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Home DALL'EMILIA-ROMAGNA

Il rap di Wemme Flow va oltre le due torri

Intervista al giovane talento emergente bolognese. La sua passione, i suoi valori, i suoi obiettivi

Maria Daniela Zavaroni by Maria Daniela Zavaroni
1 Giugno 2020
in DALL'EMILIA-ROMAGNA, FILM-DISCHI, INTERVISTE
1
Il rap di Wemme Flow va oltre le due torri
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Intervista al giovane talento emergente bolognese. La sua passione, i suoi valori, i suoi obiettivi

La testa sulle spalle e un modo di fare gentile e alla mano sono le caratteristiche che si notano subito di Wemme Flow, al secolo Alessandro Magrinelli, talento emergente del panorama musicale rap italiano. Bolognese, 20 anni da poco compiuti, Wemme sa quello che vuole. Soprattutto a ruota di anni passati a coltivare la sua passione, parallelamente agli studi di Scienze umane e a un lavoro part time che ha contribuito a renderlo via via indipendente.

Il tutto tra la scrittura di brani e la realizzazione di videoclip che spesso hanno toccato i 100 mila streaming. Dopo aver aperto lo scorso autunno, al Locomotiv Club, il primo concerto sotto le due torri di Tredici Pietro e aver introdotto poco più tardi la guest Giaime al Let’s Go Now di Ozzano Emilia (Bologna), Wemme Flow è fiero del fatto che le sue canzoni siano uscite dal circuito bolognese e che l’apprezzamento dei fan lo ripaghi dell’impegno e della passione riposti in quella che è la sua vocazione: la musica. In una costante crescita artistica, da poche settimane ha pubblicato un nuovo singolo, No Flash, prodotto da Mr. Monkey. Per conoscere meglio questa giovane promessa del rap e scoprire che cosa significhi per lui scrivere canzoni ed esibirsi dal vivo, lo abbiamo intervistato in un caldo pomeriggio di fine lockdown, con la voglia di tornare a svagarci e a vivere ben oltre le mura di casa.

Come e quando è nata in te la passione per le sette note?
«Fin da piccolino, in famiglia, sono stato circondato da musica e scrittura, forme d’arte trasmesse da mio nonno e da mia mamma. Ho iniziato a strimpellare la chitarra alle scuole elementari; poi, in prima media, ho imparato a memoria una canzone dei Club Dogo e l’ho riscritta. Da allora non mi sono più fermato, andando avanti su questa strada e cercando di trovare uno stile e un modo di scrivere tutto mio. Con il passare del tempo, e da poco più di un anno a questa parte, il mio hobby è diventato qualcosa di più professionale».

Come mai hai scelto proprio il genere rap?
«Sono una persona diretta e il modo più efficace per fare arrivare i concetti che voglio trasmettere è questo. Il rap nasce per chi non ha voce, è il linguaggio di chi non ha mezzi termini e consente molta più libertà di parola rispetto ad altri generi musicali; un pensiero diventa un flusso di coscienza. La musica e la scrittura rap mi appassionano e mi rispecchiano da prima dell’adolescenza e, se voglio dire una cosa che magari è scomoda, o anche scurrile, mi fanno sentire libero di esprimermi».

Artisticamente a chi ti ispiri?
«Il mio idolo è Giaime, rapper milanese di qualche anno più grande di me, che ho sempre ammirato e identificato come l’artista che avrei voluto diventare. La sua penna mi incuriosisce molto. Inoltre, mi piace The Weeknd, in modo particolare per le sue sonorità».

Nel tuo ultimo singolo canti «quando scrivo pezzi / lascio pezzi di me»: che cosa significa per te fare musica? A chi ti rivolgi?
«Fare musica significa raccontarmi. Semplicemente, raccontare la vita con i miei testi, le mie parole, la mia visione della realtà. Raccontare il quotidiano, ciò che va bene e di cui sono contento e, soprattutto, ciò che non va bene: da parecchi anni ho questo bisogno di far sapere agli altri ciò che sento, chi sono, dove voglio arrivare e che cosa voglio fare. Mi rivolgo a qualsiasi persona esista, di ogni età, poiché credo che chiunque abbia vissuto ciò che un ragazzo di vent’anni può dire».

Come ti definiresti?
«Sicuramente mi ritengo diretto, umile, determinato e con gli occhi bene aperti».

Il “lockdown” ha inciso sulla tua persona e sui tuoi progetti?
«I primi giorni sono stati molto ambigui e difficili. A livello di progetti, il lockdown ha costretto me, e in generale chi fa musica, a riformulare il lavoro in uscita. Chiaramente abbiamo dovuto adottare nuovi mezzi e strategie. Personalmente, la situazione mi aveva demoralizzato, specialmente all’inizio della quarantena, ma adesso credo che dobbiamo tutti usare la testa e convivere con il nemico comune, che è il coronavirus».

Che novità hai nell’immediato? Puoi anticiparci qualcosa?
«Posso solo dire che, tra pochissimo, uscirà nuova musica».

Come ti vedi tra 10 anni?
[ride] «Mi auguro di avere una carriera avviata già da un po’ e una famiglia mia. La famiglia, per me, è un valore importante e il fatto che nei miei testi io citi senza pensarci troppo i miei genitori, chiamandoli proprio “mamma” e “papà”, è significativo: loro fanno parte di me. È una cosa molto forte, che entra nel flusso di coscienza della mia scrittura rap».

Spesso si dice che i giovani d’oggi siano un po’ annoiati e con pochi stimoli. Che cosa ne pensi?
«Non mi sento nessuno per consigliare o giudicare gli altri. Per me è stata una fortuna aver potuto coltivare una passione che mi abbia distolto da probabili brutte strade. Tuttavia, credo che non si tratti di una questione generazionale: chiunque, a tutte le età, può avere o meno degli interessi. Penso che dietro il trovare qualcosa che piaccia e avere la possibilità di portarlo avanti ci sia la fortuna. Io mi auguro solo che la gente riconosca l’impegno che ho messo nel coltivare il mio sogno».

Che cosa vorresti che il pubblico dicesse di te?
«Vorrei principalmente che mi venisse a sentire live, vorrei avere un tour colmo di date e ogni data colma di persone. Questa ritengo sia la vittoria più grande. I numeri, gli streaming, sono spesso influenzati da fattori che non riguardano la musica, mentre – faccio un esempio – un fan che spende quanto ha messo da parte per sentirmi cantare è ciò che più mi emoziona. La dimensione live, il contatto con chi ti vuole vedere e ascoltare dal vivo credo siano molto più importanti ed entusiasmanti che contare gli streaming da un cellulare».

Le immagini: Alessandro Magrinelli, in arte Wemme Flow, e foto tratte da alcuni videoclip, tra cui quello dell’ultimo singolo No Flash (fornite e su concessione dell’artista).

Maria Daniela Zavaroni

(LucidaMente, anno XV, n. 174, giugno 2020)

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Tags: Alessandro MagrinellicanzoniClub DogogenereGiaimeMr. MonkeymusicaNo FlashrapscritturaTredici PietroWemme Flow
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Comments 1

  1. Marina tagliabue says:
    5 anni ago

    Bravo Alessandro, conosco i tuoi genitori da anni e sono due persone meravigliose!!! Ne sei degno… Ti auguro ogni bene!!!
    Marina…

    Rispondi

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