Con “Il giallo di Caserme Rosse” (Fratelli Frilli Editori), il narratore bolognese Massimo Fagnoni si avventura nelle nebbie del cupo passato della Repubblica di Salò e delle deportazioni che partivano da Bologna verso Auschwitz
Tra gli stessi bolognesi non molti sanno che, negli atroci anni 1943-1944, esattamente dal 9 settembre 1943 al 12 ottobre 1944, le Caserme Rosse di via Corticella 147 sono state un atroce luogo nazifascista di prigionia e di smistamento per carabinieri, militari, antifascisti, ebrei [in occasione del 70° anniversario LucidaMente se n’è occupata coi servizi Il lager (dimenticato) delle Caserme Rosse di Bologna; Il medico calabrese che salvava i partigiani ingannando i nazisti; Il campo di concentramento sotto le Due Torri].
Il motivo della scarsa memoria può essere il lento scorrere del tempo, o la voglia di dimenticare. O, forse, l’imbarazzo. E i rimorsi non sopiti. È questo l’ambito nel quale colloca il suo nuovo romanzo lo scrittore bolognese Massimo Fagnoni, di cui abbiamo recensito molte opere (vedi link in fondo al presente articolo) e che di recente Donatella Swift ha intervistato in esclusiva per la nostra rivista (Massimo Fagnoni: da Bologna ad Auschwitz). Il titolo della pubblicazione, uscita sul finire del 2016, è Il giallo di Caserme Rosse. Bologna, un’indagine di Galeazzo Trebbi (Fratelli Frilli Editori, pp. 194, € 11,90). Stavolta il simpatico, quanto disincantato e melanconico, investigatore felsineo ha a che fare con un cold case, cioè una vicenda di molto tempo prima, giudiziariamente ormai finita nel dimenticatoio. È, infatti, incaricato da un pezzo grosso di un’importante cooperativa locale di scoprire che fine abbia fatto Andrea Fanti, arrestato dai fascisti nel dicembre 1943 grazie a una spiata, mentre cercava di aggregarsi ai partigiani, e sparito nel nulla a Caserme Rosse. Finito ad Auschwitz?
Brutta storia, investigatore Trebbi! In realtà, l’interesse di chi gli affida la patata bollente per venire a conoscenza delle sorti dello sventurato giovane è legato sia a motivi personali sia a opportunità politiche. Si dovrà infatti votare per il nuovo sindaco di Bologna e alcune correnti del locale Partito democratico hanno tutto l’interesse a cavalcare il cold case per fini elettoralistici. Ma tutto si rivolterà loro contro. Al filone principale dell’indagine su Fanti, s’intrecciano almeno altre due vicende. Una legata a un amore gay di un amico del detective, l’altra a un conto in sospeso che, da Bologna non c’è più, lo stesso investigatore ha con un delinquente maghrebino.
Non riveliamo altro, per non rovinare la lettura del libro, ma anticipando, comunque, che il finale sarà davvero a sorpresa, con uno spietato sguardo di condanna verso la nostra classe politica. Si può affermare che, dopo mostrato coi precedenti romanzi lo squallore e le cupezze tenebrose della realtà odierna, segnatamente di quella bolognese, con Il giallo di Caserme Rosse Fagnoni penetra e discende negli abissi e nell’inferno della Storia degli anni torbidi e maledetti della Repubblica di Salò. Violenze e atrocità di fascisti, nazisti, partigiani e “indifferenti”, intorno alle quali, come piante demoniache, spesso si attorcigliavano vicende e vendette personali: «Non ci sono innocenti nella storia dell’umanità», riflette Trebbi dopo aver visitato Auschwitz (e splendida è la toccante descrizione che ne fa lo scrittore). Tuttavia, «chiunque davanti alla morte abbassa il tono, almeno nella sua porzione di mondo: è un segno di umanità che continua a fargli tenerezza». In questo suo nuovo romanzo il giallista bolognese sembrerebbe anche aver abbracciato il credo politically correct. Il suo fido aiutante Faid è gay e immigrato nordafricano: cosa c’è di più sdolcinatamente buonista? Non illudetevi.
Nel libro resta uno sguardo duro e anarcoide, senza alcuna pietà per politicanti, spacciatori, arroganti invasori stranieri. E che dire del personaggio di Nikita, la prostituta rumena di cui Trebbi è innamorato, pur nella lucida consapevolezza dell’impossibilità di un vero e sincero rapporto sentimentale? Altro che sdolcinatezze rassicuranti e famigliole del Mulino Bianco! Bravo, Massimo, bando alle ipocrisie! E pensa il detective: «La luce arrivava sempre troppo intensa insieme ai rumori della città in movimento e lui si rendeva conto che, a dovere scegliere fra i due mondi, avrebbe preferito la notte: meno gente, meno problemi, meno strepiti». Ancora bravo, Massimo: meglio misantropi asociali che sorridenti filantropi baciapile!
Ecco, di seguito, dal più recente al più antico, gli articoli che LucidaMente ha dedicato agli scritti di Massimo Fagnoni: Il cielo (nero) sopra Bologna Com’è triste Bologna… Il noir ai tempi della crisi Una Bologna borghese e sottoproletaria nel nuovo giallo di Massimo FagnoniL’assassino? La tv spazzatura!
Le immagini: la copertina del libro e le Caserme Rosse.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 134, febbraio 2017)