Nel libro “21 febbraio 1849” (C1V Edizioni) Marco Cappadonia Mastrolorenzi ci accompagna in un viaggio nella Città Eterna ai tempi della Repubblica romana, tra ruderi dei fasti imperiali, strade, piazze e edifici del passato, che ci parlano ancora oggi
Come si dice, Roma non si è fatta in un giorno. Ma passarne uno in questa città significa attraversare secoli di storia, arte, cultura: si aprono, così, innumerevoli finestre nel tempo e nello spazio. Immaginate ora di noleggiare una time machine che permetta – fortunati voi! – di compiere un viaggio nella Roma del passato. Potete trascorrervi una giornata intera, selezionando con un click una data qualunque della sua lunga e affascinante storia. Non c’è che l’imbarazzo della scelta e la buona compagnia non mancherà. L’indomani, tornati alla routine del quotidiano, vi sentirete senz’altro più ricchi e curiosi di prima.
Tra le tante possibilità aperte da questo esperimento mentale, il libro 21 febbraio 1849. Un giorno nella Roma dell’Ottocento (C1V Edizioni, pp. 170, € 15,00), di Marco Cappadonia Mastrolorenzi, ci propone una full immersion nel mondo della Roma di metà Diciannovesimo secolo. Il volume inaugura la collana Scientia et Litterae, diretta dallo stesso autore e nata con l’idea di ospitare argomenti di discipline diverse, nell’ottica di una divulgazione efficace e di una cultura integrata. In tempi di risorgenti e sempre meno comprensibili steccati tra le “due culture” (scientifica e umanistica), di settorializzazioni e specialismi che ostacolano una fruizione più ampia e “popolare” degli orizzonti culturali, questa iniziativa editoriale appare coraggiosa e benemerita. Nelle scuole, nelle università e sui media si parla spesso dell’interdisciplinarità, del dialogo indispensabile tra i saperi, dell’importanza del metodo scientifico e storico ai fini di una cittadinanza consapevole. Ma raramente l’industria culturale riesce a sfornare libri (di qualità) che sappiano parlare sia agli esperti dei diversi campi della conoscenza sia ai lettori informati, interessati o semplici curiosi.
Torniamo a Roma e alla macchina del tempo. L’autore sa usarla molto bene: indossati i panni dell’inviato speciale, e grazie alle domande di un compagno di viaggio piuttosto attento e vivace, Cappadonia Mastrolorenzi ci porta nel cuore della città del 1849, ripercorrendo un’intera giornata e approfittando di tanti “cunicoli spazio-temporali” che aiutano il lettore a esplorarla meglio. I luoghi e i personaggi, gli umori e i sapori, la lingua e la poesia, le trasformazioni urbanistiche e i cambiamenti sociali in atto: dalle pagine del libro emerge una Roma viva e avvolgente, dalla potente anima popolare. Non bisogna dimenticare che il 1849 è l’anno della breve ma intensissima esperienza della Seconda Repubblica Romana, una pagina di storia tutto sommato ancora poco nota al grande pubblico. La crisi dell’autorità papale e le aspirazioni nazional-popolari si saldano rapidamente in una cornice che rimette la Città Eterna al centro della scena politica internazionale. Troppo vicino, troppo lontano.
Sperando in un po’ di fortuna il viaggio ci permetterà, forse, di incontrare (e) un protagonista di quegli anni, l’autore di uno dei monumenti meno conosciuti e turistici ma più “colorati” che siano mai stati innalzati all’Urbe. Parliamo di Giuseppe Gioachino Belli e del suo Monumento della plebe di Roma: più di duemila sonetti in (im)purissima lingua romanesca, uno spaccato geniale della gente locale. Con lo sguardo attento dello studioso del testo letterario, un inviato speciale si apposta dentro la casa del poeta per scrutarne (con discrezione) il concreto lavoro di scrittura e le tecniche messe in atto per la costruzione dell’opera. Ciò diventa un invito a scoprire o riscoprire il fascino della scrittura di Belli, spontanea e schietta, per uscire dalle conventicole accademiche che hanno ingessato sia l’uomo sia il poeta, impedendogli di diventare veramente popolare.
E mentre si passeggia per la futura capitale d’Italia e si osservano i grandi cambiamenti urbanistici che l’hanno portata a diventare la città che conosciamo oggi, il viaggio nel passato, come per magia, riporta in vita strade, piazze, edifici scomparsi, che tuttavia hanno lasciato tracce anche ai giorni nostri. E, tra un rudere dei fasti antichi, una fontana con i suoi giochi d’acqua e un vicolo ottocentesco illuminato da un raggio di sole, potremmo imbatterci anche in una trattoria dell’epoca, osservata con occhio quasi antropologico, attento alla fusione delle tradizioni culturali. Così, la macchina del tempo, benignamente, si ferma davanti all’Osteria la Gensola, a Trastevere: qui possiamo vedere da vicino molte pietanze interessanti e appetitose, tra cui i famosi carciofi alla giudìa e la trippa alla romana, con le ricette tradizionali. Nella cucina della Roma ottocentesca ritroviamo tutto lo spettro della società e le sue stratificazioni: com’è noto, il cibo e la tavola sono una fenomenologia del potere e raccontano spesso storie di “miseria e nobiltà”.
Cappadonia Mastrolorenzi ha il pregio di rendere accessibile, con piglio narrativo e accattivante, un frammento temporale della vita di Roma, uno dei tanti mondi di un universo sconfinato. E quello della Roma dell’Ottocento, forse, non è stato ancora raccontato e divulgato come merita. Il libro si segnala anche per il ricco corredo fotografico che l’accompagna e per una postfazione dell’autore in cui, alla luce della ricerca scientifica più recente, l’espediente narrativo del viaggio nel tempo viene sondato come possibilità reale. In attesa di andare letteralmente a spasso nelle differenti epoche storiche, in un futuro forse fantascientifico, continuiamo, per adesso, a farlo studiando e leggendo buoni libri, proprio come questo, un insolito viaggio il 21 febbraio del 1849.
Le immagini: la copertina del libro 21 febbraio 1849. Un giorno nella Roma dell’Ottocento; l’autore Marco Cappadonia Mastrolorenzi tra i monumenti romani; via dei Redentoristi nella Città Eterna, dove è nato il poeta Giuseppe Gioachino Belli.
Mario Smargiassi
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 175, luglio 2020)