Secondo il nostro lettore, si tratta di una figura dalle molteplici sfumature
L’opinione pubblica è convinta che i “peccati” maggiori dello scomparso don Luigi Maria Verzè siano imputabili alla sue poco chiare attività imprenditoriali. Il potere, come la ricchezza, logora chi non ce l’ha. Non è quindi da escludere che le inchieste che riguardano gli indubitabili poli d’eccellenza realizzati possano essere state suggerite da “manine invidiose” desiderose di soffiargli l’osso.
Sarà dunque la magistratura a sancire la colpevolezza o l’innocenza dell’imprenditore Verzè. L’uomo Verzè va invece “giudicato” per le dichiarazioni rilasciate nelle vesti di uomo di chiesa. Anche se don Verzè era allergico a tonache e panni sacri, le sue “sparate” pubbliche hanno ripetutamente scandalizzato la cattolicità italiana. Posizione ninet’affatto ortodosse che nel 1964 avevano indotto la Curia milanese a comminargli “la proibizione di esercitare il Sacro ministero” e nel 1973, a sospenderlo a divinis. Entrambe le “condanne” furono, in seguito, misteriosamente revocate. Errore gravissimo da parte di una Chiesa post conciliare buonista e lassista che (volontariamente) si dimenticò di distinguere tra errore ed errante, assolvendo così peccato (posizioni ereticali contrarie al magistero) e peccatore.
I “traviamenti” dottrinali del prete Verzè sono stati molteplici. Dall’esercitare un magistero parallelo rispetto alle posizioni ufficiali della dottrina cattolica, passando per l’arruolamento nelle sue strutture di pensatori ateo-progressisti come Massimo Cacciari, Emanuele Severino e Roberta de Monticelli, per finire con la famosa lezione su come fare il papa pubblicata sul Corriere della Sera. Se è vero com’è vero che solo Dio può giudicare la sua anima, resterà solo da comprendere i motivi per cui suoi diretti responsabili, vale a dire i vescovi veronesi, non lo abbiano pubblicamente richiamato, o se necessario, sospeso a divinis. Il buonismo non genera umiltà e pentimento, bensì superbia ed ego sconfinato.
Gianni Toffali – Verona
(LucidaMente, 2 gennaio 2012)