I personaggi creati da Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli arrivano al cinema
Dal prossimo 4 novembre 2011 arriva nelle sale cinematografiche italiane il film I soliti idioti, tratto dall’omonimo programma cult televisivo dell’emittente Mtv. Il regista è Enrico Lando. Gli attori principali, ovviamente, Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli. Nel cast anche Madalina Ghenea, Rocco Tanica, Francesco Sàrcina, Gianmarco Tognazzi, Marco Foschi, Valeria Bilello. È disponibile anche il trailer del film.
Per l’occasione, vi riproponiamo di seguito l’articolo «Ma chi minchia guaddi?»… «I soliti idioti» del nostro direttore, uscito profeticamente su LucidaMente n. 66 dello scorso giugno.
E, ancora: due preti che cercano di rinnovare la Chiesa cattolica con proposte al limite del blasfemo; una donna dell’ufficio informazioni che le inventa tutte per non soddisfare il cliente; una coppia borghesissima (Giampietro e Maria Luce) che, tormentata dal “politicamente corretto”, cerca di adeguarsi in modo ridicolo alle situazioni nelle quali s’imbatte; l’anestesista che diventa ministra grazie ai favori sessuali forniti ai primari; un disabile mentale (Severino) che viene puntualmente fregato, nonostante l’aiuto del fratello Goffredo che cerca di renderlo indipendente; e tanti, tanti, tanti altri…
La bravura di Biggio e Mandelli
Sono alcuni dei tormentoni, delle situazioni e dei personaggi de I soliti idioti, trasmissione cult dell’emittente Mtv, serie nata nel 2009 e già giunta alla terza stagione, pervenendo a un successo tale che gli episodi vengono replicati di continuo, soprattutto nelle ore notturne.
Occorre innanzi tutto chiarire che il successo della serie è legato essenzialmente alla bravura dei due interpreti, Fabrizio Biggio e Francesco Mandelli. Non è facile calarsi entro tanti personaggi, creare situazioni sempre nuove, pur entro un canovaccio prefissato, usare un linguaggio di volta in volta diverso, anche come dialetto; e tutto in tempi di produzione frenetici (una quarantina di episodi).
L’amarezza del grottesco, verso il “politicamente scorretto”
Ma che tipo di umorismo è quello de I soliti idioti? Anche se il titolo può richiamare I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, il linguaggio della serie Mtv è molto diverso da quello della commedia all’italiana, nella quale, accanto alla critica sociale, compariva l’umanità dei personaggi e, spesso, un intento di denuncia nella speranza del cambiamento. Ne I soliti idioti degli anni Duemila, invece, manca qualunque fiducia, qualsiasi luce.
Non è comicità pura, leggera, divertente; si ride con un solo lato della bocca. Piuttosto, si tratta di grottesco, di una visione carica, eccessiva, di una deformazione espressionistica della realtà, del suo dolore, e della mostruosità quotidiana.
Certamente un merito è quello di essere stati capaci di uscire dal politically correct, toccando tasti prima quasi inesplorati, come il mondo “gay chic”, l’infanzia, tutt’altro che pura, il clero, ecc. Biggio e Mandelli non guardano in faccia a nessuno, proponendo un ritratto impietoso dell’Italia del XXI secolo, della caduta civile e culturale che ci angoscia, del decadimento dei costumi che ci sovrasta, della volgarità e spietatezza che ci attanagliano.
E, al contempo, c’è la critica del bigottismo, dell’ipocrisia, della corruzione, dell’arroganza, dell’ignoranza…
La malvagità interna tradotta in bruttezza esterna
I possibili riferimenti che ci viene spontaneo compiere sono quelli al fumetto Dick Tracy dello statunitense Chester Gould, nelle cui strisce – intrise di sadismo e violenza – la malvagità e la corruzione interne dei personaggi sono immediatamente riconoscibili nel loro aspetto esterno, deforme, con esiti, in talune scelte estreme dell’autore, surreali. Oppure nei bellissimi “episodi” di Cinico tv (Rai 3, 1989-1992) dei geniali Daniele Ciprì e Franco Maresco, nei quali il degrado del mondo appare in tutta la propria “fisicità” umana e ambientale e non vi è alcun accenno alla fiducia, neanche illusoria: la realtà si configura come un oscuro grumo nerastro, senza possibilità di riscatti, rinnovamenti o palingenesi.
Anche i personaggi de I soliti idioti sono tutti brutti, sporchi e cattivi, e il pesantissimo make up cui si sottopongono gli attori ne accentua i tratti fisico-morali. Il mafioso Totò Gruppuso, deforme, brutto, volgare, ignorante, antipatico, costituisce forse il peggior servizio offerto ai delinquenti delle varie cosche: il potere criminale, la violenza, i soldi, sono fini a se stessi. È la verità: nonostante le centinaia di milioni a disposizione, i mafiosi non godono di nulla, vivono per decenni da miserabili, nascosti come ratti in case fatiscenti, quando non in baracche o rifugi di fortuna, mentre il loro corpo e il loro volto invecchiano e si abbruttiscono, anzi divengono mostruosi, e non solo in un quadro, come quello di Dorian Gray.
Nessun fascino, nessun padrino uomo d’onore, nessuna bella donna, nessuna “famiglia”: il male è, come si sa dal libro di Hanna Arendt in avanti, semplicemente sgradevole, brutto e banale.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno VI, n. 71, novembre 2011)
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