La notte è un albero di voci
di polvere raccolta sulle labbra
di luci riflettendosi sul prato.
Associo le mie idee con dei nomi
che vissero tra pagine raschiate
dal tratto degli sguardi sottovuoto.
La notte è un albero di gridi
piantato sul cemento
di umidi sbadigli.
(Considerazione dalla prospettiva stabile di una panchina)
Andrea Perciaccante
Ventottenne cosentino, l’autore vive a Granada, in una Spagna che lo accoglie ormai come una seconda patria. Il soggiorno, cominciato per motivi di studio, continua felicemente nel segno dell’impegno culturale, che vede l’autore attivo in differenti ambiti artistici. La poesia, con il teatro e il giornalismo di approfondimento, con la ricerca e la fotografia, rappresenta solo una delle possibilità che si presentano alla luce di un’intelligenza viva e sensibile come quella di Perciaccante.
IL COMMENTO CRITICO
Un titolo che ha del provocatorio: Considerazione dalla prospettiva stabile di una panchina è un’espressione polemica che allude, sin dall’inizio, all’altra metà del concetto, la complementare “prospettiva instabile”.
Procedendo tra novenari e endecasillabi, per concludersi nell’esito del settenario, si dispiega e si rivela l’orientamento dell’idea che il poeta intende esprimere, convocando all’appello della parola poetica gli effetti sinestetici e imaginifici degli accostamenti naturali.
Ecco, allora, luci e polvere, voci, gridi e cemento di sbadigli. Su tutto, come un manto, la notte.
Un notturno – Certo, per aver aspirato all’olimpo della tradizione, come denuncia la scelta delle misure metriche, l’autore avrebbe potuto forse cercare riferimenti importanti nella storia del notturno poetico, ma il suo intento muove verso un’altra direzione. Il fuoco del suo obiettivo coglie nitidamente, più che la citazione colta, la relazione tra colui che raschia le pagine a colpi di “sguardi sottovuoto” e il libro al quale l’immagine, guarda caso posta nella terzina centrale del componimento, rimanda direttamente.
La danza del pensiero – Nell’esordio e nel commiato il contrasto tra le sonorità dei forte e dei piano. Il silenzio che si oppone all'”albero di voci” e all'”albero di gridi” – entrambi metafore della notte – ricorda che la stasi, con la calma fissità delle sue certezze, favorisce la danza del pensiero, nonostante l’ostacolo materiale del sonno, minaccia di cemento che incombe inesorabile sui limiti della condizione umana.
Antonietta De Luca
(LucidaMente, anno I, n. 4, maggio 2006)