I danni e gli atroci ricordi di una guerra possono perseguitare chi vi ha partecipato per tutta la vita. In Una terribile eredità (Alberto Perdisa Editore, pp. 128, € 12,00), Gordiano Lupi, uno dei maggiori conoscitori italiani di Cuba (nonché traduttore ufficiale di Yoani Sanchez, celebre blogger cubana critica nei confronti del governo castrista), racconta la vicenda di Alberto, un cubano che è stato mandato dal governo di Fidel Castro a combattere in Angola. Al suo ritorno in patria nulla sarà più come prima. La furia del Cannibale di Casablanca, come verrà soprannominato il protagonista, si alterna alla quotidianità cubana, fatta di sopravvivenza e povertà.
Combattere in una guerra di cui non si comprende il senso, stare lontano da casa per cinque anni, lasciare al proprio paese una donna amata e in stato di gravidanza. Difficile sopportare questi pesi. Tanto più che in Angola non c’era nulla che potesse incoraggiare i soldati cubani alla vita, se non “alcol e puttane. Le uniche cose che anestetizzano la vita e preservano dal dolore”. Giovani cubani, sono stati mandati in Africa per combattere a fianco del più o meno legittimo presidente angolano José Eduardo dos Santos contro le milizie guerrigliere avversarie; vivono ogni giorno con la morte che incombe su ciascuno di loro. Immagini atroci si presentano ai loro occhi: lanci continui di bombe, bambini e donne mutilati dalle mine, compagni uccisi dai ribelli e squartati dalle prostitute, di cui si diceva che erano cannibali. Quando il nemico riesce a bloccare il rifornimento di viveri, sono costretti anche a mangiare scadente cibo da campo. Ma alcuni non si accontentano e si danno alla caccia alle scimmie; secondo una credenza popolare, per mantenerne intatto il sapore, vanno scuoiate vive.
Una missione nel deserto angolano cambia la vita di Alberto, Agustin e José. Un segreto che nessuno avrebbe mai dovuto scoprire. Durante quell’incarico vengono attaccati dal nemico, che uccide i loro compagni e ruba tutti i viveri. Che cosa resta da fare? Morire di fame e sete oppure arrangiarsi in qualche modo. Sono state le carni dei loro compagni morti a tenerli in vita: «Un sapore dolciastro mi scende sul palato, mentre immagino di avere tra le mani un pezzo di prosciutto di maiale affumicato. Invece è una parte di coscia di uno dei miei compagni uccisi, arrostita alla fiamma del fuoco improvvisato lungo il cammino. Un giorno mi accade la cosa più terribile. Mi accorgo che quella carne mi comincia a piacere. Ha un gusto prelibato, migliore di pollo e maiale, più raffinata del manzo. Un giorno mi scopro a considerare che in vita mia non ho mai assaggiato una cosa più buona».
Al ritorno a Cuba tutto è cambiato. Alberto scopre che la sua compagna, Clara, è morta durante il parto e il figlio Raul, di cinque anni, è cresciuto con la nonna materna. Egli cerca di riprendere la sua vita di sempre: trova lavoro in una fabbrica di sigari e cerca di recuperare il tempo perduto con il figlio. Tuttavia i ricordi della guerra e della missione nel deserto affiorano quotidianamente: «Covavo dentro un malessere strano, una voglia insaziabile di qualcosa che non comprendevo. Un desiderio irrefrenabile che mi rodeva l’anima e mi tormentava il sonno».
È il sangue di Paco, un bambino ferito mentre giocava con suo figlio, che gli scatena una brama di carne umana, che lo inebria a tal punto da condurlo a uccidere per soddisfare quel desiderio. Paco è la sua prima vittima, seguita da molte altre che cercherà nei quartieri poveri di L’Avana.
Un uomo dalla doppia personalità: da un lato padre modello, gran lavoratore, dall’altro feroce assassino di bambini, per soddisfare la sua brama di carne umana. Inquietante il fatto che quella carne viene fatta mangiare anche al figlio e alla suocera, spacciandola per carne di manzo o di cavallo, comprata al mercato nero in cambio di qualche sigaro rubato dalla fabbrica nella quale lavora. Il titolo del romanzo non evoca solamente i ricordi di guerra, bensì l’atroce lascito che Alberto trasmette al figlio. Emblematica la scena finale del libro, nella quale Raul si reca all’ospedale psichiatrico, dove rinchiudono il padre dopo il suo arresto, nonostante egli non si dichiari mai pazzo, ma solo vittima di una guerra ingiusta. Il figlio lascia in dono al padre un pacchetto, avvertendolo che gradirà molto il regalo. Il contenuto di quel pacco è Una terribile eredità…
L’immagine: la copertina del libro di Gordiano Lupi.
Francesca Gavio
(Lucidamente, anno V, n. 57, settembre 2010)
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