Il Disco di Nebra costituisce una delle scoperte archeologiche più importanti del XX secolo ed è la più antica rappresentazione del cielo. Scoperto nell’estate del 1999 da alcuni saccheggiatori di tombe all’interno di una cavità in pietra sul monte Mittelberg, nei pressi della cittadina di Nebra in Germania, esso è costituito da una lastra in metallo con applicazioni in oro risalente a più di 3500 anni fa nella quale sono chiaramente raffigurati fenomeni astronomici e simboli esoterici. Dal 2002 appartiene al museo regionale della preistoria di Halle, in Sassonia-Anhalt. L’omonimo romanzo di Giovanni Nebuloni – quinta uscita della collana di letteratura Nerissima delle nostre edizioni – avvince sia per la vivacità della trama, intrisa di azione e colpi di scena, sia per i riferimenti culturali ed esoterici sparsi lungo il romanzo.
Ambientato a Milano, a Mosca, in Grecia e principalmente in Germania, Il Disco di Nebra inizia con un clamoroso attentato al Duomo di Milano, per poi dipanarsi lungo vicende e sentieri intricati, a volte illusori o ingannevoli, ma sempre affascinanti e collegati da sottili correspondances.
Eccone l’incipit, in cui si accenna all’inquietante teoria del “doppio”, che tanta parte avrà nel prosieguo della vicenda.
L’esplosione fu superiore a ogni altra e le fiamme guizzanti sul bronzo formavano un grande fiore bianco, giallo e rosso.
“Brucia!” esclamò Isabella Doria, stringendo la mano che cercava la sua mentre nella piazza la folla rumoreggiava ondeggiando in ogni direzione.
“Una bottiglia incendiaria” immaginò Laura Chimenti.
“Andiamo!”
“Non solo una bottiglia.”
“Ti muovi?!” incitò Isabella, iniziando a correre e trascinando l’amica con sé.
“Il portone centrale è un’enorme fiaccola.”
“Chi può essere stato?”
“Pensi che abbiano lasciato il biglietto da visita?”
“Attenzione!” esclamò Isabella. “I gradini”, i cinque del sagrato che le ragazze scesero velocemente. “Perché l’hanno fatto?”
“Geniale.”
“Cosa?”
“La tua domanda!”
“Qui siamo al sicuro” sussurrò poi Isabella, riprendendo fiato e fermandosi all’ingresso della Galleria.
“Una bottiglia incendiaria e una bomba carta” rifletté Laura, con gli occhi sulla cattedrale. “O una o due magnum con benzina, forse nafta, più densa. Esplosivo e liquido infiammabile. Hanno usato tutt’e due le cose perché una molotov non fa tanto chiasso e la deflagrazione è stata invece forte e secca. E’ scoppiata la bomba, ed è divampato il fuoco.”
“E i poliziotti urlano d’allontanarsi.”
“Anche se vicino al portale adesso c’è il deserto.”
“Lo scherzo potrebbe comunque costare caro.”
“No, anzi, l’incendio sta calando d’intensità ed è arrivato appena a lambire il marmo della facciata.”
“Non eravamo distanti, ma io non ho notato niente.”
“Io sono nelle tue stesse condizioni e non dovremmo essere le sole. Sembra che anche i poliziotti appartengano, come dire, alla nostra brigata di nulla conoscenti e brancolino nel buio.”
“O nella luce. C’è tanta luce che sembra d’essere su un set cinematografico o che brilli il sole, sebbene vi sia fumo e l’aria sia così acre che è come stare nell’anticamera dell’inferno” sospirò Isabella, sentendo un colpo alla schiena.
Volgendosi, intravide che la donna che l’aveva urtata si affrettava verso piazza della Scala.
Avrebbe affermato che quel volto non più giovane, con i lunghi capelli biondi, il naso aquilino e il grande neo non le fosse sconosciuto.
Il ragazzo che passando fra lei e l’amica la fissò per un istante, le impedì però di parlare e acuì lo smarrimento che le si era scolpito in viso e che costrinse Laura a chiederle perché fosse sbiancata.
“Due gocce d’acqua, uguale a Marco” disse Isabella, una mano sul petto, indicando con lo sguardo. “Ed è scomparso fra la gente. Tu non l’hai visto? E’ come se avessi visto il suo gemello!”
“Sarà Marco che avrà voluto farti una sorpresa.”
“Ma non avrebbe senso! Ci siamo sentiti poche ore fa e ovviamente era sempre a Norimberga. Non ha accennato a niente del genere e, se avesse inteso tornare a Milano, mi avrebbe avvertita. Perché, poi, rientrare a Milano?”
“Che tu abbia visto un sosia di Marco?”
“Dovremmo averne uno tutti noi, anche se io però non ho ancora conosciuto il mio.”
“In compenso, hai incontrato il doppio di Marco.”
“Non c’è altra spiegazione.”
“Sai cos’è “il doppio” in letteratura?”
“Non lo voglio sapere.”
“”Il doppio” può essere la morte.”
“Lo so. E, in psicanalisi, “il doppio” è il rimosso, “l’Heimliche“, che può diventare il suo opposto, “l’Umheimliche“, una sorgente d’angoscia.”
(da Giovanni Nebuloni, Il Disco di Nebra, Introduzione di Valentina Conti, inEdition editrice/Collane di LucidaMente)
L’immagine: lo straordinario reperto, denominato il Disco di Nebra.
Valentina Conti
(LucidaMente, anno III, n. 30, giugno 2008)
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