In una società a economia turbocapitalista, nella quale tutto è merce e quindi tutto è permesso, la logica conseguenza è che l’ultima reticenza riguarda solo i soldi
Certo. Il “comune senso del pudore” non è un concetto fissato per sempre, nello spazio e nel tempo. Esso varia sotto l’influenza delle religioni, con i cambiamenti sociali e di costume, per fattori culturali e altro ancora. Ma oggi, nella nostra società occidentale turbocapitalistica neoliberista e globalizzata a guida Stati uniti, dove si colloca? Quali sono i suoi confini, limiti, tabù?
Col denaro si può comprare tutto
Non è difficile scoprirlo: riguardo al corpo e alla sessualità non esistono più divieti. Il «proibito proibire» di sessantottina memoria è stato completamente sdoganato, ma non tanto dai rivoluzionari e dai sovvertitori del “sistema” (o, forse, “utili idioti” a esso funzionali), quanto, beffardamente e utilitaristicamente, proprio dai detentori del Potere capitalista.
Ed è logico. Nel capitalismo, nella sua mutazione postborghese, neoliberista, consumista, tutto è merce. Anche il corpo e il sesso, che nella ottocentesca famiglia borghese venivano circondati da un’aura censoria e di riservatezza. Oggi, invece, tutto ciò che è meccanicamente possibile e acquistabile col denaro diventa pure lecito. Ogni tipo di nudità, pornografia, prostituzione maschile e femminile, cambiamento di sesso, bebè concepiti da gravidanza altrui, persino la sessualizzazione precoce di bambine e bambini, fino alla vera e propria pedofilia.
Ma l’assenza di pudore e riservatezza è forse ancora più manifesta nell’esibizionismo di corpi disarmonici e brutti, obesi o anoressici, nella moda dei tatuaggi che devastano il corpo, nell’abbigliamento che, invece di esaltare gli aspetti belli di un corpo, lo deturpano e lo abbruttiscono, nella stessa dittatura gender e nella conseguente genderizzazione dello stesso linguaggio. Pure con la mascolinizzazione delle femmine e la femminilizzazione dei maschi.
L’esibizione del dolore e la vera trasgressione
E, se la bellezza non ha salvato e non salverà il mondo, come possono farlo la bruttezza, il cattivo gusto, la volgarità, la spettacolarizzazione di tutto? Fino ad arrivare alla gravissima esposizione pubblica di fatti di famiglia, alla diffusione del proprio stato di salute, e magari di malattie gravissime. Persino col falso nobile intento di “dar coraggio” agli altri colpiti dalle stesse patologie mediante lo slogan “non mollare mai, come faccio io”. Il che risulta un terribile boomerang quando il personaggio “famoso” ci lascia le penne, deprimendo le persone comuni. Ciò che sembrava solo buonismo si rivela un dannoso esibizionismo e smania di protagonismo, fino alla fine.
Se tutto è consentito, senza limiti e buon gusto, oggi la trasgressione consiste proprio nella millenaria “normalità”. Che si sostanzia nell’antico motto est modus in rebus, c’è una misura in tutte le cose, dettata dalla razionalità, dalla difesa delle proprie intimità e riservatezza, dalla scelta di non offendere gli altri.
Il nuovo “senso del pudore”
E, allora, dov’è finito il “comune senso del pudore”? Fino a pochi decenni fa il corpo, la riservatezza, l’erotismo, erano fondamentali e rivestivano una funzione privata, confidenziale, segreta, intima. Ma oggi che essi sono divenuti, come s’è già detto, merce, anche mediatica, cos’è rimasto di importante, qual è l’ultimo tabù? Ciò che davvero conta: i soldi, il guadagno, la ricchezza.
Ecco, allora, che non ci si fa scrupoli a esibire il proprio corpo, le proprie intimità, le proprie patologie. Ma le stesse persone che poco prima non avevano avuto difficoltà a parlarvi apertamente dei propri tradimenti domestici, gusti sessuali, disturbi fisiologici, avranno ben altre reticenze. Mai vi informeranno del proprio stipendio o delle difficoltà economiche nel pagare le bollette o nel fare la settimana bianca o la solita uscita settimanale.
Così, quando ci troviamo dentro i nuovi templi della religione capitalista, bancomat e supermercato, ci proteggiamo o voltiamo pudicamente lo sguardo di fronte all’ultimo tabù: la digitazione del codice Pin… blasfema transustanziazione del danaro…
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori: Tima Miroshnichenko; Anna Shvets; Ivan Samkov; RDNE Stock project).
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 222, giugno 2024)