Esattamente 101 anni fa, in un’altra torrida estate, al Vittoriale, il grande poeta ebbe uno strano infortunio. Complotto? Oppure si trattò di un “incidente galante”?
La sera del 13 agosto 1922 Gabriele D’Annunzio cade da una finestra della Sala della Musica di Villa Cargnacco a Gardone Riviera. Un volo di quattro o cinque metri. Sono circa le 23,00. Soltanto un anno più tardi, e precisamente il 15 maggio 1923, la splendida residenza verrà chiamata “Il Vittoriale” e successivamente donata dal Vate allo Stato italiano (in precedenza era stata di proprietà dello storico dell’Arte tedesco Henry Thode).
Un’affascinante dimora
Il “Vittoriale degli Italiani” è un complesso di strade, piazze, edifici, giardini e corsi d’acqua (una vera cittadella) che si trova in uno dei posti più suggestivi e incantevoli d’Italia. Ogni anno circa 200 mila persone visitano questa splendida dimora e i suoi affascinanti luoghi.
Il 15 agosto 1922, tre giorni dopo la “defenestrazione”, D’Annunzio avrebbe dovuto incontrarsi con Benito Mussolini e Francesco Saverio Nitti. L’infortunio mandò a monte l’incontro. Si ipotizzò subito un complotto, un fatto doloso. Qualcuno aveva attentato alla vita del “Comandante” per evitare una possibile alleanza di potere per fronteggiare le sinistre? Oppure Mussolini avrebbe organizzato un complotto per eliminare definitivamente un personaggio scomodo? Non mancarono i fautori del negazionismo: la caduta fu un’invenzione?; una messa in scena?
Quanto accaduto quella sera resta ancora non del tutto chiarito. Ma alcuni indizi ci possono indurre a fare delle ricostruzioni.
Secondo Pietro Gibellini, uno dei massimi esperti di Letteratura italiana (e presidente dell’Edizione nazionale delle Opere di D’Annunzio), il “Volo dell’Arcangelo” non avrebbe nulla a che fare con un complotto, e la risposta andrebbe cercata invece in un gesto «un po’ troppo galante, un’avance giudicata molesta […]. Il poeta, seduto a cavalcioni sul davanzale e un po’ troppo su di giri, avrebbe fatto delle pesanti avances a Jolanda, la sorella della sua amante, la pianista Luisa Bàccara».
E Jolanda avrebbe involontariamente fatto perdere l’equilibrio a Gabriele: in alcune case antiche i davanzali delle finestre si trovavano appena a circa 80 cm da terra. Ma lo stesso poeta, nel 1935, pubblica il Libro segreto dove presenta l’incidente come un “tentato suicidio”. Forse per proteggere le sorelle Bàccara? Oppure c’è qualcosa che non conosciamo?
Cherchez la femme!
La pianista Anna Lazzarini (figlia del musicista Ezio Lazzarini, primo maestro di sala alla Fenice di Venezia), quando aveva soltanto sei anni, era stata allieva di Luisa Bàccara, scomparsa il 29 gennaio 1985 a 93 primavere. Alberto Toso Fei ha intervistato tre anni fa la Lazzarini in merito ai racconti che la signora Bàccara le faceva. Sappiamo che a distanza di tanto tempo la memoria non può essere considerata pienamente attendibile, soprattutto quando si tratta di una bambina di sei anni che ricostruisce gli eventi quarant’anni dopo. Ma vediamo quali sono i ricordi della Lazzarini.
La pianista (oggi cinquantenne) rammenta un’anziana insegnante di pianoforte con le mani nodose e piegate dall’artrite, una casa arredata come se il tempo non fosse mai trascorso: un gatto grigio, una musica di un carillon con dedica del vate (“Teneramente” = “Tener-a-mente”), due pianoforti, fotografie dei Savoia e del “Comandante”, così come lui voleva che lo si nominasse. Luisa Bàccara era considerata la “Signora del Vittoriale”: quando conobbe D’Annunzio aveva 28 anni e lo scrittore 56. Pianista di successo del Conservatorio veneziano Benedetto Marcello, era apprezzata anche dal maestro Arturo Toscanini. Gabriele l’aveva conosciuta nell’aprile del 1919 a casa di Venturina (un’altra amante). Era alta, magra, con una lunga ciocca d’argento dentro la folta capigliatura nera.
La corteggiò ripetutamente, anche dopo averla conquistata, arrivando a scriverle quasi 1.800 lettere. Pur abitando sotto lo stesso tetto, ognuno viveva il rapporto in piena libertà, soprattutto Gabriele che per soddisfare le sue esigenze erotiche riceveva spesso (e volentieri) visite galanti. Eppure la Bàccara restava particolarmente gelosa nei confronti del Vate.
La defenestrazione dell’Arcangelo
Ma cosa successe quella sera della caduta dalla finestra? La versione riportata dai contemporanei parla di una caduta accidentale dovuta a un semplice capogiro mentre il poeta – in pantofole e pigiama – cercava del fresco nell’afosa serata estiva. Immaginiamo di trovarci quella sera nella Villa di Gardone Riviera.
Fa molto caldo. Il “Comandante” è appoggiato alla finestra mentre ascolta della musica suonata per lui da Luisa. Vicino al poeta c’è Jolanda, la sorella della pianista. La caduta potrebbe essere stata causata accidentalmente dalla donna per opporsi a un approccio galante indesiderato? Oppure Luisa smise di suonare e in preda alla gelosia si alzò di scatto e corse verso Gabriele, facendolo cadere dalla finestra? O magari il poeta perse l’equilibrio dopo aver bevuto qualche bicchierino di troppo?
Quella sera alla festa c’erano anche altre persone. Il pilota Aldo Finzi, l’avvocato del poeta, Leo Balduzzi, l’ex legionario Anselmo Vitti e, naturalmente, tutto il personale della tenuta, compresa Aelis Mazoyer, la fedele governante. Ma nessuno parlò. Non ci riuscì nemmeno Giovanni Minoli quando, per il programma Mixer, intervistò, nel 1984, Luisa Bàccara, pochi mesi prima della scomparsa. La signora si portò il segreto nella tomba. Ma la versione del poeta in “pigiama e ciabatte”, con la casa piena di ospiti e nel bel mezzo di un ricevimento non convince molto, e neanche il “tentato suicidio” riportato dal Vate stesso.
L’inchiesta ufficiale del commissario Dosi
Eppure Anna Lazzarini ricorda un aneddoto che le avrebbe raccontato la Bàccara. Mentre D’Annunzio si trovava nella stanza della musica vide che le avance verso la sorella stavano diventando insidie pesanti: Luisa intervenne quindi per proteggerla e, accidentalmente, spinse lo scrittore fuori dalla finestra.
Ennio Di Francesco, nel suo Il Vate e lo sbirro. L’indagine segreta del commissario Giuseppe Dosi sul “volo dell’arcangelo” di Gabriele d’Annunzio (Edizioni Solfanelli), ricostruisce, dati alla mano, il compito del commissario Dosi (incaricato dal Capo della Polizia): comprendere cosa fosse realmente accaduto quella sera a Gardone Riviera. Il commissario entrò nella tenuta chiedendo il permesso di dipingere farfalle. Nel suo rapporto scrisse che «le lesioni riportate da Gabriele D’Annunzio la sera del 13 agosto […] sono dovute a fatto doloso imputabile – pur con ogni discriminante della personalità della signorina Luisa Bàccara – per spinta colposa data al poeta appoggiato o seduto sul davanzale della finestra esposto a perdita d’equilibrio sotto l’impulso di una forza contro di lui diretta […] il fatto presenta elementi tali da rendersi reato incriminabile e perseguibile d’ufficio […] può sorgere il dubbio sulla partecipazione della signorina Iolanda Bàccara che sarebbe stata presente nel salone con la sorella».
Gli esperti ci ricordano che in una lettera di Gabriele a Luisa Bàccara (tra quelle sfuggite alla distruzione) si legge: «Ti abbraccio teneramente, e anche Joiò [cioè Jolanda, ndr], se non mi respinge con un colpo di “tirebouchon”». A spingerlo sarebbe stata dunque Jole dopo ripetute, eccessive, avances dell’Arcangelo? Eros e Thanatos sono davvero stati così vicini in quell’occasione?
Bibliografia
- G. Bruno Guerri, D’Annunzio. L’amante guerriero, Mondadori.
- G. Bruno Guerri, D’Annunzio. La vita come opera d’arte, Rizzoli.
- E. Di Francesco, Il Vate e lo sbirro. L’indagine segreta del commissario Giuseppe Dosi sul “volo dell’arcangelo” di Gabriele d’Annunzio, Solfanelli.
- P. Gibellini (a cura di), L’Arcangelo caduto. Il misterioso infortunio del 1922 nelle parole dello scrittore, Ianieri.
- P. Sorge (a cura di), Il befano alla befana. L’epistolario con Luisa Baccara, Garzanti.
Le immagini: Gabriele D’Annunzio, il Vittoriale, Luisa Bàccara, finestra della caduta (tutte le foto sono di pubblico dominio, tratte da it.wikipedia.org).
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 212, agosto 2023)
Vi ringrazio della bella segnalazione alla quale mi permetto aggiungere una nota:
D’annunzio dopo l’incidente con varie fratture si è fatto ospitare per la convalescenza nell’Abbazia di Maguzzano, che dista circa 20 km da Gardone.
L’abbazia, fondata dai benedettini prima del 1000, ebbe varie vicissitudini e all’epoca dell’ospitalità di D’annunzio era retta da monaci trappisti cistercensi, provenienti dall’Algeria, sia sacerdoti che laici. Esistono foto e messaggi di D’annunzio al rettore terapista.
Poco dopo con la svolta filotedesca del regime i trappisti(francesi) si resero conto che era rischioso restare in Italia, e vendettero l’abbazia a Don Giovanni Calabria (1936-38) e ripararono in Francia.
Ma torniamo al Vate: una volta dimesso tornava volentieri a salutare i frati e a visitare, magari di nascosto, la chiesa.