“Ombra bianca” (OtaBenga) di Cristiano Gentili ci proietta in Africa attraverso le parole di un volontario che parla della diversità in una terra afflitta da gravi problemi
C’era una volta un sole cocente, una terra antica ricca di frutti, acqua, legno e preziose miniere. L’“uomo bianco” vide che tutto ciò era appetibile, trovò le vene dorate, costruì le dighe, divelse le pesanti porte dello scrigno. L’“uomo nero”, per uno strano e amaro caso chiamato “colonialismo”, non poté partecipare alla ricchezza, come ci ricorda Miriam Makeba nella canzone A piece of ground: «Now this land is so rich, and it seems strange to me / that the black man whose labor has helped it to be / cannot enjoy the fruits that abound / is uprooted and kicked from his own piece of ground» («Ora questa terra è ricca, ma sembra così strano / che l’uomo nero il cui lavoro ha permesso questo / non possa godere dei frutti ottenuti / e venga estromesso dal suo pezzo di terra»).
“Madre Africa” parla con i ritmi e i colori dei riti, per voce dei missionari, dei medici e dei volontari che ci vivono e ne rattoppano le ferite come fosse uno pneumatico rotto, sotto la cui pelle scorre sangue, sfruttamento, superstizione e indifferenza. Il romanzo/testimonianza Ombra bianca (OtaBenga, pp. 320, € 10,00) di Cristiano Gentili, laureato in Scienze politiche all’Università di Siena con master europeo in Assistenza sanitaria e impegnato da anni nella cooperazione internazionale, è la voce misconosciuta degli albini d’Africa. Il suo volume è stato pubblicato da una casa editrice indipendente che prende il nome dall’uomo africano esibito allo zoo newyorkese del Bronx nel 1906 e stampa libri su carta amica delle foreste, non sbiancata con cloro, impiegando energia esclusivamente solare.
L’albinismo è una patologia congenita ereditaria, che si manifesta con la scarsa o totale mancanza di melanina nella pelle, nei capelli e/o negli occhi. Il suo insorgere non condiziona solamente il colore dell’epidermide, ma anche lo sviluppo dei nervi ottici, l’insorgenza di patologie come la cheratosi e la cheilite attinica e i tumori della cute. In alcuni casi più rari, come la sindrome di Chediak-Higashi e la sindrome di Hermansky-Pudlak, annovera le emorragie, le difficoltà respiratorie, digestive e immunitarie fra i propri sintomi. Nelle righe di Gentili l’albinismo diventa una macchia nera, una voce cruda e gentile, equilibrata, all’interno della quale gli aggettivi si affacciano alla pagina, si mischiano allo slang del villaggio, ai cenni di una civiltà che vede nel bianco di una bambina appena nata, con i lineamenti africani e la pelle candida, un male da combattere.
Ombra bianca narra le vicende atroci e straordinarie di una creatura luminosa, che «piangeva e si dimenava, impaurita dal primo freddo, la prima inconsapevole percezione di essere sola al mondo», destinata a morte certa per mano del destino: la bimba viene posta ancora in fasce davanti al bestiame e ne esce illesa, protetta dal caso e dall’amore. La sua vita è un alternarsi di sfortune annunciate e mai portate a termine, al crocevia di spregiudicatezza, assenza di diritti e crudeltà tribale. Il romanzo ci offre una prosa per la quale non si trovano aggettivi appropriati, che è il risultato di un viaggio dentro l’uomo. Lo scrittore si libera dalla maschera di colui che crea l’opera d’arte perché il critico se ne cibi: i suoi personaggi non hanno il vestito della festa, non sfilano davanti al lettore in parata, ma vivono naturalmente di un’estetica primitiva nelle terre assolate, nei villaggi di sterco e paglia, fra il sole e la pioggia «come un gigantesco smeraldo sorto dalle acque indaco del lago Vittoria».
Gentili, ispirandosi alle parole dello scrittore israeliano Amos Oz («Una storia più parla di un piccolo mondo, più è universale»), ci spiega, infine, cosa lo abbia convinto a raccontare un’incredibile realtà: «Scrivo degli africani con albinismo perché mi sono sempre interessato alle discriminazioni e loro, ai miei occhi, rappresentano gli ultimi tra gli ultimi. Ho scelto lo strumento del romanzo perché è con l’arte che si arriva alla pancia delle persone. Solo con l’immedesimazione nei personaggi di una storia si può comprendere cosa significhi essere un diverso».
Le immagini: la copertina di Ombra bianca; una foto dell’autore (fonte: http://it.paperblog.com).
Matteo Tuveri
(LucidaMente, anno VIII, n. 95, novembre 2013)
Mi reconocimiento y admiración a Gentili por poner los ojos con amor en quienes resaltan por su blancura en medio de una población negra. He estado en África varias veces y he visto la dolorosa discriminación especialmente hacia los niños albinos, niños señalados y rechazados.
Gracias por fijarse en los africanos albinos