Confusa, caotica, rissosa, per elezioni che forse non vedranno un vincitore. Tuttavia, vitale. E finalmente si parla di argomenti che riguardano il popolo. In attesa di un dopo voto che si presenterà durissimo
Andiamo controcorrente. Tutta, o quasi, la cosiddetta intellighenzia giudica l’attuale campagna elettorale una delle peggiori vissute dalla nostra democrazia. Demagogia, populismo, promesse mirabolanti, insulti tra partiti, colpi bassi e gaffe varie.
È la democrazia, baby. È significativo che a schernire tale campagna siano proprio i benpensanti appartenenti ai poteri forti, che vorrebbero si parlasse solo dei massimi sistemi. E, per di più, ovviamente, in termini astratti. Invece, una volta tanto, si parla di disoccupazione, povertà degli italiani, insofferenza verso l’immigrazione incontrollata, salario minimo, reddito di cittadinanza, tasse, pensioni minime, abolizione della Legge Fornero, delinquenza, scuola, riformare un’Unione europea oggi in mani a elite economico-burocratico-finanziarie neppure elette. Certo, per tutti sarà difficile mantenere le promesse. Debito pubblico (e suo rapporto col Pil), crescita bassa rispetto al resto dell’Europa e agli Usa, corruzione diffusa, mancanza di coesione sociale… E ci sarà un vincitore?
Sembrava che la nuova legge elettorale fosse funzionale all’unica maggioranza possibile dopo il 4 marzo: Forza Italia-Partito democratico, sul modello delle grandi coalizioni centrodestra-centrosinistra che guidano i vari paesi europei. Infatti, nell’ultimo decennio si è assistito in tutta Europa al progressivo crollo elettorale dei partiti storici (centro cristiano, socialista). E, in Italia, a causa del disastro Matteo Renzi, il Pd è dato intorno al 23% (poco più con gli alleati Civica popolare, Insieme e +Europa), quindi non ha alcuna speranza di governare da solo.
Intanto, dappertutto sono emersi nuovi e nuovissimi soggetti politici (i cosiddetti populisti, nuove destre e sinistre estreme, oltre al fenomeno dei pentastellati). Così i vecchi “nemici”, ridotti, quando va bene, al 30% ciascuno, hanno dovuto fare di necessità virtù e trovare un’alleanza per “affinità” negate per mezzo secolo. Tuttavia, nel momento in cui scriviamo, la coalizione italiana di centrodestra (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia) è data dai sondaggi attorno al 37%. Però, per storica tradizione preelettorale, il centrodestra risulta sempre sottostimato in sondaggi ed exit poll; inoltre, molti di quel terzo di elettori indeciso o tendente all’astensione, se decidesse all’ultimo istante di recarsi alle urne, voterebbero Silvio Berlusconi e alleati. Pertanto, alla fine, l’alleanza Fi-Lega ecc. potrebbe davvero superare, magari di poco, quel 40% che gli garantirebbe la maggioranza in Parlamento. Allora si prospetta uno scenario di stabilità, di mancanza di compromessi, inciuci e maggioranze parlamentari spurie o variabili?
Occorrerà poi vedere le reazioni dei mercati e dei potentati europei (leggi i poteri forti sovranazionali). L’Italia, infatti, da tempo non è più un paese indipendente: ha perso la propria sovranità firmando supinamente ogni trattato con l’Unione europea della finanza e dei burocrati senza neppure tentare una trattativa. La nostra società e soprattutto il nostro tessuto produttivo, costituito da piccole e medie imprese, spesso a conduzione famigliare, e con una quota ancora alta di agricoltori (spesso coltivatori diretti), è il più lontano possibile dal modello Ue. E il più danneggiato dalla tecnocrazia. I vecchi rimedi (svalutazione della moneta e indebitamento pubblico) usati nei periodi di crisi economica nella Prima repubblica sono stati sottratti al nostro Paese.
Da qui, la smania del partito più conformista ed “europeista”, il Pd, di adeguarsi acriticamente al “nuovo che avanza”, anche quando questo fa schifo. Come scriveva Eugenio Montale ne Il sogno del prigioniero, «dicono che chi abiura e sottoscrive / può salvarsi da questo sterminio d’oche; / che chi obiurga se stesso, ma tradisce / e vende carne d’altri, afferra il mestolo / anzi che terminare nel pâté / destinato agl’Iddii pestilenziali». Dunque, la speranza di Renzi e dei suoi amici è che restando proni ai potentati europei ci si salvi… se stessi e l’Italia. Il Movimento 5 stelle (dato al 28% circa) resta isolato e circondato da perplessità da parte di molti elettori e aperta ostilità da parte delle due coalizioni (il che depone a suo favore). Liberi e uguali, relitto di sinistra, oscilla tra il 6-7%.
Vincerà allora il centrodestra disprezzato dall’Unione europea, e già defenestrato con modalità discutibili, sebbene Matteo Salvini rappresenti una Lega diversa da quella di Umberto Bossi, così come Giorgia Meloni non è Gianfranco Fini? O il debole centrosinistra, con un Pd antipatico e spocchiosamente radical chic a causa soprattutto del suo leader? O il M5s, ridicolizzato in quanto composto da presunti “dilettanti allo sbaraglio”? Oppure si formerà un’alleanza di necessità Pd-Fi, che durerà al massimo 18 mesi, prima di nuove elezioni? In ogni caso, per gli italiani si prospettano ancora anni di ansia e precarietà.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 146, febbraio 2018)