“Maremuto blues” (Giovane Holden Edizioni) di Luigi Pagano

Così alla fìne decise: sarebbe andata via da quel posto. Molto prima di quando si pensasse».
(Luigi Pagano, Prologo, in Maremuto blues, Giovane Holden Edizioni, p. 9)
Questo il fascinoso incipit di un romanzo che narra, con linguaggio lineare e sognante, le storie intrecciate di alcune anime infelici che, per varie ragioni, non hanno vissuto pienamente la propria vita. Stiamo parlando di Maremuto blues (Giovane Holden Edizioni, pp. 82, € 12,00) di Luigi Pagano, vincitore della terza edizione del Premio letterario Giovane Holden.
Maremuto è «un immenso, enorme lago, una tavola immobile d’acqua bigia», in un luogo fuori dal tempo, dove «il cielo è un eterno crepuscolo». Alla locanda di Houen, a Maremuto, arriva chi ha subito una perdita troppo grande, chi si è abbandonato alla rabbia e alla violenza, chi ha perso l’appuntamento con l’amore: insieme, in una dimensione surreale, i protagonisti ritrovano la speranza.
Qualcuno di loro potrebbe stare a proprio agio in un romanzo di Kerouac; ad esempio Hector, che «regala canzoni alle ragazze che vuole conquistare. Canzoni d’altri, regala. Non sa nulla di scale, modi e note, ma ne percepisce il feeling che esse trasmettono». E gli stilemi, l’ambientazione e l’atmosfera possono invece richiamare alla memoria Oceano mare di Baricco. Ma non per questo il romanzo perde di originalità, anzi l’autore riesce in meno di cento pagine a coinvolgere il lettore in un mosaico affascinante che lentamente si ricompone, fino al poetico finale.
Nel romanzo la musica è palpabile, emerge attraverso le parole, è un blues struggente interrotto da assoli rock che sembra accompagnare in sottofondo la lettura, gli spazi anche fisici tra i paragrafi sono come lunghi silenzi, in questo libro che è anche da ascoltare.
L’immagine: la copertina di Maremuto blues.
Viviana Viviani
(LucidaMente, anno VI, n. 69, settembre 2011)