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Home ATTACCO FRONTALE

Perché le élites disprezzano i “bottegai”

Alleate col neocapitalismo, che ha destinato le classi medie alla proletarizzazione e alla miseria, mass media, intellighenzia e gran parte dei politici ridicolizzano o condannano le manifestazioni dei commercianti, dei ristoratori, degli ambulanti, delle “partite iva”…

Rino Tripodi by Rino Tripodi
3 Maggio 2021
in ATTACCO FRONTALE, DALL'ITALIA, MONDO E GLOBALIZZAZIONE, SOTTO I RIFLETTORI, TEMATICHE CIVILI
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Alleate col neocapitalismo, che ha destinato le classi medie alla proletarizzazione e alla miseria, mass media, intellighenzia e gran parte dei politici ridicolizzano o condannano le manifestazioni dei commercianti, dei ristoratori, degli ambulanti, delle “partite iva”…

Da settimane si susseguono le manifestazioni di piazza indette dalle categorie di lavoratori che maggiormente stanno subendo gli effetti negativi degli infiniti lockdown imposti dalle autorità per frenare – dicono queste – la pandemia da coronavirus. Si tratta di ristoratori, commercianti, venditori ambulanti, negozianti al dettaglio, parrucchieri, estetisti, la galassia delle mille attività da “partita iva”, di operatori nel terziario, ecc. ecc.

L’atteggiamento prevalente nel commentare tali eventi non è di rispetto, ma di insofferenza, disprezzo, anche scherno. In particolare i mass media evidenziano presunte “infiltrazioni fasciste”. O si soffermano su qualche episodio violento (chi qualche decina di anni fa picchiava i poliziotti, ora plaude ai poliziotti che bastonano…) o “di colore”. Come se un po’ di “folklore” del tipo dello sciamano non ci potesse anche stare in una manifestazione di protesta… Ma, allora, cosa si dovrebbe dire dei Gay Pride, delle manifestazioni dei sindacati, delle sardine, dei seguaci di Greta, ecc.? Agli intellettuali, soprattutto se radical chic, dei “bottegai” non frega nulla. Interessano solo a una certa parte politica, e non si sa se per reale sensibilità o semplice calcolo elettoralistico. Eh, sì, per le nuove élites, i dimostranti sono brutti, sporchi e cattivi. Rozzi, volgari, incolti, inquinatori, evasori fiscali per definizione, salviniani, meloniani, neofascisti (la parola magica): antropologicamente e ontologicamente diversi da loro, che sono i buoni. Pensate: si è visto qualche “rivoltoso” inginocchiarsi chiedendo pietà o piangere apertamente perché non sa come fare a dar da mangiare ai figli: ma che troglodita, ancora legato alla paternità, alla famiglia, e non conquistato dalla neolingua gay e gender! E tutti chiedono di poter lavorare, solo questo. Ignoranti!

Eh, sì, quando si lavora tutto il giorno per far vivere la propria attività non resta molto tempo per letture e film d’essai. Ma più ignoranti sono quelli che non hanno mai messo su un’attività propria nella vita, che hanno sempre ricevuto stipendi sicuri da stato, parastato, atenei, enti, partiti, sindacati, fondazioni, che fingono solidarietà per gli oppressi, tranne poi, appena possibile, divenire spietati sfruttatori: come si diceva un tempo, cuore a sinistra, portafoglio a destra… (vedi anche Una maschera vi seppellirà: “Il Padrone di Merda” di Bologna).

Ignoranti in quanto, ben protetti e satolli, non capiscono il rischio che deve affrontare chi promuove una propria attività. E il ruolo dei “bottegai” è molto più nobile e utile di quanto si creda. Le rivendite, i negozi, i piccoli empori, i mercatini rionali, così come le edicole in via di estinzione, sono un presidio sociale, un luogo di incontro della comunità di rione. Inoltre, con la sola loro presenza sul territorio, costituiscono un efficace antidoto al degrado, agli spacciatori, ai topi d’appartamento… Proprio il contrario dei centri commerciali nelle periferie o più spesso fuori città, luoghi freddi e asociali, in mano alle grosse cooperative rosse o alle multinazionali della grande distribuzione organizzata (alimentare e non) e frequentati da coatti di ogni tipo. Ma, al di là, dell’odio viscerale, di classe, “razzista”, verso i commercianti, la pandemia ha scoperchiato e rivelato ulteriormente i piani del turbocapitalismo finanziario globalista alleato con i tycoon della Silicon Valley e con i radical chic.

Il nuovo capitalismo non sa che farsene della media e piccola borghesia, che una volta rappresentava uno dei suoi pilastri di sostegno. La funzione di tale classe sociale viene meno. Pensateci: a triplicare e oltre i propri guadagni sono state proprio le società straniere o multinazionali di consegna a domicilio di prodotti, quelle di food delivery, di produzione di hardware e software necessario per la comunicazione, il lavoro e la didattica in regime di lockdown.

Tutte si sono arricchite a scapito dei ristoratori, dei commercianti, dei dettaglianti… Inoltre, sono per lo più aziende che non producono alcunché, ma consegnano merce di altri. E, beffa ulteriore, anche quando recapitano pasti richiesti dai clienti ai ristoranti italiani, guadagnano a scapito di questi ultimi. La gente deve abituarsi a restare rintanata in casa, facendosi portare da fuori i pasti e la normalissima spesa. I commercianti nazionali devono immiserirsi, proletarizzarsi, precarizzarsi, proiettandosi verso un futuro dove si sarà tutti poveracci che svolgono lavoretti (gig economy) o attendono le elemosine statali (reddito di cittadinanza, cashback, ecc.). Tanto, Misery non deve morire è solo un libro e un film, invece la ex classe media, come l’operaio, già annullato e soppiantato dalla marea dei migranti, deve perdere ogni dignità e, magari, crepare. Restando in ambito cinematografico, è la stessa risposta che gli alieni di Indipendence Day davano ai terrestri che chiedevano cosa potessero fare per salvarsi: «Morire».

Rino Tripodi

(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 185, maggio 2021)

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Tags: ambulantibottegaicommerciantiélitesfocuslockdownmanifestazionineocapitalismopandemiapartite ivaradical chicristoratori
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