni reseller (nonché i rivenditori) dispongono di contatti con i negozianti, mandano persone a fare la fila per loro oppure pagano per saltare la coda e comperare prima degli altri. Insomma: quello del resell ha tutta l’aria di essere un lavoro, per ora privo di regolamentazioni e ben remunerativo. Se una volta si rincorreva il sarto per farsi confezionare un completo su misura, adesso si cercano gli esperti del “vestire di strada”. Dalle periferie, lo streetwear si è spostato in pieno centro, a competere con gli abiti di Armani.
Per coloro che volessero approfondire le contraddizioni dello streetwear, segnaliamo che del fenomeno hanno parlato Le Iene (Il diavolo veste Supreme) e Nemo (Le scarpe che fanno impazzire i ragazzi).
Le immagini: uno stralcio del format di YouTube Quanto costa il tuo outfit?; dal profilo Instagram di Federico Barengo (raffigurato in foto), youtuber e guru dello streetstyle in Italia; un paio di Air Jordan, fra le scarpe più ambite e costose.
Alessia Ruggieri
(LucidaMente, anno XIV, n. 157, gennaio 2019)