La questione centrale è se sia possibile restringere o sopprimere alcune libertà costituzionali dei cittadini in nome di altre tutele
In tempi di emergenza pandemica e, soprattutto, di limitazione e cancellazione (momentanee?) di alcuni dei diritti fondamentali dei cittadini, molti si son posti il problema se sia possibile che un potere esecutivo di uno stato democratico possa agire in tal modo in nome di un interesse superiore.
La maggioranza dei giuristi si è espressa a favore delle restrizioni approntate prima dal Governo Conte, poi da quello Draghi, ritenendo che tali limitazioni non confliggano con la nostra Costituzione, che, anzi, le prevederebbe in determinati casi (vedi Paola Esposito, Diritti costituzionali ai tempi del covid-19. Gerarchia e legittime limitazioni). Anche i quattro giuristi ascoltati da Franco De Stefano in La pandemia aggredisce anche il diritto? concordano sulla legittimità dei provvedimenti. Tuttavia, uno di loro, Giorgio Lattanzi, prima di argomentare a favore delle restrizioni («si è generalmente convenuto che questa compressione dei diritti e delle libertà, almeno nella sostanza se non nelle forme, è stata resa necessaria per garantire la salute, che l’art. 32 della Costituzione considera «fondamentale diritto dei cittadini e interesse della collettività»), afferma che «mai […] siamo stati messi di fronte a provvedimenti come quelli che stanno comprimendo, fino quasi ad annullarli, diritti e libertà garantiti in massimo grado dalla Costituzione. […] È vero che la libertà di circolazione può essere limitata “per motivi di sanità o di sicurezza” (art. 16, comma primo, Cost.), ma nel nostro caso più che una limitazione è avvenuta una soppressione. […] Sono state rigorosamente vietate anche tutte le riunioni in luoghi privati. Si è giunti a non consentire l’esercizio in comune, sia in pubblico che in privato, della fede religiosa e sono state prese misure che hanno impedito il lavoro e l’attività economica. Anche la libertà personale è stata limitata».
Insomma, pure chi si mostra favorevole alle restrizioni delle nostre libertà, qualche ansia l’avverte. Ammettiamo che non siamo giuristi e intendiamo semplicemente porre degli interrogativi di natura civile, filosofica e morale, mentre sembra che non solo le masse, ma pure mass media e intellighenzia abbiano abdicato al diritto del dubbio e del pluralismo. Tuttavia, a nostro avviso non si può privilegiare un diritto costituzionale al posto di un altro: essi dovrebbero coesistere e convivere l’uno accanto all’altro (vel… vel e non aut… aut). Ad esempio, il diritto alla vita coesiste con quello all’eutanasia, quello alle cure con le Dat (Dichiarazioni anticipate di trattamento), quello della famiglia con quello delle coppie gay, quello all’aborto con l’obiezione di coscienza dei medici, e così via.
Per fortuna, anche qualcun altro, più accreditato di noi, la pensa allo stesso modo. Ha lamentato Marcello Pera: «Si è stabilita un’assurda gerarchia dei diritti. Tutti i diritti costituzionalmente rilevanti hanno pari dignità, ma si è fatto prevalere l’articolo 32» (in Carlo Cambi, Di sana e robusta costituzione, in Panorama, 17 novembre 2021). E così ribadisce pure l’avvocatessa Olga Milanese (in Alessandro Rico, «Denunciamo all’Aja le leggi sul Covid», in LaVerità, 29 novembre 2021): «La Costituzione prevede un bilanciamento dei diritti, ma esso non può tracimare nella tirannia di un diritto sugli altri. Tra l’altro, i primi tre articoli della Carta, che sono i più importanti, non parlano di salute pubblica, bensì di diritto all’eguaglianza, al lavoro, alla pari dignità dei cittadini. E quando la Costituzione autorizza i trattamenti sanitari obbligatori, pone comunque un limite: il rispetto della persona umana. Questo limite è stato abbondantemente superato».
Aggiungeremmo che, se proprio dovessimo compiere una scelta, per molti versi aberrante, dovremmo privilegiare i diritti concreti su quelli più astratti. La libertà, declinata in tutte le sue forme (di pensiero, di parola, di stampa, di manifestazione, ecc.), è un diritto tangibile, percepito anche intuitivamente. Così come quello dell’autodeterminazione sul proprio corpo e della libertà terapeutica. I diritti all’ambiente o alla salute sono più astratti: nessuno può garantirci di vivere in un ecosistema meno contaminato, visto che l’inquinamento è planetario e spesso proveniente da Paesi molto distanti e incontrollabili; nessuno può sanarci da malattie incurabili. La stessa aleatorietà riguarda altri diritti quali quelli al lavoro, alla cultura, ecc. Ma – ripetiamo – povera la nazione che deve scegliere tra gli uni e gli altri, come avrebbe dovuto fare re Salomone riguardo al bambino da dividere a metà tra le due madri che se lo contendevano…
Le immagini: a uso gratuito da pixabay.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 194, febbraio 2022)