Quali sono le vere cause della pandemia e cosa ci accadrà? Deforestazione, distruzione dell’ambiente, traffico degli animali, sovrappopolazione, globalizzazione: l’umanità contro la natura. Un rapporto del Wwf Italia ci svela cosa ha davvero causato il contagio… E più di vent’anni fa “Martin Mystère” aveva già previsto tutto! Tuttavia, qualcosa non quadra…
Sogghignerete. Eppure, quasi 24 anni fa un fumetto aveva previsto l’attuale pandemia da coronavirus e aveva spiegato tutto (vedi le tavole che pubblichiamo). Era il luglio del 1996 e nelle edicole si poteva acquistare il n. 172 di Martin Mystère, con l’episodio dal titolo Il nemico invisibile. Si tratta del noto mensile di fumetti pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore e avente come protagonista l’omonimo personaggio, inventato da Alfredo Castelli.
Nella finzione del fumetto ci troviamo a New York, nell’estate del 1996. Vi si svolge il «XXXV Virology Congress» della Johns Hopkins University. Nel suo intervento conclusivo la dottoressa Wise afferma: «Le ragioni per questo risveglio virale sono complesse, e in parte non ancora comprese, ma ha senza dubbio un ruolo importante la pesante alterazione degli equilibri naturali subita nell’ultimo secolo dalle regioni tropicali del nostro pianeta. Per fare un esempio, la deforestazione delle foreste pluviali e la creazione di nuovi territori agricoli hanno portato uomini e animali domestici a contatto con nuovi habitat, molti dei quali estremamente ricchi di forme virali finora sconosciute. Tali virus sono spesso ospiti di animali o parassiti, che, entrati a contatto con la “civiltà”, possono raggiungere rapidamente aree lontanissime del pianeta grazie anche allo sviluppo della moderna rete dei trasporti. Oggi, infatti, nessuna città del mondo dista più di ventiquattr’ore di volo da qualsiasi altra. Data la natura delle malattie virali, non è sufficiente affrontare ogni epidemia quando emergerà. L’approccio corretto deve includere una sorveglianza globale del problema» (i grassetti sono presenti nell’originale).
Deforestazione, distruzione di ecosistemi in armonia, anche per espandere le superfici agricole, quindi contatto tra fauna selvatica portatrice di virus, per loro innocui, ed esseri umani, libera circolazione nel mondo attraverso la globalizzazione: queste sarebbero alcune cause delle epidemie virali. Veniamo al presente. È il 14 marzo 2020. In piena emergenza coronavirus, il Wwf Italia diffonde un report di oltre 30 pagine (con qualche refuso), corredato da significative immagini e grafici (vedi), dal titolo Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi. I testi sono di Isabella Pratesi, Marco Galaverni e Marco Antonelli; la revisione scientifica dello stesso Galaverni, di Gianfranco Bologna e Roberto Danovaro. Le tesi sostenute dal noto movimento ambientalista vengono riprese dalla stampa più attenta. E risultano molto convincenti. Nell’Introduzione al report si legge: «Molte delle cosiddette malattie emergenti, come Ebola, AIDS, SARS, influenza aviaria, influenza suina e oggi il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2 definito in precedenza come COVID-2019), non sono eventi catastrofi[ci] casuali, ma la conseguenza del nostro impatto sugli ecosistemi naturali».
E poche righe dopo: «Molte pandemie degli ultimi decenni hanno origine nei mercati di metropoli asiatiche o africane dove si riscontra il commercio illegale o incontrollato di animali selvatici vivi, di scimmie, di pipistrelli, di carne di serpente, scaglie di pangolini, e tanti altri rettili, mammiferi e uccelli. Si creano in questo modo pericolose opportunità per il contatto tra l’uomo e le malattie di questi organismi, offrendo il fianco allo sviluppo di vecchie e nuove zoonosi, ovvero di malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo». Questo “passaggio” da una specie all’altra, che viene infettata, viene definito spillover (“tracimazione”). Intendiamoci: non sono “cattivi” né i virus né gli animali selvatici che, lasciati nel loro habitat naturale, sono del tutto innocui per l’umanità. Anzi, «virus, batteri, archea e altri microrganismi come protozoi e funghi svolgono un ruolo essenziale nei cicli biogeochimici della biosfera. Costituiscono il presupposto per la nascita e persistenza della vita sulla Terra che si è andata formando 3,8 miliardi di anni fa e sono nella stragrande maggioranza dei casi assolutamente innocui, anzi spesso essenziali per gli ecosistemi e la salute umana (basti pensare al microbioma umano o alle numerosissime simbiosi tra organismi e microbi)».
Ma, oggi, a causa del folle modello di sviluppo neocapitalista liberista che è andato affermandosi in tutto il mondo, «il passaggio di patogeni (come i virus) da animali selvatici all’uomo è facilitato dalla progressiva distruzione e modificazione degli ecosistemi dovuta alla penetrazione dell’uomo nelle ultime aree incontaminate del pianeta e al commercio, spesso illegale e non controllato, di specie selvatiche che, di fatto, determina un contatto intimo tra animali e i loro patogeni». Pertanto, «il crescente impatto umano su ecosistemi e specie selvatiche, in combinazione con quello dei cambiamenti climatici globali, indebolendo gli ecosistemi naturali facilita la diffusione dei patogeni aumentando l’esposizione dell’uomo a tali rischi». La globalizzazione non è il fattore primario, ma certamente, senza di essa, non vi sarebbe stata la pandemia: «I crescenti spostamenti di persone e merci e l’impatto ecologico si accompagnano a nuove malattie emergenti e all’insorgenza di vecchie malattie che si credevano sotto controllo. L’ovvia conseguenza è che la globalizzazione renda di fatto immediata a livello planetario la diffusione di un patogeno altamente infettivo come il Coronavirus».
La popolazione umana sta aumentando in modo abnorme: 7,7 miliardi, con raddoppio negli ultimi 50 anni. Al contrario le specie animali si son ridotte («in poco più di 40 anni il pianeta ha perso in media il 60% delle popolazioni di vertebrati») e molte sono in via d’estinzione. La sovrappopolazione, quindi, è forse la causa principale delle tragedie che abbiamo vissuto, nel passato, così come di quelle presenti e future. Per alimentare gli esseri umani si impatta sugli habitat naturali con modalità devastanti: agricoltura intensiva, irrigazione, dighe e canali, risaie irrigate, zootecnia intensiva con annesso uso di farmaci – vedi Carne e latte: consumatore informato, impatto ambientale dimezzato (forse) –, urbanizzazione, uccisione illegale di fauna selvatica a scopo alimentare, ma anche per fini pazzeschi, come quelli sanitari, decorativi, collezionistici (di wildlife trafficking parleremo più ampiamente su un successivo numero di LucidaMente). Il consumo alimentare di animali selvatici è detto bushmeat.
Esso può essere la causa primaria della diffusione delle malattie. Infatti, il «bushmeat viene consumato direttamente nelle foreste, ma anche trasportato nelle campagne e nelle città. In alcuni casi, quelle che vengono considerate prelibatezze, come purtroppo la carne di scimmia, seguono delle vere e proprie rotte di commercio illegale che arrivano in paesi lontani. La costante crescita della popolazione nei paesi dove scarseggiano alcune risorse alimentari (come quelle proteiche) e dove il divario economico tra le diverse classi sociali non consente a tutti di potere disporre delle risorse disponibili, gli animali selvatici costituiscono sempre più una fonte alimentare ed economica di importanza vitale». Che fare? Il documento del Wwf Italia indica che il contrasto alla diffusione delle malattie dovute a spillover può avvenire attraverso l’effetto di diluizione: «In un ecosistema con una ricca comunità di potenziali ospiti (animali in cui un virus o un altro organismo si possono riprodurre), un agente patogeno ha una minore probabilità di trovare un ospite in cui possa facilmente moltiplicarsi (highly-competent host) e da cui possa diffondersi utilizzando un altro animale vettore». Dunque, è vitale: «a) dimezzare la nostra impronta sulla Natura; b) arrestare la perdita degli habitat naturali; c) arrestare l’estinzione delle specie viventi» (leggi anche Daniela Gaudenzi, Coronavirus, per evitare la prossima pandemia bisognerà imparare a rispettare il mondo intero).
Tuttavia, il giallo non si conclude con la scoperta dell’assassino e fine della storia. Infatti, sempre nel Report del Wwf si legge, che «le ricerche scientifiche svolte recentemente hanno rilevato un’elevata corrispondenza tra il genoma del SARS-CoV-2 umano ed il genoma di un coronavirus trovato in un pipistrello nella provincia cinese di Yunnan, sebbene si sia subito registrata una differenza tra le rispettive sequenze RBD (Receptor Binding Domain), ovvero la sequenza genetica che codifica i recettori che servono ai virus per legarsi alle cellule e penetrarvi. Questo ha portato a pensare che il virus del pipistrello, prima di arrivare all’essere umano, sia passato attraverso un ospite intermedio». I pangolini? Però «il genoma di SARS-CoV-2 ha una corrispondenza tra l’85,5% e il 92,4% con quello del coronavirus ritrovato nei pangolini analizzati, troppo poco per essere sicuri che siano stati effettivamente l’ospite intermedio». La sconsolata conclusione del Wwf è che «in definitiva, ad oggi non sappiamo ancora quale sia stata l’origine del SARS-CoV-2».
Allora, se, invece, si fosse trattato di una manipolazione voluta? Ecco uno spiraglio per i cosiddetti complottisti, cioè per chi ritiene che l’attuale virus sia stato alterato/mutato/ingegnerizzato in laboratori cinesi o statunitensi per la guerra batteriologica. Gli esperti, però, respingono tale ipotesi, affermando che in un caso del genere i laboratori “vedrebbero” l’alterazione dovuta alla mano umana. Comunque, ciò che sembrava certo e conchiuso si allarga ad altre cause o concause. E gli effetti oggettivi sono quelli che abbiamo sotto i nostri occhi: assoluta limitazione della libertà individuale, impossibilità di riunirsi, proibizione dello svolgimento di attività politiche e/o sociali. Nessun colpo di stato avrebbe ottenuto così gravi risultati senza sommosse e spargimenti di sangue. Quanti anni ci vorranno perché sapremo la verità?
Ricordiamo qualche “vecchio” articolo di LucidaMente sull’argomento:
Ebola: a che punto siamo?
Le incognite di virus e batteri
H5N1: una sigla, un virus e un po’ di psicosi collettiva
Le immagini che accompagnano l’articolo appartengono alla © Sergio Bonelli Editore e al Wwf (più precisamente, a © Brent Stirton, © Michel Roggo, © John E. Newby).
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XV, n. 172, aprile 2020)
In effetti, per quanto si debba il naturale rispetto e dolore per i morti, questo virus ci sta insegnando che i nostri stili di vita sono sbagliati e ci sta ricordando che l’uomo è solo un granellino di polvere nel’Universo. La natura sta giustamente rivendicando i suoi spazi.