Complessità di un mestiere difficile e ironia nel suo nuovo libro “La ricreazione a distanza”, edito da Kimerik
È scontato affermare che, se si vuole avere un’opinione autorevole, bisognerebbe affidarsi a chi ha una profonda comprensione dell’argomento di cui si parla; è infatti piuttosto facile cadere in opinioni errate quando si osserva un fenomeno dall’esterno, e senza disporre dei giusti strumenti. Per questo motivo è molto importante il lavoro di Michele Canalini, che da docente può parlare con cognizione di causa della scuola italiana: La ricreazione a distanza. Una manica di studenti alle prese con quei pezzi di insegnanti (Casa editrice Kimerik, pp. 286, € 16,00) è la sua nuova opera, dopo L’insegnante di terracotta. La Buona Scuola… e poi? (Mimesis).
In entrambe egli presenta il suo punto di vista sul ruolo degli insegnanti e sull’educazione scolastica in generale, attraverso vicende narrate con originalità e allo stesso tempo con rigore. Nella sua ultima opera ha deciso di dividere il testo in due parti: una dedicata alla saggistica divulgativa, in cui si fa la cronistoria dell’evoluzione della scuola, e l’altra riservata alla narrativa di finzione; il filo conduttore delle due sezioni è l’intento di voler mostrare sia le luci che le ombre di questa istituzione fondamentale per la società. Canalini ci racconta quindi cosa significhi essere insegnanti ai giorni nostri, e ci ricorda quale immenso valore risieda in questa sacra missione; allo stesso tempo non nasconde la testa sotto la sabbia: sono tanti i problemi che i docenti devono affrontare, sia interni che esterni alla scuola, e spesso sono lasciati soli a gestirli. Inoltre, inutile negarlo, i ragazzi di oggi possono essere molto più problematici di quelli della generazione precedente, e necessitano quindi di attenzioni particolari; a volte, gli insegnanti devono letteralmente camminare sulle uova perché è sempre dietro l’angolo il rischio di sbagliare o di vedere travisati i propri comportamenti. E, ancora, la pandemia di coronavirus ha complicato ulteriormente la condizione dei docenti, che si sono trovati a dover rivedere i loro metodi educativi e a dover apprendere abilità che per molti sono risultate di difficile acquisizione e comprensione.
Non stupisce quindi che l’autore presenti una storia in cui dipinge il ritratto di un insegnante di liceo frustrato e angosciato, perché non riesce più a provare gioia per il proprio ruolo; tra ostacoli e arrabbiature, questo tragico personaggio sembra essere sempre sul punto di scoppiare. Eppure, la vicenda scorre piacevole grazie all’ironia sagace dell’autore, che imbastisce una trama coinvolgente in cui riusciamo comunque a scorgere tutto l’amore che il suo protagonista, e lui stesso, provano per la loro travagliata professione.
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C. Liliana Picciotto
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 202, ottobre 2022)