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Home IL LABORATORIO

Per un’economia democratica

Viviana Viviani by Viviana Viviani
13 Maggio 2012
in IL LABORATORIO, TEMATICHE CIVILI
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I Comitati Dossetti e altre associazioni invitano i cittadini ad aderire alla propria iniziativa in difesa della nostra Costituzione, per combattere il capitalismo selvaggio e la dittatura finanziaria

Riportiamo di seguito il “manifesto” stilato a Roma lo scorso 11 maggio da vari esponenti e studiosi, tra i quali, per primi, Raniero La Valle, Luigi Ferrajoli, Umberto Romagnoli, Gaetano Azzariti, Rossana Rossanda, Gianni Ferrara, Franco Russo, Domenico Gallo, Sandro Baldini, Riccardo Terzi, don Achille Rossi, Piero Di Siena, don Carmelo Lorefice, Agata Cancelliere, Concetta Pellicanò, Luisa Marchini, Rodrigo Rivas, Walter Tocci, Francesco Comina, Afra Mannocchi, Raul Mordenti, Enrico Peyretti, Francesco Capizzi, Maria Teresa Cacciari, padre Alberto Simoni, don Luigi Di Piazza, Paolo Lucchesi, Giulio Russo.

Dopo un confuso periodo di turbolenza dominato dalla figura di Berlusconi, si è reso manifesto in Italia il vero problema che mette a repentaglio il futuro del Paese e la sicurezza dei cittadini: il sopravvento dell’economia sulla politica che rende tutti indifesi e prosciuga gli spazi della democrazia.

Questo processo che, in forza della globalizzazione, investe tutto il mondo, in Italia è già molto avanzato. Lo si vede dalla condizione cui è stato ridotto il lavoro, espropriato alle persone, negato ai giovani e non più messo a fondamento della Repubblica; lo si vede dal trasferimento della sovranità dal popolo ai Mercati; nella sottrazione allo Stato di ogni facoltà e strumento di intervento nella vita economica; nello svuotamento del principio di rappresentanza e delle vie per la partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale; nell’abbandono della concertazione con le parti sociali e nella rinunzia a promuovere la coesione sociale; nella crisi dello Stato di diritto per il venir meno di uno spazio pubblico capace di dettare le regole al sistema delle imprese e all’economia privata; nella pretesa oggettività e neutralità delle decisioni tecnocratiche; nello smarrimento e anzi nel rovesciamento degli ideali di solidarietà e giustizia che diedero luogo alla costruzione dell’Europa.

La causa di tutto ciò sta nella rottura del rapporto vitale tra economia e democrazia, sul quale si è costruita gran parte della storia moderna dell’Occidente. Questa storia è risultata infatti dall’incontro di due movimenti: un impetuoso sviluppo dell’economia, nelle sue diverse forme di economia capitalistica, socialista o keynesiana, e un impetuoso sviluppo della democrazia, sia nella sua dimensione procedurale che nei suoi contenuti sostanziali. Il momento di massima convergenza e unità tra lo sviluppo dell’economia e quello della democrazia si è avuto, dopo la vittoria sul nazifascismo e la tragedia della guerra, nel costituzionalismo interno e internazionale e, in Italia, nella Costituzione del 1948, che prescriveva di fare della comunità politica il regno dell’eguaglianza, della persona il tempio della libertà e dignità umana, e della Repubblica il potere legittimo avente il compito di rendere effettivi i diritti e di rimuovere gli ostacoli anche di ordine economico e sociale che ne impediscono di fatto l’esercizio.

Oggi questa integrazione tra economia e democrazia si è rotta, e nello stesso tempo e non per caso si è arrestato lo sviluppo sia dell’una sia dell’altra. L’economia non solo si è isolata e affrancata dalla regola democratica ma, a cominciare dall’ordinamento europeo, si è sovraimposta alla società e alla politica. È giunto in tal modo a un punto culminante un processo per cui a un capitalismo che pretendeva di farsi legge a se stesso e all’intera società, il legislatore, e perciò la politica, ha risposto attribuendogli ogni potere e permettendogli di stare «nell’ordinamento giuridico solo per servirsene, ma non per assoggettarvisi» come già denunciava nel 1951 Giuseppe Dossetti in un ben noto dibattito con Francesco Carnelutti. È sulla scia di questo indirizzo che negli anni Settanta-Ottanta del Novecento irruppero sulla scena le politiche reaganiane e tatcheriane, che presero poi piede anche all’Est dopo la rimozione del muro di Berlino e contagiarono le stesse sinistre dell’Ovest, dal Labour Party di Tony Blair ai partiti ex comunisti europei.

Ne è derivata la rinunzia a ogni controllo sui movimenti dei capitali, l’immunità fiscale per le grandi ricchezze, la riduzione dei diritti del lavoro e del lavoro stesso visti solo come costi e limiti alla competitività e ai profitti d’impresa, il primato attribuito ai mercati sopra e contro i compiti che la Costituzione attribuisce alla “Repubblica”. Questa supremazia di un’economia fine a se stessa e ignara della democrazia rischia di essere la nuova condizione del mondo e anzi viene presentata come l’unica civiltà possibile, l’unico ordine conforme a natura a cui non sarebbe lecito resistere e la cui ideologia anzi bisognerebbe essere educati ad abbracciare e a professare come l’unica vera.

Per avere un luogo da cui fare la propria parte per rispondere a questa sfida, i Comitati Dossetti per la Costituzione, l’Associazione per la Democrazia Costituzionale, Altrapagina, l’Associazione Pace e Diritti e altri gruppi e associazioni che si stanno consultando, promuovono un’aggregazione di cittadini intesa a rivendicare il criterio della democrazia costituzionale come vaglio della legittimità delle diverse espressioni della vita economica e ad animare un movimento organizzato di “Economia democratica”. Economia democratica intende operare per far prevalere un’altra concezione e pratica dell’economia, in un indissolubile nesso con la democrazia; e ciò senza ignorare il conflitto, alieno tuttavia dalla violenza e ordinato alla giustizia e alla pace; senza nascondere, nella indistinzione di un generico economicismo, lo scarto tra ricchi e poveri, forti e deboli, liberi e oppressi; senza liquidare, come “novecentesca”, la lotta operaia, sapendo vedere le angosce e i volti degli esuberi e degli esclusi e restituendo alla politica il compito di difendere la parte debole nei rapporti economici assegnatole dall’art. 3 della nostra Costituzione.

In questa direzione il movimento di “Economia democratica” cercherà di agire sia promuovendo una comunicazione di saperi, sia attraverso attività di ricerca, di formazione, di studio e di proposta anche legislativa, sia attraverso confronti e dialoghi con i partiti e le formazioni sociali, sia attraverso pubblicazioni, assemblee, web e lotte politiche e sociali, tanto nel raggio nazionale che in quello europeo. Si tratta di riprendere e sviluppare il processo costituzionale italiano, dando nuovo impulso a una produzione di ricchezza che una Costituzione stabile nei suoi fondamenti e dinamica nei suoi svolgimenti può regolare in forme sempre più avanzate, sulla base del primato dei diritti fondamentali dei cittadini rispetto ai poteri economici e finanziari dei mercati; occorre portare il complesso delle istituzioni, dei trattati e della legislazione europea alla coerenza con i principi e i diritti sanciti dalle Costituzioni nazionali dei Paesi membri e dalle Carte, dalle Convenzioni e dai grandi Patti internazionali sui diritti che si tratta oggi non soltanto di attuare ma anche di arricchire e di sviluppare.

La lotta per un’economia democratica non riguarda solo gli economisti né è ristretta alla sfera economica, ma coinvolge tutte le competenze e riguarda la figura stessa della società: allo stesso modo in cui, nella fase creativa della vita della Repubblica, la chiusura dei manicomi voluta da “Psichiatria democratica”, l’integrazione dei bambini disabili nelle scuole ottenuta da “Genitori democratici” e “Insegnanti democratici”, l’attuazione dei principi costituzionali nella giurisdizione perseguita da “Magistratura democratica” e simili, non riguardavano specialisti e interessi di settore, ma perseguivano beni e valori comuni e hanno cambiato la società tutta intera. Le novità intervenute in Francia dimostrano che la politica può riprendere il suo altissimo ruolo, e che non sono un destino la povertà, la disoccupazione, la precarietà, la diseguaglianza, la perdita dei diritti e dei valori della vita pubblica.

Si può aderire a “Economia democratica” iscrivendosi alla “Associazione per un Movimento per un’economia democratica e costituzionale”, con sede in Roma, c/o Centro per la Riforma dello Stato, via Palermo 12, 00184; il recapito telefonico (c/o Focus-Diritti sociali) è 064464742, in funzione dalle 9 alle 19 dal lunedì al venerdì. Ci si può iscrivere versando una quota annua associativa di euro 50 o una quota di sostegno. Gli studenti, i disoccupati e i diversamente indigenti potranno versare una quota minore, o inviare una promessa di pagamento, non esigibile dall’Associazione. L’iscrizione al Movimento è compatibile con qualsiasi attività e l’appartenenza ad associazioni o partiti.

Quando il Movimento avrà raggiunto una prima soglia di 500 iscritti, sarà convocata la prima Assemblea di Economia democratica, nella quale saranno discusse analisi e prospettive del movimento, sarà discusso e approvato lo Statuto, saranno eletti i destinati alle cariche sociali. Saranno anche costituiti un Comitato di studiosi comprendente economisti, giuristi e altri esperti, e un Comitato di collegamento per i rapporti e le iniziative comuni da promuovere con gruppi, associazioni, sindacati, partiti e simili. Potrà così partire, speriamo in breve tempo, la vera e propria attività culturale e politica del movimento.

Per iscriversi basta fornire nome e recapiti o alla sede del Movimento, o agli indirizzi e mail Comitatidossetti@tiscali.it; economiademocratica@tiscali.it; i versamenti possono essere fatti usando il c.c. BNL n 10470 intestato all’Associazione Pace e Diritti, IBAN IT36V0100503373000000010470, oppure recapitati alla sede del Movimento, e ne sarà responsabile, fino alla costituzione formale dell’Associazione, il Comitato promotore dell’iniziativa, rappresentato dai primi iscritti. Il sito web del Movimento è: www.economiademocratica.it.

Viviana Viviani

(LM EXTRA n. 28, 15 maggio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 77, maggio 2012)

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Tags: Comitati DossetticostituzionecrisidemocraziaDiritti socialieconomiafinanzafocus
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