Diario di bordo di quattro giorni trascorsi in barca a vela nel cristallino mare di fronte a Zara. La singolare esperienza della vita a bordo dell’imbarcazione
Se il paradiso terrestre esiste, a maggio 2024 ne abbiamo trovato uno spicchio non lontano dal nostro Paese. Questa è la nostra convinzione dopo aver trascorso quattro giorni fra le onde del mar Adriatico di fronte a Zara, in Croazia. Massimo – skipper e capitano – Elena, Marco, Angelo e la sottoscritta: ecco i membri dell’equipaggio, in numero ideale per essere tutti un po’ protagonisti dell’avventura.
Ve la riproponiamo sotto forma di diario di bordo, condito dalle nostre personali impressioni; comprese quelle relative alla convivenza in barca a vela, esperienza da provare almeno una volta nella vita.
L’arrivo a Zara e l’imbarco al porto
Giovedì 9 maggio: alle ore 10,50 il nostro aereo decolla da Bologna, tra nuvole qua e là minacciose, direzione Zadar (Zara). Fino al giorno prima pioggia e freddo avevano fatto temere di dover modificare la rotta studiata insieme a tavolino nel precedente periodo di caldo intenso.
Dopo tre quarti d’ora atterriamo nel piccolo aeroporto della città croata. Bagagli sulle spalle – ricolmi più di giacche a vento che di costumi – ci accordiamo con un singolare tassista per raggiungere il porto di Zara, presso il quale Ivan ci darà in consegna Argo, la sua Bavaria 38 del 2006. Massimo, Marco e Angelo si occupano del check in e degli altri aspetti tecnici; le donne si avventurano invece per le strade di Zadar alla ricerca di un supermercato ove acquistare quanto necessario per rifornire a dovere la cambusa.
Verifichiamo quindi – in occasione del pasto iniziale, consumato a bordo prima di issare le vele – che in barca non manchino accessori indispensabili. Salutiamo infine Ivan, pronti per iniziare l’avventura!
L’isola di Pasman, la bora e il cielo stellato
Alle ore 16 lasciamo il porto di Zara, direzione sud-est. Una fresca bora ci spinge verso la punta estrema dell’isola di Pasman, ove gettiamo l’àncora e passiamo la notte alla fonda. Proseguono le raffiche di vento che avevano fatto sbandare la barca a vela anche durante la navigazione nel pomeriggio.
Tuttavia il ridosso (riparo dal vento che il nostro capitano ha individuato, ndr) ci permette di passare un riposo tranquillo; nonostante la sensazione di girare intorno all’àncora si traduca, in effetti, in pura realtà (giro alla ruota).
Ci concediamo un piatto di pasta asciutta condita con un sugo al tonno preparato dalla cuoca di turno. Prima di addormentarci assaporiamo l’immensità di un cielo stellato come in città non se ne vedono, restando impressionati dall’esorbitante numero di satelliti che sfrecciano sopra di noi in una sorta di autostrada nell’etere.
I capricci del tender e l’approdo sull’isola di Smokvica
Venerdì 10 maggio: dopo una colazione a base di biscotti e dell’immancabile caffè preparato con la moka sul fornello rigorosamente basculante, si riparte di buon’ora. La prua è nuovamente puntata a sud-est, verso le isole di Vrgada e Murvenjak. Dopo una sosta per il pranzo – un equipaggio funziona se ben nutrito! – il capitano butta in mare, per provarlo, il tender, ossia il gommoncino in dotazione della barca a vela, necessario per raggiungere la terraferma se non ci si trova in porto.
Dopo qualche capriccio del motore, la piccola imbarcazione si convince a fidarsi di lui: Massimo ci accompagna quindi sulla costa, ove ammiriamo l’acqua trasparente e una baia incantevole, immersa in una pace che rinfranca le nostre anime.
Verso le ore 13,45 ripartiamo, prua a sud, finalmente verso il Parco nazionale delle Isole Kornati (Incoronate). Alle ore 16 raggiungiamo Smokvica. Lanciamo l’ormeggio al pontile e i temerari Angelo e Marco si tuffano in un’acqua cristallina ma freddissima.
Il tuna steack e il bagno in acqua ghiacciata
Non mancano un tour a piedi fino alla vetta dell’isola, ove domina dall’alto la statua di una Madonnina, né una cenetta sulla terrazza con vista mare, a base di tuna steak (trancio di tonno alla griglia) e particolari verdure aromatizzate.
Alle ore 8,30 di sabato 11 maggio, dopo la consueta colazione, ripartiamo con prua a nord-ovest, verso Ravni Zakan, isola immersa fra le Kornati. Dopo un giro sulla terraferma fra la fauna selvatica, ripartiamo verso nord-ovest per poi concederci, alle ore 12,45 – nella baia di Lopatica – una sosta per un nuovo bagno. Difficilmente dimenticheremo l’esclamazione di chi, fra noi, ha avuto il coraggio di calarsi in acqua: «È come tuffarsi in tanti cubetti di ghiaccio!».
Ammiriamo i colorati alveari nei pressi della costa prima che la nostra brevissima sosta si concluda: veniamo infatti invitati a spostarci. Non ci perdiamo d’animo: puntiamo verso Vrulje e alle ore 14 sostiamo in rada (gettando l’àncora, ndr), consolandoci con un piatto di spaghetti alla carbonara.
Il mare aperto e il sorriso di Vincent
Il pomeriggio di sabato 11 maggio resterà nella nostra memoria. Desiderando visitare le finte rovine romane sull’isola di Mana – costruite a scopi cinematografici – ci attende il mare aperto. Ed è proprio il caso di dire: «C’è vento ma soprattutto c’è mare!». Onde alte almeno un metro e mezzo rendono piuttosto ardua la nostra navigazione ma noi non ci arrendiamo.
Acceso il motore e chiuse le vele, proseguiamo arditamente verso Mala Proversa. Superato il punto più impegnativo arriviamo alla punta sud di Dugi Otok, ove decidiamo di passare la notte in rada. Concludiamo il giretto sulla terraferma con una piacevole e fresca sorpresa: conosciamo Vincent, un bambino austriaco di 7 anni intento, con i genitori, a pescare i gamberetti con il retino, sul piccolo molo.
Il nostro capitano gli concede un breve giro sul tender e in noi è immediatamente netta una percezione: quanto poco basta a questa giovane creatura per essere felice! E non soltanto a Vincent! La serata si conclude con un meritato pasto a base di pollo e patate.
Lo spettrale bunker di Dumboka e il ritorno a Zara
Quasi senza accorgercene arriva l’ultimo giorno di navigazione, domenica 12 maggio. Navighiamo a nord-ovest verso il bunker di Dumboka, situato sull’isola di Dugi Otok. Lo raggiungiamo a bordo del tender notando la banchina di ingresso rivestita da gomme di automobili.
Ci addentriamo nella sua imboccatura a est ed è subito buio: ne cogliamo l’atmosfera spettrale e il significato che ebbe, in passato, per i sommergibili. Terminata la visita torniamo a bordo della barca a vela e pranziamo; verso le ore 15 ripartiamo in direzione Zadar, ove arriviamo due ore e mezzo più tardi, navigando senza particolare vento.
Arrivati in porto, Ivan ci attende alla stazione di rifornimento del gasolio. Ormeggiata Argo ed effettuato il check out con il suo proprietario siamo pronti per un tour della città antica.
Zara: l’organo marino e il Saluto al Sole
Percorriamo a piedi le stradine che si intersecano intorno alla zona centrale. Costeggiamo la chiesa di San Donato e le rovine dell’antico foro romano, situate tra la stessa e il lungomare, nella parte settentrionale del centro storico.
Raggiungiamo così il suggestivo morske orgulje (organo marino), realizzato nel 2005 su progetto dell’architetto Nikola Bašić: opera sita sulla banchina che circonda il centro cittadino. Trentacinque canne d’organo di differenti inclinazione, lunghezza e forma grazie al moto ondoso dell’acqua marina producono suoni modulati secondo 7 accordi e 5 tonalità.
Poco distante ammiriamo una piattaforma luminosa calpestabile. È il Saluto al Sole, anch’esso realizzato da Bašić: un cerchio con diametro di 22 metri, sotto al quale sono posizionati i moduli solari fotovoltaici composti da 300 lastre di vetro multistrato, poste al livello del lungomare. Quotidianamente, al tramonto – uno dei più belli al mondo – diviene un vero e proprio spettacolo di luci.
I ćevapčići e il rientro in Italia
La serata si conclude in un ristorante, con una cena a base di ćevapčići – polpette grigliate di carne speziata, dalla forma allungata – e patatine. Al termine, ci apprestiamo a trascorrere la nostra ultima notte in barca, al porto di Zara.
La sveglia di lunedì 13 maggio è impietosa e ci fa balzare in piedi alle 4,30. Beviamo l’ultimo caffè della moka e salutiamo la Bavaria 38 che ci ha ospitati per quattro meravigliosi giorni. Ancora assonnati, raggiungiamo in taxi l’aeroporto della città, pronti a imbarcarci sul velivolo che, in meno di un’ora, ci riporta alla quotidianità bolognese e alle nostre rispettive professioni.
Come prevedibile, la ripresa è ardua, ma siamo felici di aver potuto sfruttare ogni minuto di vacanza, rientrando di lunedì mattina presto. I quattro giorni spensierati fanno già parte del passato. I ricordi invece rimarranno a lungo nella nostra mente: positivi per la meraviglia dei luoghi visitati ma anche per l’allegra compagnia.
La vita in barca a vela: un’esperienza da provare
La convivenza all’interno di una barca a vela merita un discorso a parte. Pur tralasciando i problemi fisici legati al mal di mare, essa può talvolta rivelarsi un’esperienza fallimentare, con possibile rottura dei rapporti umani fra i membri dell’equipaggio. Se si parte con animo sportivo e di grande adattamento, può invece consolidare ancor di più un’amicizia.
È come vivere in un camper con gli scafi al posto delle ruote. Spesso vi è soltanto una toilette in condivisione, da utilizzare secondo regole rigidissime. È d’obbligo il massimo rispetto reciproco, primo fra tutti verso il capitano, che ha piena responsabilità in ogni ambito. Cadono quindi necessariamente le barriere legate a timidezza e riservatezza. Ognuno deve essere se stesso, senza maschere: per questo può capitare che emergano lati caratteriali o relazionali prima sconosciuti.
È indispensabile, poi, che ognuno abbia un ruolo ben definito, prestabilito di comune accordo: chi pensa alle vele, chi alla cucina, chi al lavaggio dei piatti e così via. Maggiore è l’organizzazione, migliore sarà il risultato. E per tutti, indistintamente, una costante convinzione: la natura e il suo rispetto sono il miglior premio per essere felici!
Si ringrazia Massimo Polvani per l’accesso al diario di bordo.
Le immagini: le acque cristalline della Croazia; l’equipaggio sulla terraferma dell’isola di Smokvica e l’interno del bunker di Dumboka (foto a cura dell’autrice dell’articolo e dei compagni di viaggio, che acconsentono alla pubblicazione).
Emanuela Susmel
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 222, giugno 2024)
Brava, Emanuela!!! È stato bello rivivere i bei giorni trascorsi insieme! Un grazie a tutti e al nostro capitano Massimo.