Intervista con Marco Caramanna, cofondatore della comunità napoletana che accoglie minori con problemi fisici irrisolvibili. Un aiuto concreto per i loro genitori
La Casa di Matteo è una comunità socio-sanitaria che accoglie i bambini con gravi patologie e disabilità, abbandonati dalle proprie famiglie o con parenti che, da soli, non sono in grado di gestirne le difficoltà. Essa si prefigge l’ambizioso scopo di assicurare loro le cure sanitarie ma anche – e soprattutto – il sostegno educativo-psicologico di cui necessitano. Abbiamo intervistato Marco Caramanna che, insieme a Luca Trapanese, nel 2017 ha fondato a Napoli quella che, a tutti gli effetti, è una vera e propria casa.
Una casa piena di speranza e amore
Come è nato il vostro progetto e in che cosa consiste?
«Il progetto nasce da un reale vissuto. Luigi e Rosa, una coppia di amici, anni fa adottò un bambino di nome Matteo. Qualche tempo dopo, il piccolo si ammalò di cancro e la famiglia rimase al suo fianco fino al suo ultimo giorno di vita. Il nostro primo pensiero fu il seguente: se Matteo non fosse stato adottato per tempo – prima della scoperta della malattia – non avrebbe mai ricevuto il calore di una famiglia. Abbiamo quindi immaginato che, al pari di lui, molti piccoli in difficoltà necessitassero di un sostegno psicologico, oltre che sanitario. Nel 2017 decidemmo così di fondare La Casa di Matteo».
In che cosa consiste, in concreto?
«Preciso anzitutto che all’interno dell’ente opera un’équipe di professionisti a 360 gradi. Oltre a curare l’aspetto sanitario, infatti, diamo molta importanza a quello affettivo-emotivo-educativo: nel suo ambito la nostra struttura è la prima nell’intero Sud del Paese. L’attività che svolge è piuttosto impegnativa in quanto funziona 24 ore al giorno senza mai rallentare, nemmeno durante il periodo di picco della scorsa pandemia. Definirci una “casa famiglia” è riduttivo: mi piace dire che La Casa di Matteo è una famiglia ben educata e preparata per gestire casi speciali. A tutti gli effetti, essa consiste in una casa, oltretutto dotata di un minireparto di rianimazione».
È un progetto ambizioso… ma chissà quante difficoltà…
«Accanto a quelle finanziarie ce n’è una fra tutte che, a distanza di anni, non siamo riusciti a risolvere: lasciarci scivolare addosso la sofferenza che vediamo nei bambini con cui, da anni, conviviamo. Ancor più complesso è poi scindere la mia figura all’interno della struttura dal mio quotidiano vissuto in famiglia, insieme ai miei figli, fortunatamente sani».
L’energia di un lavoro di équipe e di solidarietà al servizio dei piccoli ospiti
Il personale che si occupa dei vostri piccoli ospiti svolge opera di volontariato?
«I volontari sono presenti quotidianamente e di questo non li ringrazieremo mai abbastanza. Si tratta perlopiù di persone che, un giorno alla settimana o al mese, cucinano o raccontano le favole ai bambini e che costituiscono un sostegno fondamentale alla nostra struttura. Tuttavia, l’impegno che la gestione della casa richiede è di enormi proporzioni e non possiamo basarci esclusivamente su di loro».
Chi altro vi aiuta nella gestione dei bambini in gravi difficoltà?
«La nostra équipe è formata da 12 professionisti stabili, assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato: educatori, infermieri, operatori sociosanitari (Oss, ndr), fisioterapisti. In più, un docente in Pediatra dell’Ospedale Santobono di Napoli presta la propria opera in regime di volontariato. Sono tutte figure fondamentali per noi, ma quelle che spiccano per rilevanza sono l’educatore e l’infermiere».
Chi sono i bambini che ospitate?
«Da noi arrivano – anche da altre regioni – bambini allontanati dalle loro famiglie; minorenni abbandonati in ospedale o affidati, per scelta, da genitori che versano in situazioni molto complesse. Possiamo ospitarne fino a un massimo di sette, di cui sei posti fissi più uno di emergenza».
Fino a che età li accogliete?
«La Casa di Matteo è autorizzata a ospitare minori da 3 a 13 anni. In caso di bisogno particolare, però, accoglie anche bambini di pochi mesi o ragazzi di 14 e 15 anni. Nella nostra esperienza, fino ad ora, l’ospite più giovane è stata una bimba di appena quattro mesi».
Quale percorso per garantire assistenza ai bambini in difficoltà?
Che iter devono seguire i bambini per entrare nella vostra struttura?
«Dipende dalla tipologia di ospite. La famiglia che non riesce più a curare in casa il proprio figlio deve rivolgersi all’Asl di competenza, la quale valuta caso per caso. La questione cambia se è il Tribunale che decide di sottrarre il minore alla famiglia: si aprono così i percorsi per la sua adozione e affido. Nella nostra personale esperienza si tratta di casi rari: in sei anni siamo riusciti ad attivare un solo affido preadottivo nei riguardi di altrettanti bambini abbandonati in ospedale. Per il percorso inverso, ovvero quello di uscita da La Casa di Matteo, possono invece verificarsi tre differenti casi: gli ospiti vengono dati in affido (come dicevo, è raro); rientrano nella propria famiglia (per il momento questo si è verificato una sola volta); la malattia che li ha colpiti è tanto grave da non concedere purtroppo scampo».
I genitori che non possono occuparsi dei figli con gravi difficoltà hanno accesso alla vostra struttura?
«Ogni famiglia che abbia il bambino ospite da noi è libera di entrare quando lo desidera, per assicurargli vicinanza e affetto. Possono poi accedere, senza limiti di orario, anche gli altri parenti dei nostri ospiti».
Solidarietà chiama solidarietà, per il futuro dei bambini malati
Come viene finanziato il progetto La Casa di Matteo?
«Per ogni bambino ospitato, la struttura riceve una retta dal Comune interessato. In caso di famiglie con difficoltà economica e/o educativa, invece, la quota viene erogata dall’Asl. Purtroppo, però, il pagamento effettivo di dette somme avviene con enorme ritardo; inoltre, esse non coprono interamente i costi sostenuti. Conseguentemente ricorriamo appena possibile a raccolte fondi che ci possano aiutare nell’emergenza. Per “emergenza” intendo il fatto che ogni qualvolta un nostro ospite viene ricoverato in un ospedale pubblico noi dobbiamo comunque garantire assistenza e assicurargli il nostro personale extra anche durante la degenza. È inoltre possibile donare tramite il nostro sito internet».
Come avviene la raccolta fondi?
«Il crowdfunding viene organizzato all’interno de La Casa di Matteo ma anche da persone e/o aziende che ci seguono e che spesso ci fanno preziose donazioni. Noi realizziamo dei prodotti che possono essere acquistati e il cui introito va a sostenere la nostra struttura. I generi variano a seconda delle occasioni: mi riferisco ai panettoni natalizi o alle uova di Pasqua, che vengono pubblicizzati attraverso i nostri canali social».
Quali sono, in particolare, i vostri canali social?
«Chi desidera seguire la nostra attività e magari sostenerci ci trova su Facebook e su Instagram. Per noi è fondamentale il sostegno di più persone possibili in quanto, in Italia, non esistono altre strutture adatte ad accogliere bambini malati. E i bambini sono il nostro futuro».
Le immagini: il logo de La Casa di Matteo; il cofondatore Marco Caramanna al lavoro con una piccola ospite; un ambiente della struttura.
Emanuela Susmel
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 214, ottobre 2023)
Ci sono tante belle iniziative, purtroppo sconosciute ai più. La loro esistenza ci stimola a prendere posizione, a lasciarci coinvolgere