L’importanza del “Deuxième sexe”: dalla prima ondata di rivendicazioni femminili al movimento #MeToo
In un’intervista rilasciata nel gennaio 2008 al mensile L’Histoire, Ingrid Galster sosteneva che quando si parla di Simone de Beauvoir (Parigi, 1908-1986) lo si fa in quanto compagna di Jean-Paul Sartre, facendo passare in secondo piano la scrittrice, l’intellettuale e la femminista. L’interesse che il pubblico e gli stessi ricercatori mostrerebbero verso questa relazione andrebbe a scapito delle sue idee e della sua produzione saggistica e letteraria. Non solo, ma in pochi – sempre secondo la docente universitaria tedesca – avrebbero letto e conoscerebbero bene quello che viene considerato il capolavoro della filosofa, Le deuxième sexe (Il secondo sesso, 1949).
Che il saggio della de Beauvoir rappresenti la prima opera del pensiero femminista contemporaneo è, tuttavia, innegabile. In essa, infatti, vi si trovavano analizzati degli argomenti sino ad allora ritenuti tabù come l’aborto, la sessualità, la prostituzione, la maternità, il ruolo della donna all’interno della società e le gravi responsabilità dell’ideologia cristiana nella secolare sudditanza del genere femminile. Descritta come vittima di antichi preconcetti, l’autrice evidenziava come la presunta inferiorità femminile fosse non un prodotto della natura ma della cultura. Malgrado ciò, a partire dagli anni Sessanta l’interesse per la scrittrice si è in parte offuscato ed è solo negli ultimi due anni (dal 2018), in vista dei 70 anni dalla pubblicazione del Deuxième sexe, che gli ambienti intellettuali, letterari e militanti, sembrano aver riscoperto il suo contenuto rivoluzionario: i convegni a lei dedicati si sono così moltiplicati e così le pubblicazioni scientifiche. Dobbiamo considerare il recupero dell’opera di Simone de Beauvoir come una conseguenza delle attuali mobilitazioni femminili, come testimonia il movimento #MeToo, o come una semplice forma di commemorazione? Le deuxième sexe rappresenta ancora un modello per le giovani donne di oggi?
Testo cardine del pensiero e della cultura europea del XX secolo, nonché snodo del femminismo per gli spunti teorici che forniva, il saggio rappresentava l’approdo di quella «mutazione antropologica in corso», di cui parlerà Julia Kristeva. Tale cambiamento, cominciato secoli prima, si era fatto strada attraverso le rivendicazioni e gli interrogativi di donne di differente strato sociale, contenuti nelle epistole e negli scritti filosofici femminili, poi nelle manifestazioni delle suffragette. È il 1947 quando Simone comincia la stesura del Deuxième sexe, parallelamente al diario di viaggio L’Amérique au jour le jour; lo apprendiamo da una lettera indirizzata al poeta e giornalista statunitense Nelson Algren, con il quale vivrà un’intensa storia d’amore: «J’ai très bien travaillé toute cette semaine, le grand chapitre sur les femmes est achevé. Je vais reprendre mon écrit sur l’Amérique».
Sempre in questo carteggio di circa un centinaio di lettere d’amore, è possibile trovare altri riferimenti allo sviluppo del suo saggio, alla scelta del titolo e alle prime reazioni suscitate nei lettori: «Mon essai s’appellera Le deuxième sexe. En français ça sonne bien, parce qu’on appelle toujours les homosexuels le “troisième sexe” sans mentionner que les femmes viennent en second, et non simplement à égalité avec les hommes, la hiérarchie reste sous-entendue. Quel gros bouquin ce sera! Bourré d’histoires amusantes». Che la stampa non fosse tenera nei riguardi della scrittrice è storia nota. I ripetuti attacchi si spiegano anche in virtù della sua vita privata: la relazione con uno studente di 15 anni, che alla fine degli anni Trenta le valse l’allontanamento dal liceo Molière, e i suoi rapporti intimi con giovani donne, anch’esse studentesse, che nel 2008 spinsero la gallese Carole Seymour-Jones, autrice del libro A Dangerous Liaison (2009), a parlare di «abus d’enfant». Lo scandalo che accompagnò l’uscita del Deuxième sexe fu, però, ancora più grande e lo si può comprendere se si prende in considerazione il contesto storico e culturale in cui esso venne alla luce.
Il Codice civile napoleonico, ancora in vigore, continuava infatti a privare la donna dei propri diritti civili, lasciando al padre/marito l’autorità di decidere su ogni aspetto della sua vita privata e patrimoniale: una storica forma di schiavitù e di subordinazione femminile a cui la de Beauvoir farà riferimento nel capitolo La femme mariée del Tomo II del Deuxième sexe laddove scrive: «La femme en se mariant est annexée à l’univers de son époux: elle lui donne sa personne: elle lui doit sa virginité et une rigoureuse fidélité».. Il capitolo che subì maggiori attacchi fu, però, L’initiation sexuelle de la femme in cui la scrittrice descrive con estrema precisione l’erotismo femminile, usando espressioni esplicite come «sensibilité vaginale» o «spasme clitoridien», suscitando le reazioni di intellettuali come il reazionario sessuofobo cattolico François Mauriac, ma pure il “progressista” filosofo esistenzialista Albert Camus.
A ciò si aggiunsero la decisione del Vaticano di inserire il saggio nell’Indice dei libri proibiti e le numerose ingiurie contenute nelle lettere anonime che la scrittrice ricevette, come lei stessa rivelò: «Je reçus, signés ou anonymes, des épigrammes, épîtres, satires, admonestations, exhortations que m’adressaient, par exemple, des “membres très actifs du premier sexe”. Insatisfaite, glacée, priapique, nymphomane, lesbienne, cent fois avortée, je fus tout, et même mère clandestine. On m’offrait de me guérir de ma frigidité, d’assouvir mes appétits de goule, on me promettait des révélations, en termes orduriers, mais au nom du vrai, du beau, du bien, de la santé et même de la poésie, indignement saccagés par moi». Se numerosi furono i detrattori dell’opera, più cospicui ancora furono, però, i sostenitori e i lettori che ne decretarono il successo. 22.000 furono le copie del Tome I vendute nelle prime settimane e più di un milione in meno di 40 anni grazie alle traduzioni realizzate in Germania, negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Spagna, e in Italia, dove uscì nel 1961 presso l’editore Il Saggiatore con il titolo Il secondo sesso.
Giungendo ai nostri giorni, è il movimento neofemminista #MeToo ad avere raccolto l’eredità delle lotte condotte in passato. Nato negli Stati Uniti nel 2006 contro il sessismo, ha conosciuto l’adesione di migliaia di donne dopo lo scoppio del “caso Weinstein” (il produttore cinematografico accusato di molestie sessuali), trasformandosi in un fenomeno importante. Infatti, oltre ad avere avuto una diffusione capillare, esso ha raggiunto rapidamente tutti i paesi europei. Per molte delle giovani donne che vi hanno aderito Simone de Beauvoir rimane un punto di riferimento. È il caso di Aurélie Lanctôt, autrice del saggio Les libéraux n’aiment pas les femmes, che definisce l’opera della filosofa un punto di partenza imprescindibile per conoscere le teorie femminili e per portare avanti, quindi, le nuove rivendicazioni: «Le deuxième sexe a été une lecture marquante pour moi même si je l’ai lu plus tard, au début de l’université […]. Ça m’a aidée à situer les théories féministes, leur évolution».
Un analogo entusiasmo è tributato alla francese da Martine Delvaux, scrittrice e docente di Letteratura all’Università di Montréal, che afferma di far leggere ai suoi studenti l’introduzione del Deuxième sexe. Una lettura che ritiene necessaria per chi ha dimenticato e/o cerca di far dimenticare il significato della libertà femminile. Quindi, ciò che appare certo è che, malgrado molte battaglie siano state combattute e vinte, non mancano nuove sfide, come quella che riguarda la disparità economica tra uomini e donne. Al tempo dei selfie, il Deuxième sexe continuerebbe a conservare un grande potenziale che non si è ancora esaurito quando si tratta di problematiche femminili e di questioni di genere, sia che si sposino le idee della sua autrice sia che queste vengano respinte. Il movimento #MeToo non sarebbe nato, dunque, per caso, ma affonderebbe le sue radici in quei combats che lo hanno preceduto e che al saggio della filosofa si sono ispirati per avere una base teorica inoppugnabile. Chiunque si occupi di tematiche di genere, si interroghi sulle disparità che ancora oggi esistono o abbia semplicemente interesse e/o curiosità per le conquiste di quei diritti che oggi diamo per scontati, non può prescindere dalla lettura di quel libro e dall’arricchimento personale e al tempo stesso storico-culturale che è sempre in grado di apportare.
Ci piace concludere a questo punto la nostra riflessione con le parole della donna de Beauvoir, che con coraggio affermava: «Je n’ai voulu ni me marier, ni avoir d’enfant, je ne voulais pas mener une “vie d’intérieur”, ce qui est la chose la plus écrasante dans la condition féminine. J’avais échappé aux servitudes de la condition féminine […]. Pour chaque femme particulière, c’est l’histoire de sa vie, en particulier c’est l’histoire de son enfance qui la détermine comme femme, qui crée en elle quelque chose qui n’est pas du tout une donnée, une essence, ce qu’on appelle parfois “l’éternel féminin”, la “féminité” […]. J’ai vu la vérité sur la condition féminine. Et je l’ai découverte en grande partie en écrivant Le deuxième Sexe. C’est un travail militant. Et je suis très heureuse qu’il ait pu par la suite être repris par les militants, parce que maintenant, il joue un rôle militant ce livre. Mais sur le moment, il n’avait pas été conçu du tout comme cela. Simone de Beauvoir». Un coraggio che si mostra coerente con le scelte portate avanti per tutta la sua vita.
Le immagini: le copertine di alcune edizioni francesi e italiane del saggio della de Beauvoir.
Marilena Genovese
(LucidaMente, anno XVI, n. 183, marzo 2021)