Dentro e fuori
un sorriso
confonde le idee.
Quel vecchio
con una mano sfoglia il Piccolo
e l’altra accarezza il mozzicone
di una sigaretta
che segna il tempo
di una vita rimasta.
Un lampione appannato
illumina la scritta
di questo antico caffè
che segna la storia
di una città di confine
tra il tempo che fu e
il tempo che sarà.
Sorrisi stretti
di persone,
affezionate al loro paltò,
si proteggono dal freddo ventoso
di una città che confina col mare.
Una strada stretta e gelata
rende scomoda la passeggiata
in un’atmosfera rétro
nei vecchi caffè
di Trieste.
(Dentro e fuori confine)
Paolo Petroccia
Poeta bolognese, triestino di nascita, ha superato i trent’anni e tanti altri traguardi, alcuni dei quali in bicicletta. Amante del cinema e delle letture, divide la propria giornata tra il lavoro di grafico editoriale e l’attività di poeta, che lo ha portato a ricevere riconoscimenti a Trieste, Terni, Lerici e Venezia.
Inserito nell’antologia 2006 del Censimento poeti bolognesi, vanta anche un 3%B0 posto alla terza edizione del poetry slam regionale tenutosi a Bologna nel 2005.
Ma, dice, ciò che conta davvero sono gli amici.
IL COMMENTO CRITICO
In un numero di LucidaMente dedicato al tempo, alla Storia, alle storie, alle migrazioni e alla “globalizzazione”, non poteva mancare, nella rubrica degli inediti letterari, un riferimento a Trieste, città multietnica e multiculturale ante litteram. Nonché città della libertà artistica, come dimostrano i triestini Italo Svevo e Umberto Saba.
E in poesia esistono delle libertà irrinunciabili. Una consiste nella lunghezza del cammino, non solo sul piano del significato, ma anche su quello del significante. Così, quanto debba durare un verso non costituisce argomento di discussione.
Petroccia lo sa. Sceglie, per questo componimento, il ritmo irregolare del metro libero. E già un contrasto con il contenuto apre feconde possibilità interpretative.
Contro la placida quotidianità descritta nel testo, le sillabe si spezzettano e si alternano senza alterigia, ma con disinvoltura, quasi ad allestire la scenografia delle consonanze presenti in tutte le strofe. Le doppie regnano sovrane sul paesaggio del suono e la musicalità delicata del testo si colora di accenti.
Parallela e confinante – E’ proprio da questa coppia lessicale che si snoda il senso dell’intero componimento poetico. Dentro contro fuori, la storia di uno contro la storia di tutti. A ricucire i due specchi l’immagine estatica del sorriso. Nella prima parte l’autore introduce il tema della piccola storia, fatta dei percorsi personali, dei minimalismi “di una sigaretta / che segna il tempo / di una vita rimasta”. Il crisma cronologico dell’accadimento condisce la trama che si interseca con la tematica del confine: tra l’interiorità e l’esteriorità del soggetto il limite soggiace alla coscienza che vive tra il respiro dell’anima e l’incontro col contesto.
Storia di tutti e storia di nessuno – L’uomo che si apre un varco tra i sentieri della città non manca l’appuntamento con il suo ambiente urbano, quadretto composto anch’esso di piccole cose familiari, di dettagli che marcano un’altra dimensione diacronica e la città diviene il limite “tra il tempo che fu e / il tempo che sarà” e poi ancora fra la terra e il mare. E’ un omaggio alla terra di confine, alle vicende delle persone “affezionate ai loro paltò” le cui individualità si sciolgono “nei vecchi caffè / di Trieste”.
Il sorriso che confonde – Si tratta dell’unico elemento capace di diffondere la luce che sfoca la nitida idea del confine, è il sipario che apre e chiude la poesia con la sua ombra luminosa. Dentro e fuori e sui volti degli abitanti infreddoliti, il sorriso, più che introdurre un significato legato alla serenità e alla gioia, si presenta al lettore come una cerniera che ricompone le scissioni, le coppie tra essenza e apparenza, tra individualità e socialità, con la confusione dolce di tutto ciò che è umano.
L’immagine: particolare di Hampstead (1881) di John Atkinson Grimshaw (1836-1893).
Antonietta De Luca
(LucidaMente, anno I, n. 9, settembre 2006)