E, alla fine, “Parasite” di Bong Joon-ho ha conseguito una vittoria auspicata da molti, ma del tutto inaspettata
In quella che per noi è stata la notte tra il 9 e il 10 febbraio, a Los Angeles si è tenuta la 92ª edizione dei premi Oscar. La statuetta più ambita tra tutte è quella del miglior film; e per questo si tende sempre a consegnarla a fine cerimonia. Quest’anno candidate erano nove ottime pellicole; a trionfare su tutte è stata l’opera di Bong Joon-ho, Parasite.
Una vera sorpresa perché per la prima volta la vittoria è andata a un film non in lingua inglese. Ma non solo. Il lungometraggio sudcoreano ha portato a casa un totale di quattro premi. Infatti, in aggiunta al già citato riconoscimento, abbiamo: miglior regia, miglior film internazionale e miglior sceneggiatura originale. Tutti meritati perché si può dire che il lavoro di Joon-ho è spiazzante. Senza voler anticipare nulla a chi ancora deve vederlo, è sufficiente sapere che parla di una famiglia composta da madre, padre, figlio e figlia, in difficoltà economiche: vivono in un seminterrato e si barcamenano tra lavori saltuari e sussidi assistenziali. A un certo punto della storia entrano in contatto con una famiglia benestante e riescono a intrufolarsi nelle loro grazie. Il tutto, però, sfocerà in una lotta di classe. L’inizio è quasi da commedia noir, si evolve poi in thriller, per terminare in un horror grottesco. Un mix di generi ben amalgamati paragonabile allo stile di Quentin Tarantino, il quale non a caso ha spesso riconosciuto la bravura del regista sudcoreano.
Un Tarantino che gareggiava anche lui tra i miglior film con il suo C’era una volta Hollywood, del quale ci siamo già occupati su LucidaMente di ottobre. Come del resto non poteva mancare Storia di un matrimonio di Noah Baumbach (anche questo oggetto di articoli comparsi sulla nostra rivista), il nuovo Kramer contro Karmer. A proposito del filmmaker newyorkese, tra i concorrenti si trovava persino la compagna dello stesso Baumbach, Greta Gerwig. La sua proposta era Piccole donne, un sapiente lavoro di regia che ha trattato in maniera innovativa i bestsellers di Louisa May Alcott, sviluppando la storia su due livelli temporali diversi; tuttavia, ogni passaggio è sempre ben strutturato e congegnato. Il tema delle prospettive alla quali possono ambire le donne è sempre attuale e la Gerwig è stata molto abile nel servirsi del personaggio di Josephine per trasmettere il messaggio.
Il suo, comunque, non era l’unico. Anche Todd Phillips con Joker ha lanciato un grido di aiuto alla società. Un’interpretazione, quella di Joaquin Phoenix, che gli è valsa l’oscar come migliore attore protagonista. Altro tema rivolto all’attenzione della comunità e al prestare molta attenzione all’epoca in cui viviamo è stato portato in scena da Taika Waititi con Jojo Rabbit. Ispirato al libro Cielo in gabbia, ambientato a Vienna nel 1938, tratta il tema del nazismo unendo l’umorismo di Charlie Chaplin (Il grande dittatore) a quello di Roberto Benigni (La vita è bella). In un momento storico in cui molteplici sono gli episodi di cronaca di antisemitismo e di intolleranza, questa chicca di movie (accessibile anche ai più piccini) consente di riflettere per mezzo dell’ironia. Uno sforzo, quello del produttore, regista, sceneggiatore e attore neozelandese premiato nella categoria miglior sceneggiatura non originale.
Non dobbiamo dimenticare le restanti tre opere comprese nella rosa dei miglior film: The Irishman di Martin Scorsese, Le Mans 66, diretto da James Mangold, e, infine, il favorito 1917, l’ultima fatica di Sam Mendes, caratterizzato da una nuova modalità di costruire un war movie. Quindi, seppure il principio della trama possa richiamare Salvate il soldato Ryan, la tecnica con cui Mendes ha deciso di girare 1917 vuole dare al pubblico l’impressione di un unico piano sequenza, uno stilema davvero efficace per mantenere alta la tensione. Dunque, quest’anno molti, moltissimi lavori di alta qualità hanno gareggiato per conquistare l’ambita statuetta. Ci sono state denunce sociali, temi storici e richiami all’attualità. Un vero spettacolo per il pubblico!
Le immagini: una scena di Parasite.
Arianna Mazzanti
(LucidaMente, anno XV, n. 170, febbraio 2020)