Finire in strada oggi, diventare uno dei tanti anonimi senzatetto, clochard, barboni non è difficile. Fino a qualche anno fa il clochard era un cinquantenne, ne aveva passate parecchie e si era trovato privo di un tetto sulla testa. Se fai un giro per le strade di Bologna, quasi quasi non sai più quali sono i barboni. La puzza di chi vive per strada senza lavarsi e con una buone dose di vino in corpo è ancora un elemento tipico, ma a parte l’odore non c’è un tratto distintivo di questa schiera di persone sempre più numerosa.
I barboni oggi sono italiani e stranieri di tutte le età. Ventenni drogati, trentenni disoccupati, quarantenni che non riescono a pagare l’affitto, cinquantenni che hanno perso il lavoro, sessantenni che aspettano la pensione e settantenni a cui la pensione non basta. Dormono sotto i portici, negli angoli delle strade, tra un muretto e una chiesa, dietro i bidoni della spazzatura, e tanti in stazione.
Se ti fermi a guardare nella sala d’attesa, è difficile scorgerne più di tre o quattro, poi si scopre che sono una ventina e più.
Vivere “on the road” non è una scelta
Oggi è facile finire a vivere in strada.
Se non hai una famiglia solida o legami personali stretti che ti sostengano, basta un lutto, un licenziamento, una separazione o un esaurimento nervoso, e puoi perdere il lavoro, la casa, la residenza, e allora è fatta.
Se non hai la residenza “praticamente non esisti”, mi dice Jacopo Fiorentino, caporedattore di Piazza Grande, giornale dell’associazione omonima di Bologna. “Non si sceglie di andare in strada, o almeno nessuno dei senzatetto che noi conosciamo ci vive per scelta”. E visto che l’Associazione Piazza Grande conosce praticamente tutti i senzatetto di Bologna, grazie al servizio mobile notturno gestito da Gabriella Penna, si può dire che nessuna delle persone che vivono nelle strade della città lo faccia per scelta.
La difficile vita di strada
Nel dormitorio non hai vita facile: gli orari sono fiscali, devi uscire alle otto di mattina e non puoi rientrare prima delle sette di sera.
“Se non stai bene alle otto di mattina sei fuori comunque, polmonite o no, diabete, epatite o no” aggiunge Fiorentino. “Chi ha un lavoro, generalmente lo perde. A questo punto tutto peggiora, anche a livello psicologico. Non è facile vivere in strada, e ricominciare è dura. Ci finisci per un niente e poi non riesci più a uscirne”.
L’associazione si occupa di recuperare le persone senza fissa dimora, offrendo prima di tutto informazioni: con le ronde notturne Gabriella incontra almeno una quarantina di senzatetto a sera. A tutti viene offerto un libretto in cui sono indicati i recapiti utili: quali sono i dormitori, come raggiungerli, dove vengono forniti pasti caldi, vestiti, docce gratis.
E dove possono avere consulenze legali, sempre gratuite.
Il problema della residenza: un Comune non sempre sensibile
Un ulteriore servizio fornito dall’associazione è quello dell’Avvocato di strada: legali che si occupano gratis delle questioni legali dei senzatetto.
Il problema più grande è la residenza. La burocrazia italiana è complicata, e barcamenarsi tra leggi e decreti è un’impresa per gli italiani, figurarsi per uno straniero, perciò è facile far sembrare la residenza un miraggio destinato a pochi, ma non è così.
L’associazione si è scontrata spesso con il Comune di Bologna, che concede apparentemente malvolentieri la residenza ai senzatetto, nonostante sia tenuto a rilasciarne un certo numero all’anno. La legge dice che è un diritto inalienabile dell’uomo, da essa dipendono la possibilità di un contratto, di aprire una partita Iva e l’assistenza sanitaria (il medico di base gratuito).
Nel 2001, l’Associazione Piazza Grande si è rivolta al tribunale perché il Comune di Bologna rifiutava di dare la residenza a un barbone che dimorava in un dormitorio pubblico da un anno, e ha vinto la causa. La persona in questione ha potuto aprire una partita Iva e ha ricominciato a lavorare.
Secondo Adriana Scaramuzzino, vicesindaco di Bologna, il problema della residenza è legato al “costo economico e sociale di un intervento diretto a tutelare una persona priva di capacità lavorative, magari con disturbi comportamentali, con esperienze carcerarie o altro”. Tale costo implica che il comune si debba tutelare ponendo delle condizioni al rilascio della residenza, come “aderire a un progetto educativo o di inserimento in comunità”.
I senzatetto di Bologna sono più o meno un migliaio, anche se è impossibile stabilire un numero preciso. Dopo la vittoria in tribunale, le battaglie per la residenza restano un problema quotidiano. La vicesindaco ci assicura che oggi ogni senzatetto di nazionalità italiana può ottenere la residenza nella struttura di accoglienza, se “dimostra di non allontanarsi a suo piacimento da quel luogo”.
Il lieto fine di Fiorella
Fiorella è uscita dalla strada grazie all’associazione. Ora gestisce un negozio di abbigliamento in via San Vitale, ha una casa e un cane che le ha appena dato due cuccioli.
E’ una donna un po’ scontrosa ma la diffidenza lascia presto il posto a una grande disponibilità, alla voglia di raccontarsi e a una risata aperta e contagiosa. Fiorella ha avuto un passato tragico, viene da un ambiente agiato ma le relazioni familiari sono a dir poco difficili. La madre muore quando lei è una bambina, e comunque i rapporti tra loro non sono mai stati facili. Dopo altri due terribili lutti, ancora giovanissima, incappa nella classica brutta compagnia.
Allorché muore anche il padre, il tracollo psicologico è inevitabile. Allora arriva la strada, la droga, tra parchi e stazione, una vita di espedienti che dura due anni. Anni in cui solidarietà, rispetto e discrezione sono fondamentali per i senzatetto: “Nessuno fa domande”, mi spiega. Gira sempre con altri tre uomini, si portano i pasti caldi, la notte si difendono a vicenda. Quando, grazie a Piazza Grande e alla sua volontà, Fiorella esce dalla strada, vorrebbe portarsi dietro i suoi compagni, ma non ce la fa. “Per uscirne devi puntare i piedi, se no vai avanti di dormitorio in dormitorio” mi dice.
Fiorella i piedi li ha puntati, si è liberata da sola della droga, e poi dei problemi legati al divorzio, alla residenza, alle multe, grazie ad Avvocato di strada.
Storie dalla strada
Le vie di Bologna sono piene di persone ancora all’inizio del percorso che li porterà o meno fuori dalla strada.
In via Marconi, su un materasso matrimoniale, sotto un lenzuolo giallo, dorme Robert, quarantenne polacco un po’ brillo. Poco più in là “la Mummia”, donna tossicodipendente di età indefinibile.
In via Galliera dorme un anziano in un angolo e non parla con nessuno. Gabriella gli lascia accanto un sacchetto col cibo e se ne va. Un ragazzo olandese dorme lungo via Costa, non ha nessun amico e non ne vuole. Un sacchetto anche a lui, ma basta così. In stazione i senzatetto sono tanti, soprattutto in una notte piovosa. I sacchetti non bastano.
Alcuni sono rumorosi e alticci. Altri cercano di nuovo soluzioni per uscire dalla vita sulla strada. “Vieni in associazione domani e troveremo qualcosa”, dice Gabriella, donna energica, di gran temperamento. Disponibile è il meno che si possa dire di lei, e dove trovi tanta pazienza non saprei dirlo. Conosce tutti i senzatetto, uno per uno, in stazione, per strada, non c’è una storia che non conosca: il fotografo che vive in macchina, il geometra in strada, le vecchie signore in stazione, “la Ballerina”, la ex prostituta cinese.
“Fosse per me chiunque avrebbe un tetto sulla testa”. Quello che può fare è assicurarsi che tutti abbiano almeno qualcosa da mangiare. Se poi non hanno intenzione di far niente per uscire dalla strada, fa lo stesso. Lei intanto porta un sacchetto col cibo a tutti quanti. E, se possibile, anche un medico e un avvocato.
L’immagine: senzatetto+cane a Bologna (dall’Archivio fotografico dell’Associazione Piazza Grande).
Eva Brugnettini
(LM Magazine n. 3, 15 giugno 2008, supplemento a LucidaMente, anno III, n. 30, giugno 2008)