Le opinioni di un nostro lettore. Un braccio destro levato in alto nel corso di una commemorazione non fa male a nessuno. Le vere violenze da temere e combattere sono le guerre e i crimini
Lo scorso 7 gennaio si è tenuta la commemorazione in ricordo delle vittime della cosiddetta strage di via Acca Larenzia a Roma. Tristissimo episodio, nel corso del quale tre giovani militanti del Movimento sociale italiano (Msi) furono uccisi nel contesto degli Anni di piombo e della violenta, reciproca intolleranza politica da parte degli estremisti (e non solo) di destra e di sinistra. (Beh, oggi l’intolleranza, molto violenta almeno verbalmente, appartiene essenzialmente a molte sinistre ed è rivolta verso il legittimo Governo di centrodestra eletto democraticamente e i suoi esponenti, a partire dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni).
Da giorni, con le solite “armi di distrazioni di massa”, forse per sviare del tutto la già debole attenzione dell’opinione pubblica dalle guerre in corso, dai gravi problemi economico-sociali e dal degrado culturale e di costume, soprattutto i media “progressisti” (cioè quasi tutti) hanno spesso aperto i loro notiziari e i loro quotidiani cartacei con un fatto d’importanza e gravità planetaria! Molte centinaia di partecipanti alla commemorazione hanno inteso onorare i giovani assassinati levando in alto il braccio destro (il “saluto romano” tipico del regime fascista) e urlando «presente» per ciascuno dei nomi dei “caduti”. Nel frattempo, i politici di sinistra hanno chiesto pene esemplari.
Innanzitutto, vietare ogni pensiero apologetico verso il fascismo e ogni manifestazione che possa far riferimento a esso è anacronistico, in quanto in Italia e nel mondo non esistono più né partiti fascisti né regimi di quello stampo. Inoltre tali divieti sono in aperta contraddizione con le libertà di pensiero, opinione ed espressione che negli stati liberaldemocratici dovrebbero essere sacri. Inoltre, uno Stato democratico e con la coscienza a posto dovrebbe essere talmente forte e sicuro da non temere e quindi non reprimere azioni politiche non violente, ma solo simboliche. E perché, invece, è consentito il pugno chiuso che richiama a un altro regime dittatoriale, mentre ancora oggi partiti e stati di matrice comunista sono vivi e vegeti? E siamo proprio sicuri che anche e proprio l’Occidente non viva sotto una dittatura globale autocratica sovranazionale guidata in modo soft dalle élite mondiali capitaliste tecnocratiche neoliberiste radical chic?
Ai funerali e alle commemorazioni ognuno dovrebbe essere libero di scegliere la forma che vuole: dall’elogio funebre dello scomparso alle preghiere, dai canti e musiche alle meditazioni spirituali, dalle parate di tipo militare al silenzio assoluto (Lasciamo perdere gli applausi…).
Pertanto, è con estremo rispetto che pubblichiamo le riflessioni di un nostro fedele lettore, nonché persona preparata sulle tematiche sociologiche, sulle contraddizioni e e sulle ipocrisie del nostro tempo…
In questi giorni sui principali mezzi di comunicazione si parla di un saluto romano avvenuto a un raduno di “fascisti”. Ma qual è il pericolo del saluto romano o del proclamarsi fascisti? Che valore ha dirsi buoni o cattivi? Le parole esprimono la realtà o sono un’apparenza?
Se le parole fossero la realtà, quando un maschio dice a femmina “ti amo”, e poi la uccide, qual è la realtà: la parola “ti amo” o il fatto del femminicidio?
Definirsi fascista ed essere fascista sono due cose diverse. Fare il saluto romano non danneggia nessuno. Manganellare invece sì.
E, allora, la discussione di questi giorni sul saluto romano è un modo per ignorare o trascurare i massacri in atto in Ucraina e in Palestina. Il saluto romano non fa male a nessuno se non a chi ha paura dell’apparenza.
Le immagini: in apertura, a uso gratuito da Pexels (autore Ivan Samkov); nel corpo dell’articolo di pubblico dominio da it.wikipedia.org).
Paolo Mario Buttiglieri, giornalista e sociologo
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 217, gennaio 2024)