Dalla pretesa familiarità all’insulto il passo è breve: a dirlo è lo scrittore e semiologo piemontese, che nel suo ultimo intervento analizza la scomparsa delle forme di cortesia
L’invadenza del Tu, tanto nella vita quotidiana quanto nei contesti più formali come l’ambiente universitario o il luogo di lavoro, è il tema al centro della lectio magistralis che Umberto Eco avrebbe dovuto tenere lo scorso settembre al Festival della Comunicazione di Camogli. Avrebbe, dal momento che la conferenza è stata annullata per il maltempo, un impedimento che il noto semiologo avrà forse interpretato come segno che l’intervento “non s’aveva da fare”.
In effetti, siamo tanto abituati a dare o a ricevere il Tu che opporsi a questa tendenza parrebbe una battaglia contro i mulini a vento. Eppure avevamo bisogno di un testo e di una riflessione come Tu, Lei, la memoria e l’insulto che ci spiegasse perché l’uso continuo e indistinto delle stesse forme comunicative sia un impoverimento e una rinuncia non solo per la storia dell’italiano, ma anche per la qualità e la “sostanza” delle relazioni che invece potremmo allacciare con gli altri. Il dato particolarmente preoccupante non si limita alla scomparsa del Voi, del Loro o del remoto Ella, dal momento che la lingua cambia inesorabilmente al pari di ogni altro strumento umano. L’aspetto più grave sta nell’incapacità di riconoscere e distinguere i contesti comunicativi, la familiarità dall’autorevolezza, la confidenza dall’ufficialità. Questo vero e proprio disagio del nostro italiano si manifesta ogni giorno, all’ingresso in un negozio o a scuola, dove si inizia a rilevare la difficoltà di insegnare a differenziare il Lei rivolto al docente dal Tu fra compagni.
Che sia solo una questione di buone maniere? Secondo lo studioso, decisamente no: «il problema del Tu generalizzato non ha a che fare con la grammatica ma con la perdita generazionale di ogni memoria storica e i due problemi sono strettamente legati». La storia dei nostri pronomi di cortesia, ricorda Eco, è molto complessa: a Roma si usava solo il Tu, ma dall’epoca imperiale fino a tutto il Medioevo si affermò il Vos, mentre il Lei si diffuse soltanto nel Rinascimento nell’uso cancelleresco e sotto l’influenza spagnola. Ma con “memoria” si intende qualcosa di più importante della grammatica: una conoscenza generale e responsabile del nostro passato, grazie alla quale essere consapevoli che trattare alla pari era in alcuni casi un lusso e in altri una conquista, un segno di affetto e intimità.
Il Tu immotivato può quindi trasformarsi più o meno involontariamente in uno strumento di prevaricazione, in un segno di finta vicinanza e di ridimensionamento della posizione dell’altro. Altre volte ancora esso è spia disubalternità culturale: soprattutto gli stranieri sono privati di un piccolo ma importante mezzo di difesa grazie al quale potrebbero guadagnare maggiore rispetto. «Nessuno si prende cura degli extracomunitari appena arrivati – denuncia Eco – per insegnare loro a usare correttamente il Tu e il Lei, anche se, usando indistintamente il Tu, essi si qualificano subito come linguisticamente e culturalmente limitati, impongono a noi di trattarli egualmente con il Tu (difficile dire Ella a un nero che tenta di venderti un parapioggia) evocando il ricordo del terribile “zi badrone”. Ecco come pertanto i pronomi d’allocuzione hanno a che fare con l’apprendimento e la memoria culturale». È questo un esempio concreto del potere del linguaggio, dell’importanza di conoscerlo e usarlo bene per emanciparsi e non farne solo questione di bon ton.
Come si spiegano allora quei casi in cui il destinatario del Lei si schermisce e, imbarazzato, chiede di poter essere apostrofato con il più disinvolto Tu? Eco non ne parla apertamente ma lascia intuire come lo spettro della vecchiaia e l’orrore di cui la società dei media l’ha ammantata svolgano un ruolo importante nel renderci colpevoli di un tanto colossale autoinganno. Se sono gli adulti, gli over cinquanta, a rivendicare di essere trattati come i propri nipoti, toccherà ai giovani crearsi un nuovo linguaggio, in cui il “nuovo” è proprio il passato che ritorna, recuperando la distanza e dunque la giusta prospettiva, la gentilezza e l’omaggio contenuti in un Lei ben impiegato.
Le immagini: una foto dello scrittore Umberto Eco e una tabella dei pronomi di cortesia.
Antonella Colella
(LucidaMente, anno X, n. 118, ottobre 2015)
“Delle sciocchezze e delle inutilità”
Cosi avrebbe dovuto intitolare il suo libro il Prof. Eco.
Rispetto, svilimento dei ruoli, anziani contro nipoti; di che parla questo supposto esperto di linguistica?
I problemi nascono dall’uso abusato del lei, del voi; per questo crea distanza tra le persone, determinando enormi difficoltà delle persone ad entrare in empatia.
Il tu è uguaglianza, è non mettersi sopra o sotto l’altro. Il tu genera contatti paritari che facilitano i rapporti, le relazioni amichevoli, l’amicizia.
Il tu è condivisione degli eventi, il tu è facilitatore di pace.
Gentilissimo lettore, grazie per averci scritto ed esposto la sua opinione.
Però non le nascondo che condivido pienamente le tesi di Umberto Eco, ben riportate d Antonella Colella.
Francamente, a mio modestissimo parere, il “tu” rivolto a uno sconosciuto è solo cafonaggine e analfabetismo. Pardon.
Il direttore di “LucidaMente”
Siamo italiani e stranamente siamo molto formali inizialmente e poi molto amichevoli, per un anglosassone magari anche invadenti.
Invece gli anglosassoni, ed in base al loro modo di vedere, è stata creata internet (perché sviluppata da aziende US), le email e gran parte dell’economia mondiale, non hanno il lei ed il voi. Questo non vuol dire che magari inizialmente non siano meno formali. Ma oggi tutto il mondo, e soprattutto le nuove generazioni, utilizza nei nuovi media, la parte di “mentalità anglosassone” che è riuscita a comprendere. Il tu immediato a tutti, il finto essere amici di tutti ma spesso solo limitato ad internet poi se ci si conosce realmente, o semplicemente si passa la telefono, torna l’imbarazzo e il lei.
Quindi dividerei il problema in: internet – non internet e nuove generazioni internet – generazioni tradizionali non internet
Gentilissimo lettore,
grazie per averci scritto.
IL DIRETTORE
Sulle varie questioni sono quasi sempre d’accordo con l’amico Rino. Non in questa. Il mio pensiero viene espresso bene da Dott. Fabyn. Un saluto a tutti
Caro Lucilio, grazie comunque per avere espresso il tuo parere.
Il lei tra amanti: Un ossimoro in fallo
Buonasera a tutti,
dapprima il “lei” e dopo, se l’interlocutore lo consente, il “tu”.
Grazie e buone cose
Gentilissimo Antonio,
grazie a lei per aver commentato.