La pesante cappa censoria del politicamente corretto e il terrorismo delle emergenze continue ci hanno tolto anche il gusto di una sana, liberatoria, ribelle, sovversiva risata. Forse perché comicità e satira fanno anche riflettere?
Nel maggio 2022, sempre su LucidaMente, scrivevamo che ormai è Proibito pensare. Infatti, «la società che il Potere dominante vuole imporre non prevede tempo, tranquillità e silenzio e, quindi, meditazione, preghiera, cultura, letture, bellezza. Si otterrà, così, un’umanità passiva e manipolabile».
L’antica modalità di rivalsa del popolo
Però, fino a pochi decenni fa, al popolo, alla plebe, al proletariato, era almeno concesso ridere. Certo, la risata era concessa alla gente soprattutto per dileggiare qualcuno magari ancora più disgraziato e/o inviso al Potere. Ridicolizzare i “diversi”, mettere alla gogna (letteralmente) un ladro di galline al quale lanciare ortaggi e uova marce o radunare il popolo per assistere a una “divertente” esecuzione erano atti di puro sadismo.
Tuttavia, persino in tempi di dittature e autoritarismi vari, permaneva la felicità di una sana risata liberatoria su tutto e tutti. E persisteva persino, magari celata, la satira dei potenti e la loro contestazione: ad esempio, i giullari, le pasquinate romane contro pontefici e curia o Ettore Petrolini che imita Nerone-Mussolini in pieno fascismo. Del resto, da sempre, a essere presi in giro sono i potenti e i prepotenti, gli ipocriti, gli sfruttatori (vedi Charlot)… Con la sghignazzata, la pernacchia, il dileggio. Altrimenti, come farebbe il popolo, almeno per pochi minuti, a conseguire una sorta di rivalsa e di catarsi rispetto alle quotidiane umiliazioni patite?
Spostandoci a tempi più recenti, alla nostra Prima repubblica, nei film della cosiddetta commedia all’italiana e, più in generale, nella produzione cinematografica leggera e nel teatro post 1945, si rideva di tutto, senza distinzioni politiche, di sesso, di classi sociali.
Avvertimento e sentimento del contrario
Non v’è dubbio che le comicità, tanto per citare qualche nome in stretto ordine alfabetico, di Diego Abatantuono, Lino Banfi, Alberto Sordi, Totò, Carlo Verdone, Paolo Villaggio-Fantozzi o Alvaro Vitali-Pierino, differivano tra loro e spesso erano di diverso valore artistico e attoriale. In comune, però, avevano la frivolezza, la gioia, la libertà, dal linguaggio usato alle trame narrative, dalle gestualità ai bersagli individuali e sociali privilegiati.
Bisogna anche aggiungere che ironia, comicità e satira, oltre a essere generi difficilissimi, visto che è più facile far piangere che far ridere, non sono solo delle prese in giro delle “vittime” prescelte. Come ci ha insegnato Luigi Pirandello nel saggio L’umorismo (1908), nella comicità vi è prima l’«avvertimento del contrario», ma poi anche il «sentimento del contrario». Si ride liberamente quando assistiamo a qualcosa che trascende la normalità in modo buffo. Ad esempio, se un deputato incespica sulle parole pronunciate durante un intervento parlamentare, palesando la propria corruzione o posizioni ideologiche contrarie a quelle che proclama, ridiamo di gusto. Però, di fronte all’impossibilità di uno straniero di comunicare con un barista autoctono che non lo sta ad ascoltare, al primo divertimento subentra la riflessione sulle difficoltà del primo e sull’insensibilità del secondo.
In conclusione, comicità e satira non sono semplici prese in giro dello zimbello di turno.
Preoccupati, ansiosi, tristi e depressi: lo vuole il Potere…
Da un paio di decenni, con un’accelerazione costante a causa dell’espansione totalitaria e inquisitoria del politicamente corretto, del woke, della cancel culture, del nazifemminismo, delle teorie gender, ecc. ecc., i comici, e non solo, devono autocensurarsi, in una sorta di nuovo periodo maccartista. Altrimenti si è additati, insultati e infine zittiti, con l’uscita dal mondo dello spettacolo e la prospettiva (reale) di far la fame (gli artisti non dispongono di entrate mensili fisse garantite). Anatema (e censura) sia!
All’ideologia totalitaria radical chic imposta dal nuovo ordine capitalista finanziario neoliberista occidentale, si aggiunge, sempre elaborato dallo stesso establishment e dalle stesse élite, il terrorismo emergenziale. Siamo schiacciati da emergenze reali o inventate (guerre, rischi nucleari, epidemie virali, povertà incipiente, crisi climatica, cibo artificiale, violenza, immigrazione selvaggia).
La conseguenza del “combinato disposto” ideologico-politico è che non solo non si può satireggiare su nulla, ma anche, forse, nemmeno se ne ha più la voglia, persi come siamo nel buco nero del pessimismo e della depressione.
L’astio e la devitalizzazione degli esseri umani
Oggi è permesso ridere, con intenti di puro linciaggio, soltanto delle categorie invise: uomini bianchi, eterosessuali, occidentali, lavoratori tradizionali, “no vax”, “negazionisti climatici”, presunti putiniani, fascisti, autoritari, ignoranti, sessisti, xenofobi, islamofobi, omofobi, e chi ha più “-fobie”, le aggiunga. Le risate sono cattive, più che indicatrici di divertimento, manifestano odio e una volontà di rivalsa vittimistica e ripugnante, spesso da parte di virago-arpie. Prevale la cupezza, la divisione della società, dei sessi, delle etnie…
L’altra faccia della stessa medaglia è lo sdolcinato buonismo, con finta commozione e falsissime lacrimucce, ma sempre permeata dagli stessi contenuti ideologici e dallo stesso identico scopo di trasformare gli esseri umani in disperati zombie devitalizzati attaccati al loro smartphone… Uomini che non sono più uomini, donne che non sono più donne, e che neanche si accorgono che sono così infelici perché vivono secondo i dettami del Potere, e quindi contro la loro reale e profonda natura.
Le immagini: a uso gratuito per concessione di Pexels (autori: Ellen Araujo; Thgusstavo Santana; Yogendra Singh).
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 220, aprile 2024)