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Home SCIENZA-AMBIENTE-ECOLOGIA-CAMBIAMENTI CLIMATICI-INQUINAMENTO

Il futuro delle api dipende da noi

Una loro scomparsa sarebbe tragica per l’umanità. Quali sono le cause, e come possiamo contrastare il rischio di estinzione dei preziosi insetti? Ne parliamo con l’apicoltore Filippo, residente in Friuli

Isabella Parutto by Isabella Parutto
2 Ottobre 2021
in SCIENZA-AMBIENTE-ECOLOGIA-CAMBIAMENTI CLIMATICI-INQUINAMENTO, SOTTO I RIFLETTORI
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Il futuro delle api dipende da noi
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Una loro scomparsa sarebbe tragica per l’umanità. Quali sono le cause, e come possiamo contrastare il rischio di estinzione dei preziosi insetti? Ne parliamo con l’apicoltore Filippo, residente in Friuli

“Se le api scomparissero dal mondo, all’uomo resterebbero solo quattro anni di vita”: questa è la celebre – quanto falsa! – citazione attribuita ad Albert Einstein. Sebbene il grande fisico non abbia mai pronunciato questa frase, in essa vi è una grande verità: l’eventuale scomparsa delle api avrebbe delle implicazioni negative importanti in molti aspetti della nostra vita, a partire dalla scarsità e difficile reperibilità di molta frutta. Abbiamo deciso di affrontare il tema con l’apicoltore Filippo, residente in Friuli.

Quando e per quale motivo è nata la sua passione per l’apicoltura?
«Tre anni fa, ed è successo quasi per caso. Mio cugino voleva comprare una famiglia di api e io l’ho accompagnato; alla fine siamo rientrati a casa entrambi con un alveare».

Quanti alveari alleva?
«Al momento ho quattro famiglie e due nuclei. Considerando però che per me è soprattutto un hobby, c’è lavoro più che a sufficienza».

Oltre al fondamentale lavoro di impollinazione, quali altri compiti svolgono le api?
«Riformulerei la domanda: il termine lavoro di impollinazione è un termine improprio e molto antropomorfo. In riferimento all’impollinazione sarebbe più corretto parlare di servizio ecosistemico. Le api infatti compiono il servizio di impollinazione durante la loro attività di ricerca di cibo, costituito principalmente dal nettare e dal polline che possono ricavare dai fiori delle piante: tutto ciò fondamentalmente al fine di perpetuare la propria specie e il proprio patrimonio genetico. L’impollinazione è uno straordinario esempio di coevoluzione – e mi verrebbe da dire di simbiosi – fra questi insetti e le piante: queste ultime investono energia per generare organi (i fiori) che producono sostanze zuccherine in grado di attrarre proprio gli insetti impollinatori, approfittando di questi ultimi per massimizzare la loro riproduzione. A questo punto si inserisce l’uomo, che basa su questo “lavoro” la possibilità di ricavare la formazione di moltissime piante di interesse agricolo. Senza le api (e tutti gli altri insetti impollinatori) la riproduzione di queste piante sarebbe molto meno efficiente, riducendo la produzione di frutti».

Quali sono le principali cause dell’attuale scomparsa delle api?
«Negli ultimi anni c’è stata un’attenzione crescente nei confronti di questo tema, che ha portato l’opinione pubblica ad interrogarsi seriamente sul fenomeno della cosiddetta Colony Collapse Disorder (CCD) o moria delle api. Il motivo della scomparsa delle api è un tema dibattuto e, come spesso succede in natura, questo fenomeno è dovuto a un insieme di concause. Purtroppo dietro queste si cela molto spesso, direttamente o indirettamente, la stessa mano che coglie i frutti del “lavoro” delle api, ossia l’uomo. Sicuramente un ruolo importante è rivestito dall’utilizzo di certe tipologie di pesticidi in agricoltura, che disorientano le api e impediscono loro di fare ritorno alla loro famiglia. Fortunatamente sono state introdotte delle regole che limitano l’uso di questi prodotti. Verosimilmente, anche l’impiego di piante geneticamente modificate può aver contribuito in tal senso ad aggravare il fenomeno. Da ultimo un ulteriore elemento del quadro, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, è sicuramente rappresentato dalla diffusione del parassita Varroa destructor al di fuori del suo areale di origine, ovvero l’Asia: questo parassita indebolisce molto le famiglie di api, facendo emergere altre patologie latenti come le virosi, e, se non tenuto sotto controllo, causa il collasso delle famiglie stesse. Verosimilmente, l’insieme di tutte queste concause ha determinato, e continua a determinare tuttora, la moria delle api di cui continuiamo a sentir parlare. È necessario citare anche il cambiamento climatico; ma si tratta di un fenomeno con implicazioni talmente complesse da sviscerare che sarebbe necessaria un’intervista a parte».

Che cosa possiamo fare per contrastare la moria di api?
«Indubbiamente è necessario ridurre l’uso di pesticidi e investire in ricerca di nuovi antiparassitari per l’agricoltura di origine biologica: la natura spesso contiene già tutte le risposte di cui abbiamo bisogno. Infine, bisogna ottimizzare l’uso di ciò che abbiamo, produrre meno sprecando meno, e abituarci a mangiare le mele anche se sono brutte».

A cosa andiamo incontro se le api si estinguessero?
«Mi permetto di fornire una risposta provocatoria: o ci estinguiamo anche noi di conseguenza, o creiamo nuovi posti di lavoro per gente che vada a impollinare i fiori, come già succede in Cina. Cercando una risposta più verosimile, dovremmo iniziare a entrare nell’ottica che la frutta potrebbe diventare un alimento molto molto caro. E saremmo costretti a ripensare completamente ai nostri stili di vita».

Le immagini: foto gentilmente concesse dall’intervistato.

Isabella Parutto

(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 190, ottobre 2021)

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Tags: apiapicolturaattualitàecologiaestinzionefocusimpollinazioneintervistariscaldamento globale
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