Il sondaggio AddLance: anche i professionisti che lavorano a distanza hanno risentito degli effetti negativi del lockdown dello scorso anno
La crisi economica colpisce i lavoratori freelance. Le partite Iva, che anche prima del lockdown erano abituate a collaborare a distanza, nel 2020, a causa della pandemia, hanno patito svantaggi economici e professionali. Lo rivela un sondaggio di AddLance, piattaforma di domanda e offerta di collaborazioni da remoto, effettuato su un campione di 500 iscritti sulla rete italiana.
A dicembre 2020 AddLance ha chiesto ai partecipanti se le limitazioni agli spostamenti e le chiusure decise nel corso dell’anno avessero influito sul loro reddito. Si tratta di professionisti come programmatori, web designer, comunicatori, marketer, traduttori: profili che si adattano facilmente al lavoro da remoto e che lo utilizzano di regola. Si poteva presumere che, per queste categorie, le nuove abitudini imposte dalla pandemia non avessero grandi conseguenze: eppure, anche per loro il lockdown ha avuto ricadute molto negative sulle proprie entrate. Secondo il sondaggio AddLance, il 28,4 per cento dei professionisti ha subìto un peggioramento della propria attività durante il 2020. Il 31,1 per cento ha lamentato conseguenze negative, anche se in modo più moderato: sommando i due valori, si vede che il 59,9 per cento del campione dichiara di essere stato danneggiato, a livello professionale, dalla pandemia.
Gli aiuti governativi non sono stati abbastanza
Se per una quota minoritaria di freelance, il lockdown non ha cambiato le loro condizioni di lavoro o addirittura le ha favorite, il sondaggio di AddLance mette in evidenza uno stato di incertezza diffusa. Le misure di bonus e welfare governativo non sono bastate a coprire le falle di un sistema economico che, con le chiusure, si è ritrovato all’improvviso senza risorse. AddLance ha chiesto ai professionisti se gli aiuti stanziati dal governo per i lavoratori autonomi fossero adeguati. Il 60,9 % del campione ha risposto in modo netto, dichiarandoli inadeguati, mentre il 22,1 % li definisce adeguati ma erogati in modo inefficiente. Per l’11,8 % gli aiuti sono stati adeguati ed erogati in modo efficiente. Andrea Cossovel (vedi foto), direttore Marketing di AddLance, commenta: «Ci aspettavamo che, in una situazione di mobilità limitata, il lavoro da remoto aumentasse e che questo potesse accrescere le opportunità di business per i freelance. Il sondaggio mostra, invece, che il blocco delle attività da marzo-aprile e le altre limitazioni che si sono succedute nel 2020 hanno ridotto le opportunità, anche per una categoria professionale potenzialmente più fortunata».
Nuove prospettive per le collaborazioni da remoto
Di fatto, il primo impatto con il lockdown è stato negativo e la crisi economica ha eroso parte delle potenzialità del lavoro a distanza. Tuttavia, costrette a limitare gli spostamenti e comunicare, di necessità, con videochiamate e videoriunioni, alcune aziende hanno iniziato a maturare una maggiore dimestichezza con il lavoro da remoto e sulle tecnologie digitali. Questo potrebbe cambiare le cose per consulenti, professionisti, agenzie. Le aziende saranno più disponibili a scegliere partner e consulenti comunicando con loro a distanza?
Nel sondaggio di AddLance emerge che sul fronte dei canali di comunicazione più diffusi, oltre all’immancabile telefono – usato dal 34,2 dei freelance – si fanno strada Skype, per il 27,9 per cento, e che, tra le applicazioni di videochiamata, Skype, Zoom, Webex e Google Meet, considerate tutte insieme, arrivano al 55%. Osserva Cossovel: «Abbiamo chiesto ai freelance le loro previsioni in merito al futuro. È emerso che si aspettano una maggiore propensione ai rapporti di lavoro a distanza e una crescita delle collaborazioni per i freelance da remoto».
Di quest’avviso è anche Alessandra Farabegoli, cofounder e organizzatrice del Freelancecamp: «Per chi lavora da freelance, lo smart working e il remote working non sono certo una novità, e finalmente anche i committenti, spesso in passato ostili a forme di organizzazione agile, hanno scoperto che “si può fare”, mentre, al contrario, “abbiamo sempre fatto così” non regge come scusa. Questo naturalmente non risolve magicamente i problemi che abbiamo dovuto affrontare – conciliare l’organizzazione familiare con i tempi di lavoro, riuscire a trovare lo spazio fisico e mentale per lavorare bene anche da casa, gestire la cura e gli imprevisti quando si hanno poche tutele – ma almeno li ha portati alla luce come emergenze che riguardano tutti: è come se tutti fossero diventati un po’ più freelance, e quindi i problemi dei freelance hanno assunto una visibilità che prima faticavano ad avere».
E.A.
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 183, marzo 2021)