La città lucana, già considerata patrimonio mondiale dell’umanità, si aggiudica anche il nuovo prestigioso riconoscimento, insieme alla bulgara Plovdid. In questo articolo, un omaggio a una città suggestiva, in grado di evocare il fascino di grandi epoche storiche
Da qualche ora è ufficiale: Matera sarà la città italiana capitale europea della cultura per il 2019. La Città dei Sassi lo sarà insieme alla bulgara Plovdiv. Battute Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena. Lo ha annunciato, nella sua qualità di ministro della presidenza italiana dell’Unione europea, il ministro per i Beni e le Attività culturali, Dario Franceschini, leggendo in diretta, nella sala del Consiglio superiore dei beni culturali nella sede del Collegio Romano, il nome prescelto tra le sei finaliste italiane. Accanto al nostro ministro, Steve Green, presidente della giuria composta da tredici esperti tra italiani e stranieri, e un rappresentante della Commissione europea, che hanno deciso a stretta maggioranza, con 7 voti su 13. Formalmente si tratta di una raccomandazione al governo italiano. Ma Franceschini ha immediatamente anticipato che essa verrà accolta senza discussioni. Matera è la prima città del Sud a vincere (Firenze era stata designata nel 1986 e Genova nel 2008). Grande festa nella città lucana, con la folla in festa in piazza San Giovanni, nel pieno centro storico della Città dei Sassi, dove in migliaia si sono ritrovati davanti al maxischermo per assistere in diretta al verdetto. In tanti si stanno abbracciando e stanno sventolando le bandiere con il logo “Matera 2019”. L’istituzione di una capitale europea della cultura è nata nel 1985 per promuovere la conoscenza del patrimonio storico-artistico e culturale dei Paesi membri dell’Ue. Ogni anno il titolo viene trasferito a due città di due Stati membri.LucidaMente accoglie con gioia la notizia, anche perché, profeticamente, la nostra Dora Anna Rocca, nello scorso agosto, aveva scritto per la nostra rivista un articolo su Matera e sulla sua candidatura, articolo che, evidentemente, ha portato bene. Eccolo di seguito, con pochi aggiustamenti.
Case-grotte, palazzi barocchi, chiese rupestri, paesaggi naturali incantevoli: la città dei Sassi offre testimonianze della presenza umana risalenti a ogni epoca, alcune delle quali segno di sofferenza e trascuratezza, anche se Matera, come l’araba fenice, è rinata dalle proprie stesse ceneri. Visitarla, specie nei periodi natalizi e pasquali valorizzati da spettacoli, luci e musiche, camminare per vicoli, strade alternative o percorsi tracciati, è come rivivere atmosfere appartenenti a un’epoca lontana.
Scrive l’architetto Pietro Laureano in Giardini di pietra. I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea (Bollati Boringhieri): «Grotte naturali, architetture ipogee, cisterne, enormi recinti trincerati, masserie, chiese e palazzi si succedono e coesistono, scavati e costruiti nel tufo delle gravine». I ritrovamenti più antichi provengono dalla Grotta dei pipistrelli e dalla Grotta funeraria a quattro chilometri dalla città, nel cuore del Parco della Murgia, ma è come civiltà rupestre che Matera entra nella storia. Fino alla caduta dell’Impero romano, infatti, non è ancora divenuta città. A partire dal VI secolo d.C. i monaci basiliani in fuga dalle persecuzioni iconoclaste, che vietano la rappresentazione di immagini sacre nelle chiese d’Oriente, si stabiliscono nella zona e qui raccolgono la popolazione locale dando vita ai casali, i primi insediamenti dei futuri “sassi”. I basiliani ricavano, scavando nella roccia tra Matera e Montescaglioso, chiese e cripte rupestri decorate con affreschi bizantini.
L’Alto Medioevo della città lucana è caratterizzato dalla presenza dei Bizantini, dei Longobardi e forse anche dei Saraceni, e a ogni nuova invasione essa viene distrutta più volte. Nel 1042 arrivano i Normanni e con loro la pace, per difendere la quale la Civita, il nucleo più antico dell’abitato, adagiato tra i Sassi Caveoso e Barisano, viene protetta da mura. Dal Duecento l’artigianato e il commercio rendono Matera un centro attivo, dove le grotte vengono adibite a frantoi, mulini, stalle. Al culmine del Medioevo viene costruita la cattedrale e nel Quattrocento i Sassi diventano città pugliese, appartenente alla terra d’Otranto. L’amministrazione, nel 1575, si sposta nella parte nuova del centro abitato, mentre nei Sassi continua a svolgersi l’attività artigianale.
E se alla fine del Medioevo il ceto dei lavoratori è rappresentato da 12.000 persone, nel XVI-XVII secolo se ne contano già 17.000 e fino al Seicento i Sassi rappresentano la città. I secoli XVI-XVIII sono quelli segnati dalla Controriforma. La crisi urbana e sociale legata alla modernizzazione fa sì che la piccola economia agricolo-pastorale ceda il posto al latifondo. Nel 1663 il territorio diventa sede della Regia Udienza Provinciale di Basilicata. Intorno ai Sassi nuovi edifici vengono realizzati dai migliori architetti di Napoli e Lecce: si verifica uno sviluppo ma anche un eccessivo incremento demografico. Scompaiono le attività artigianali e commerciali e con loro il ceto medio. Il potere passa alla nobiltà e il popolo si trasferisce sulla Civita. Antiche chiese rupestri vengono abbandonate o addirittura sconsacrate. Agli inizi dell’Ottocento l’amministrazione provinciale è trasferita a Potenza: questo è un periodo di impoverimento, con terre demaniali ed ecclesiali cedute alla borghesia. Chi risiede nei Sassi si ritrova nell’indigenza più assoluta. Chiese, frantoi, stalle e cisterne diventano abitazioni per i bisognosi e la popolazione vive al limite della sopravvivenza, dividendo con gli animali spazi troppo stretti.
Le abitazioni hanno le porte spalancate di notte per evitare il soffocamento e durante il giorno la vita si conduce all’aperto. Ancora oggi, visitando la storica Casa-Grotta di Vico Solitario in cui viene proiettato anche un breve video-documentario, ci si può rendere conto della condizione in cui vivevano i residenti. Scriveva Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli: «Dentro quei buchi neri, dalle pareti di terra, vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento stavano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha, in genere, una sola di quelle grotte per tutta abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini e bestie. Così vivono ventimila persone. Di bambini ce n’era un’infinità».
Nel 1938 l’ufficiale sanitario dichiara che, su 2.997 abitazioni, 1.441 (dunque più della metà) risultano non idonee. La mortalità infantile è del 44,33%. Siffatta condizione viene presa a cuore dalla politica, che la definisce «vergogna nazionale». Alcide De Gasperi, nel 1952, interviene decretando con una legge lo sfollamento dei Sassi per ragioni igienico-sanitarie e un rimborso a chi accetta di trasferirsi. Adriano Olivetti, presidente dell’Istituto nazionale di Urbanistica, già nel 1950 intende dislocare gli abitanti in nuovi quartieri, così da diminuire la pressione demografica: comincia uno sfollamento che durerà dodici anni. Parte della popolazione si sposta in tre borghi rurali, uno dei quali è La Martella, piccolo gioiello urbano e architettonico pensato e voluto proprio da Olivetti, che qui intendeva trasformare i braccianti agricoli in imprenditori. Purtroppo il progetto fallirà e gli uomini, divenuti operai edili e dirigenti, emigreranno.
Subentra un senso di perdita delle proprie radici e i Sassi diventano un luogo immaginario, utilizzato come scenario per film divenuti famosi da registi come Pier Paolo Pasolini (Il Vangelo secondo Matteo, 1964 – vedi Il Cristo di Pasolini), Mel Gibson (La Passione di Cristo, 2004), Catherine Hardwicke (The Nativity Store, 2006). Eppure, nelle stratificazioni della città, si trovano tuttora segni “parlanti” di ogni epoca. È ancora Carlo Levi, nel 1967, a lanciare il primo appello affinché i Sassi tornino a vivere e nel 1974 viene bandito un concorso internazionale per il loro recupero. Nel 1986 essi sono affidati al Comune di Matera e oltre 4.000 persone decidono di tornarvi a vivere. Nel 1993 Matera antica entra nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco e oggi è divenuta capitale europea della cultura 2019. Si tratta di un importante riconoscimento, che, oltre al titolo, può recare alla città anche numerosi benefici a livello economico e sociale, all’interno di una strategia di sviluppo a lungo termine basata sulla cultura.
Le immagini: fotografie della città di Matera, a cura della stessa autrice dell’articolo.
Dora Anna Rocca
(LucidaMente, anno IX, n. 106, ottobre 2014)