La coppia bolognese è il cuore di incontri artistici sempre nuovi, come le opere cui danno vita… sempre con ironia
Oggi, 24 aprile, esce Mangiasabbia, l’ultimo progetto discografico dei bolognesi Ubba Bond, al secolo Guglielmo Ubaldi e Andrea Bondi. L’album, che è dedicato alla memoria di Daniel Cau, è stato scritto, prodotto e arrangiato dai due artisti (a eccezione del testo di Su milioni di auto, liberamente tratto da un racconto di Max Guidetti). Le dodici tracce che lo compongono, impossibili da incasellare in un unico genere, sono un inno al nonsense, ai giochi di parole ironici e surreali («Un buon orario è un orario per fare qualcosa di senso… orario», come si canta nel brano Bob).
Andrea “Bond” Bondi – chitarre, basso, batteria, tastiere, cori – e Guglielmo “Ubba” Ubaldi – voce, pianoforte, chitarre, tastiere – formano una band attiva fin dal 2011, che nasce come duo “modulare”, aperto a collaborazioni con altri artisti. I due sono infatti il nucleo di una formazione che cambia di canzone in canzone, creando un unicum musicale variabile a seconda dell’occasione. Si passa così dal minuto e quaranta di Le Correnti, dove il «don din don dan» di Patrizia Urbani sembra la perfetta colonna sonora per una seduta di mindfulness, ai quasi sette minuti di TempoReale, con la wave drum incalzante di Christian “Judash” Di Maggio. Tempo e un ascolto accurato sono i due ingredienti consigliati per godere di Mangiasabbia, un album dove non mancano i rimandi tra un brano e l’altro e i testi spaziano dall’estremamente lirico all’estremamente demenziale. Lo si può notare, ad esempio, in Filo Interrotto, il singolo uscito il 13 marzo e di cui è stato realizzato un videoclip che gioca con il trash, ben rappresentato dalle tutine da ginnastica anni Ottanta, che nulla hanno da invidiare a quelle di Jane Fonda. Nel testo il fiume che «entra in un bar e chiede un caffè e due cucchiaini di zucchero» e il vetro che «esce dal bar e inciampa sopra il filo del ragno che si scrolla le spalle e poi bestemmia più forte che mai» sembra quasi un rimando a Gianna di Rino Gaetano («Gianna, Gianna aveva un coccodrillo e un dottore»).
Il gusto per le immagini surreali, come quelle di due eschimesi innamorati che cadono dentro un lago ghiacciato e si ritrovano con una gran voglia di sushi, e per il nonsense ironico e intelligente, in pieno stile dadaista, sono gli elementi che più emergono dall’ascolto del disco. Non stupisce, quindi, scoprire che Ubaldi, oltre a essere un ingegnere informatico, è anche uno stand up comedian, tra i fondatori del collettivo La factory di Renato Tabacchi, così chiamato in onore dell’omonimo comico bolognese.
Per chi volesse cimentarsi anche nell’ascolto di Le Rane Saltarono, una raccolta di clip audio del 2018, tratta dagli spettacoli live di Ubba e Stefano Podda, si renderebbe conto che è proprio quel tipo di comicità un po’ “fredda” e veloce che contraddistingue l’artista e le sue opere. E non risulta dissonante, in questo contesto, qualche incursione particolarmente poetica come quella di Sale. Nel brano ci si riferisce ai «tuoi capelli mossi a compassione e al mare mosso dei tuoi capelli» e «a me che bevo troppo e troppo in fretta e penso sia dolore quando invece è solo il suono leggero del sale nel mare che affonda». Le immagini creano nella mente figure dai contorni sfocati, cullati sulle note di una melodia dall’aria malinconica, che parla di sentimenti struggenti e di cose che finiscono. Secondo le parole dei suoi creatori, «Mangiasabbia ospita 1732 parole alloggiate in 12 brani per una durata di 55 minuti… orchestre stonate chiuse in comode celle». È un album difficile da definire, dove ogni canzone ha un’identità a sé stante, plasmata anche dagli artisti che hanno contribuito alla sua creazione. Risulta quindi illuminante il titolo del primo brano «Solo per matti», una sorta di bugiardino del disco… “da maneggiare con ironia”.
Chiara Ferrari
(LucidaMente, anno XV, n. 172, aprile 2020 – supplemento LM EXTRA n. 37, Speciale Coronavirus2)