Nel proprio romanzo “Il ritratto dell’anima” (Città del Sole Edizioni), Maria Teresa Mauro fa percorrere alla protagonista un intricato, onirico, ma liberatorio percorso interiore
Maria Teresa Mauro è nata a Catanzaro nel 1981. La sua passione per la creatività e la letteratura l’ha spinta fin dalla più tenera età a scrivere racconti fantastici e poesie. Nel 2012 ha deciso di “fare sul serio” e ha cominciato a elaborare il suo primo romanzo, inizialmente denominato I colori dell’anima. Eccolo, ora, freschissimo di stampa, intitolato Il ritratto dell’anima (Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2015, pp. 152, € 11,00). Partendo dalla consapevolezza di vivere costantemente rapporti amorosi contrassegnati da delusioni e sofferenze, la protagonista del romanzo, Amy, affronta una lunga lotta interiore con i suoi fantasmi, fino a pervenire alla liberazione della propria psiche.La Prefazione (Il lungo viaggio nell’immaginario interiore di Amy), che riportiamo di seguito per intero, con piccoli adattamenti, è stata curata dal direttore di LucidaMente, Rino Tripodi. Al suo interno vengono riportati ampi brani del romanzo (colorati in violetto), i quali, così, potranno essere apprezzati dai lettori.
Molteplici sono le scuole di psicanalisi e psicoterapia e, pertanto, vari i trattamenti e i procedimenti psicanalitici e psicoterapeutici. Tra essi vi è un percorso particolare: durante la tipica “seduta”, dopo che il paziente si è completamente rilassato, il terapeuta gli detta uno stimolo iniziale. Partendo da questo, il compito del paziente consiste nell’elaborare uno scenario immaginativo, entro il quale dall’inconscio emergeranno non solo sofferenze ed esperienze negative del passato, ma anche energie e potenzialità dell’Io. Successivamente, il soggetto è chiamato a valutare ciò che ha sviluppato nel proprio immaginario (“analisi comparata dell’immaginario”) e a collegarlo alla realtà che sta vivendo (“analisi comparata della realtà”).Grazie a tale metodologia il paziente riesce pian piano a superare i blocchi emotivi, a riacquistare la propria energia psichica e a operare positivamente per migliorare il proprio stato.
La “procedura immaginativa” come guarigione della psiche Questo percorso terapeutico si rifà alle ricerche di Robert Desoille (1890-1966) e alla sua tecnica immaginativa del rêve éveillé dirigé (“sogno guidato da svegli”). Dal 1968, ad opera di un gruppo di suoi allievi, si costituisce a Parigi il primo “Groupe International du Rêve-Éveillé en Psychanalyse”, con una propria ed originale metodologia all’interno di un quadro di riferimento teorico post-freudiano. In Italia il metodo è stato consolidato e rielaborato dai dottori Renzo Rocca e Giorgio Stendoro con il loro omonimo Istituto di Psicologia clinica “Rocca-Stendoro” e definito “procedura immaginativa”. È uno strumento fondato essenzialmente sull’immaginario, che può essere compreso da tutti perché non ha bisogno di traduzioni, in quanto si serve con spontaneità e naturalezza di simboli universali, legati alle più profonde emozioni dell’individuo. L’immaginario, come spazio offerto all’inconscio, è il luogo dove può accadere di tutto e dove avviene la fruizione dei fattori di mutamento sensibile. L’immaginazione è una funzione psichica che opera contemporaneamente a diversi livelli, quali l’impulso, il desiderio, il sentimento, la volontà, la sensazione, l’intuizione. Ma anche la creatività, che, agendo consciamente e inconsciamente, favorisce l’evoluzione della personalità.Così, pure la bellezza, l’arte, la letteratura, la musica, l’ideazione estetica assumono e svolgono un loro ruolo fondamentale, riattivando quell’intuizione immaginativa profondamente creativa che favorisce la propria crescita personale.
I turbamenti di Amy Il romanzo di Maria Teresa Mauro è, soprattutto nella seconda parte, appunto una sorta di “procedura immaginativa” che consente alla protagonista di scoprire e quindi di affrontare in modo simbolico, all’interno dell’inconscio, i propri nodi interiori, e infine di ripartire con un Io “ripulito”, rinnovato e più forte. Donna passionale, Amy vive rapporti d’amore caratterizzati dalla sofferenza. L’autrice è molto brava ed efficace nel descrivere con cura e sensibilità le emozioni, i palpiti amorosi, i turbamenti, gli stati d’animo contraddittori della protagonista. Un sottile scavo psicologico che assume toni da melodramma. L’insoddisfazione è la condizione costante e sovrastante. Si potrebbe dire che Amy rientra nella tipologia delle “donne che amano troppo”, delineata da Robin Norwood nel suo celebre best seller. Ma sarebbe meglio dire “donne che amano male” o “donne che si odiano troppo”. La protagonista del romanzo oscilla tra il reale e le proprie spasmodiche riflessioni, riverberi di un’interiorità e di una psicologia squilibrata. Anche il contesto nel quale vive Amy non l’aiuta: ci troviamo in un paesino del Mezzogiorno d’Italia, dove, alle bellezze paesaggistiche – il sempre splendido mare – non corrispondono uguale armonia sociale e umana, né progresso civile. Il contrasto della giovane donna con un’arretrata, quasi arcaica, società è uno dei temi del libro. In tal senso, il finale è risolutivo. La psiche di Amy si attorciglia su se stessa. Il suo nuovo amore, per un ragazzo più giovane di lei, il pescatore Emidio (intrappolato a sua volta in una situazione tortuosa e complicata), è travolgente e coinvolge pienamente tutti i sensi: «Vista non poté farne a meno, catturata come da un’apparizione divina; Udito spalancò i suoi canali per accogliere i dolci e caldi gemiti del piacere; Olfatto si lasciò stordire dal forte odore dell’estasi, che il giovane trasudava; Gusto risvegliò le sue papille assaporando, con avidità, le rosse e succulente labbra; ed infine Tatto: lui si fece attraversare da un brivido, che lo percorse da sopra a sotto congelando la sua pelle e le sue carni. E l’Anima? Si ritrovò spiazzata. Per quanto implorasse il sussidio della ragione per cercare di ristabilire l’ordine e richiamare tutti all’appello, i “cinque” non cedettero affatto. Era troppo tardi, erano già stati conquistati».Tale passione, però, per quanto avvolgente ed eccitante, peggiora lo stato interiore della donna. Le contraddizioni, i dubbi, le ansie, le angosce, prevalgono sulla gioia e sull’appagamento. Arriva il collasso interiore.
Scenari da incubo A questo punto si apre la parte più interessante del libro, ma anche più inquietante. Amy precipita in un paesaggio da incubo, permeato di simboli profondi e ancestrali: «Alla fine della salita si ritrovarono di fronte una piccola casa, posta su un leggero rilievo. Nient’altro intorno. Solo alte erbacce e sterpaglie ed un piccolo sentiero, stretto e sterrato, che doveva portare verso un’altra sorta di pineta. Dall’altro lato uno strapiombo che dava sul mare. Silenzio. Gli unici suoni che percepiva erano il fruscio del vento tra gli alberi che si era appena lasciata alle spalle e l’infrangersi delle onde sugli scogli. La casa era piccola, vecchia ed abbandonata, di colore bianco sporco. Il tetto aveva delle tegole di colore marrone, logore e consumate dal tempo. Notò che sul lato destro ne mancava qualcuna e quelle rimaste erano sistemate in modo irregolare, quasi fossero state sollevate dal vento. Non vi era nessun’altra casa e nessun’altra forma di abitazione attorno. Dava l’impressione di abbandono e degrado». Secondo Jean Chevalier e Alain Gheerbrant (Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri), «la casa è il simbolo del mondo interiore […]. Per la psicanalisi, sognare una casa può avere diversi significati a seconda delle parti della casa che appaiono nel sogno e che corrispondono ai diversi livelli della psiche: […] il tetto è la testa o lo spirito». Dunque, lo spirito è logoro. E, infatti, una sensazione annientante e annichilente di desolazione e abbandono avvolge la donna: «Entrò in una stanza piccola e buia. L’aria che si respirava era gelida. Le pareti erano di un bianco spento, erano sporche e sopra presentavano delle crepe che si diramavano dal soffitto fino a terra. Sulla sinistra c’era una piccola finestra che dava su quello che, un tempo, doveva essere un giardino dove ora però si trovavano solo sterpaglie ed erbacce, alte e brutte. Dal vetro, entravano spifferi di aria fredda che penetravano fin sotto i vestiti. Amy cominciò a sentire molto freddo. Le parve strana tutta quella sensazione di gelido all’improvviso. “Fuori la temperatura è fresca, ma non da far venire la pelle d’oca!” pensò».L’atmosfera è allucinata e metafisica. Una sottile inquietudine avvolge il lettore. Sul piano letterario si potrebbe far riferimento al “realismo magico” di Massimo Bontempelli o Tommaso Landolfi. Sul piano figurativo, come non pensare a Giorgio de Chirico?
La caduta e la rinascita della protagonista C’è da rabbrividire. Ma non basta. Allarmanti presenze e apparizioni cominciano ad avvolgere la sempre più sconvolta Amy: «Vide un’ombra gigante. Era un uomo e sembrava abbastanza grande e grosso. Lo scrutò meglio, ma non riusciva a vederlo bene in faccia. Era troppo buio. Non sembrava però avere un bel viso: tratti accentuati, zigomi sporgenti. Alto e muscoloso. Capelli lunghi, lisci e neri che cadevano sulle spalle in modo disordinato e ribelle. Notò le sue mani: enormi e piene di cicatrici. Sembravano le mani di uno che avesse combattuto a lungo. Era avvolto da un lungo drappo scuro, un po’ logorato e sporco che toccava terra scivolando sugli stivali a punta, scuri, con in cima una punta di ferro che brillava nel buio al riflesso della luna ed un paio di pantaloni, macchiati di fango e consumati. Da quel poco che riuscì a scrutare, non sembrava né troppo giovane né troppo vecchio». Sempre gli autori del Dizionario dei simboli scrivono che «nell’iconografia indù, i capelli scompigliati sono il più delle volte una caratteristica delle divinità terribili […], nella tradizione celtica […] testi insulari indicano nei capelli lunghi un tratto aristocratico o regale». Insomma, paesaggi, oggetti e presenze non sono altro che lo scenario dell’interiorità della protagonista. Solo venendone a contatto può iniziare il percorso nel proprio inconscio, tra le paure che hanno sovrastato Angela, ovvero l’Anima (in termini psicanalitici, l’Io) di Amy.Le presenze e la loro interazione sono rispettivamente i simboli e la teatralizzazione delle dinamiche inconsce della donna. Il viaggio principale che ella compie, e i successivi, non sempre lineari, spostamenti all’interno degli scenari immaginati, sono percorsi ed evoluzioni interiori: infatti, scrivono ancora Chevalier e Gheerbrant, «il simbolismo del viaggio, particolarmente ricco, si riassume nella ricerca della verità, della pace, dell’immortalità, nella ricerca e nella scoperta di un centro spirituale».
Conclusioni Compiendo tale cammino interiore lungo le profondità dell’inconscio, la donna potrà liberarsi e rinascere attraverso forti visioni/emozioni: riacquistando il coraggio. Soltanto così, pur tra sofferenze, ripensamenti, scelte tormentate, dure, faticose, ma risolutive, sarà possibile il mutamento. Il libro della Mauro è senz’altro un “romanzo al femminile”. Tuttavia, la sua efficacia non si sostanzia solo nell’attenta analisi del mondo interiore di una donna. La voce narrante assume spesso, con altrettanta perizia, il punto di vista maschile (di Emidio). Inoltre, l’opera funziona perché il suo ritmo è sempre teso e palpitante, tale da coinvolgere il lettore.Comunque, come crediamo di aver evidenziato nel corso del nostro scritto, il suo merito maggiore è quello di avere traslato in modo raffinato e originale un vero e proprio, terapeutico, rêve éveillé dirigé. Un liberatorio itinerarium mentis…
(Rino Tripodi, Il lungo viaggio nell’immaginario interiore di Amy, Prefazione a Il ritratto dell’anima di Maria Teresa Mauro, Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2015)
Le immagini: la copertina del libro e la sua autrice.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno X, n. 110, febbraio 2015)